La vera emergenza occidentale

L’irrefrenabile necessità di un rinnovamento di linguaggio

emergenza

immagine presa da un videogioco

La guerra in Ucraina e prima di essa due anni di COVID 19, stanno evidenziando come in Occidente si stia palesando una vera emergenza.

No non sto parlando della imminente crisi energetica o umanitaria. Un’emergenza più impalpabile, forse, ma parimenti fondamentale per una reale vita democratica.

Intro di videogiochi spacciati per immagini esclusive di attacchi missilistici. Numeri ‘ufficiali’ sciorinati con superficiale naturalezza per essere contraddetti il giorno dopo. Immagini di dieci anni fa di scafi corazzati lanciamissili che schiacciano automobili rivendute come attuali. Formazioni aeree di Air Show che si assicura siano in diretta da Kiev. Espulsioni di piloti da caccia Fulcrum di quindici anni fa che tornano come nemmeno la peperonata di zia Gina.

E poi tutto l’arsenale di trite banalità che paiono tirate fuori dalla naftalina del baule di nonna in soffitta: donne in fuga, uomini al fronte (ma non c’era la parità?). Pianti di bambini, bambole abbandonate, cani e gatti in lacrime, l’occhio della madre, gli stivali dei soldati… una cagata pazzesca. Chi più ne ha più ne metta.

La sacralità dei ‘professionisti dell’informazione’ ormai è allo sbando, tra collegamenti di corrispondenti in battle jacket ed elmetto calzato senza rovinare la permanente, con dietro di loro, assiepate, massaie armate di sacchetti della spesa e strade normalmente trafficate.

La veridicità dei media occidentali è sotto attacco più di Zelensky. I filmati di internet surclassano per velocità e ferocia nella loro vivida brutalità qualunque analista geopolitico. Tutti tacciati di essere fake news, ovviamente, il nuovo nome della censura. Esili accuse rivolte da chi ha meno credibilità di Lele Mora.

L’alternativa, la vera alternativa qual è?

Il primato dell’informazione ‘ufficiale’ non è più un Moloch. La verità è quella che appare in TV? Chi ci crede più? Dopo due anni di Virostar e vaccini rivenduti mediaticamente per ciò che non erano, nessuno è più sicuro di ciò cui assiste, di ciò che legge.

Ma chi vi crede più!

Appare ormai palese come l’allineamento dei pareri espressi unanimemente a reti unificati non possa più soddisfare un pubblico sempre più smaliziato. Forse, sicuramente, irrimediabilmente, disincantato.

Le ragioni di un conflitto, così come i bollettini di guerra al virus, sono semplificati e banalizzati, appiattiti sulle posizioni governative, ma suonano ridicoli. Messi in discussione come una transizione ecologica che appare ormai lontana e già vecchia. Anche loro sono destinati a rimanere modernariato da mercatino della domenica mattina.

Ti ricordi Greta e le macchine elettriche? Ah sì, e dicevano pure che aveva ragione. Il pubblico è più maturo? Probabilmente no, ma sicuramente adesso il gioco dell’informazione a senso unico è stato svelato e non incanta più nessuno.

Gli strumentalizzati trucchetti che furono usati per la campagna elettorale di Biden, così come per il Ddl Zan, passando per il nostrano Sanremo LGBT appaiono stanchi come i loro ripetenti aedi.

La pochezza di argomenti snocciolati come mantra, ma ridotti a filastrocche, fa capire come nel libero occidente vi sia bisogno di una nuova classe di informazione, con metodiche di divulgazione e racconto del tutto nuove. Il tempo del giornalismo inginocchiato lasci il passo ad una narrazione più cruda, più speculativa e coraggiosa.

Pena che non si creda più a nessuno, in una letteratura che è sempre più banale e ridotta a stanchi slogan di veline ministeriali, che potevano andare bene per anime belle e semplici di quarant’anni fa, ma oggigiorno, francamente, fanno solo amaramente sorridere.

 

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