Enrico Letta ha deciso che si farà la cresima: correrà a Siena in un Palio fatto apposta per lui, il Palio della Riassunta, per tornare a essere un parlamentare dem e non più un ovulo di segretario fecondato artificialmente senza investitura popolare. Potrà vincere anche col cavallo scosso, come si dice in gergo di gara, ovvero potrà tagliare il traguardo anche senza fantino.
Seggio sicuro, vittoria facile, si annunciava fino a poco tempo fa, in una città storicamente rossa, di un rosso che neppure la brutta storia del Monte dei Paschi, con le sue tante ombre, è riuscita del tutto a scolorire. Eppure dopo che la sinistra a Siena ha perso il sindaco, per la prima volta dal ’45 finito al centro-destra, e considerati i malumori, i franchi tiratori e i torvi #staisereno, c’è chi dice che Letta rischia di perdere o di arrivare secondo, pur gareggiando praticamente da solo. E per un pisano che corre a Siena non è poi così scontata la vittoria…
Camera con Letta
Se ce la farà avremo finalmente la Camera con Letta, non più leader clandestino ma regolarizzato come legittimo rappresentante del popolo dem; non sarà più un Erasmus, cioè leader del Pd grazie a una borsa di studio europea assegnata col governo Draghi. In caso contrario, cioè in assenza di Parto Democratico e di bocciatura, Letta annuncia che si ritirerà dalla scena, rinuncerà alla guida del Partito Democratico e tornerà ai suoi studi. A Siena si sottoporrà al test della verità.
Il giovin signore Enrico, come è noto, crebbe sotto l’Ulivo, con la Margherita; proveniva da quel mondo democristiano che lasciò il cristiano e si fece solo dem, virando a sinistra con i post-comunisti. Come Prodi, come Andreatta, come Mattarella, come Franceschini. Letta proveniva da una famiglia democristiana, almeno nel ceppo originario abruzzese; ma lui apparteneva alla variante pisana, che tendeva più a sinistra, secondo l’uso locale.
Fece buoni studi, percorse la sua carriera politica tra seggi e ministeri; si trovò poi a guidare un governo dal braccino corto, come il suo respiro, presto rovesciato dal giustiziere della notte, Matteo Renzi, all’epoca leader dei dem; tra rottamati, serenati e travolti, ne ha fatti fuori più lui a sinistra che qualunque avversario.
Estromesso da Palazzo Chigi
Silurato, Letta rinunciò sdegnato alla politica e si ritirò in convento tecnocratico a Parigi; si fece europio, si allontanò dall’Italia ingrata che lo aveva estromesso da Palazzo Chigi, togliendogli perfino il campanellino che dovette consegnare in un’umiliante gogna mediatica al suo sicario fiorentino. Tuttora, ogni occasione è buona per rimandare in video quella gag mortificante, con Letta affranto che guarda nel vuoto e cede il suo scalpo al suo aguzzino giulivo e zompettante.
Fino a che, nei pazzi giorni di marzo scorso, Letta fu richiamato in patria, reclamato per salvare il Pd e agganciarlo all’Europa, dopo che il suo leader Nicola Zingaretti era stato massacrato pure lui dal giustiziere Matteo, insieme a Conte e al circo demogrillino.
In questi quattro mesi e rotti, Letta ha cercato di cancellare la memoria della sua versione precedente; non più remissivo, moderato e ragionevole, eurotecnocratico e compassato; ma intransigente, radicale, movimentista, estremista della virgola, dispettoso perfino con la Chiesa, alternativo, con battaglie una dopo l’altra di assoluta irrilevanza o di conclamata nocività per la stragrande maggioranza degli italiani: tipo il voto ai sedicenni, la tassa sui patrimoni ereditati, lo ius soli, la legge Zan a ogni costo, priorità assoluta e non negoziabile, almeno così fu in principio.
Variante Letta
In questo modo è nata la Variante Letta, una novità sconosciuta nella politica che non ha precedenti e non trova riscontri in tutti i tipi di sinistra di governo finora noti: conoscevamo la sinistra comunista, cattocomunista, socialdemocratica, laburista. Ma non si conosceva la sinistra vagante, come un gatto in tangenziale, europea senza essere italiana, extraterrestre e astratta, che si occupa di tutto ciò che non riguarda la maggioranza dei cittadini e tutto ciò che non fa parte delle effettive urgenze nazionali e popolari.
È riuscito a spiazzare tutti, a cominciare dai suoi elettori. E mezzo suo partito, se non di più, sta facendo il conto alla rovescia per toglierselo di mezzo. Ma lui ha il suo alibi. Doveva far ingoiare alla sua gente un boccone amaro come il governo con Salvini e Berlusconi. Allora Letta ha pensato che per far digerire la coabitazione con la Bestia in carica & la Bestia Emerita, dovesse alzare i toni, sposare battaglie estreme, inginocchiarsi con i neri, spingersi dalla parte dei “clandestini”, sfilare coi transgender e sposare ogni mutante, farsi guidare da Fedez e altri ideologi da sballo. Più contorno di antirazzismo e antifascismo che ci stanno sempre bene.
Sinistra arcobaleno
Che sinistra è quella di Letta? Una sinistra arcobaleno, naturalmente, che segue alla lettera il manuale d’istruzioni del politically correct e cerca in modo un po’ grottesco di far da ponte tra tutti i movimenti di piazza e da corteo e l’establishment euro-economico, cancellando totalmente la sinistra sociale e popolare, quella che lottava contro il capitalismo per il proletariato, per i lavoratori e gli operai contro i mantenuti e i sussidiati.
Così stranita, la sinistra appare un codice d’accesso al potere, una cupola, una cappa, un gergo e un canone coatto, insomma un potere diffuso con strascico d’influencer; ma senza adeguata rappresentanza politica e incidenza reale. Impregna media, tribunali, poteri, sfera pubblica; è una specie di chiesa, bigotta e moralista, col suo clero e i suoi precetti, ma poi non è in grado di affrontare le elezioni, esprimere leader, fare politica, governare il paese. Vero, Monsignor Letta?
MV, Panorama (n.33)
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