La voce del legale di famiglia.Marco Valerio Verni, avvocato della famiglia e Zio di Pamela Mastropietro .
Avvocato Verni, pochi giorni fa c’è stata l’udienza di appello bis per quanto accaduto a
Pamela? Al momento l’unico imputato in questo processo è solo Innocent Oseghale. Però ci
sono dei fatti antecedenti il barbaro omicidio di Pamela che andrebbero approfonditi, con
particolare riferimento a quello che è accaduto nei giorni immediatamente precedenti e alle due persone che Pamela ha incontrato e che avrebbero approfittato di una sorta di situazione di palese incapacità di intendere e volere della suddetta.
Ci vuole dire qualcosa a riguardo?
Occorre, per rispondere alla sua domanda, raccontare l’antefatto: Pamela, il 29 gennaio 2018, come noto, si era allontanata dalla comunità terapeutica a doppia diagnosi dove era ricoverata, senza soldi, senza cellulare, sospendendo, di colpo, la terapia farmacologica cui lì era sottoposta a causa ed è questo l’aspetto più importante di una patologia psichiatrica grave, come il disturbo della personalità borderline.
Ebbene, quello stesso giorno, subito dopo il predetto allontanamento, ebbe ad incontrare, a distanza di qualche ora l’una dall’altra, due persone con le quali, per farla breve, ed almeno a detta di
costoro, ebbe a consumare dei rapporti sessuali.
Orbene, per quanto ci riguarda, questi ultimi, non poterono essere consenzienti, proprio per la patologia psichiatrica di cui Pamela era vittima e che, tra le altre cose, la portava ad avere addirittura dei distacchi autistici dalla realtà.
In più, vi era da considerare lo stato di craving di cui costei era pure preda in quei frangenti e che ne offuscava, tra l’altro, la sua capacità di discernimento, rendendola un soggetto facilmente manipolabile, come dichiarato più volte anche dalla nostra consulente di parte, professoressa Roberta Bruzzone, secondo la quale, inoltre, tali condizioni erano ravvisabili da chiunque vi fosse venuto a contatto.
In aggiunta, è risultato anche che, sempre a detta di uno dei due di cui sopra, ed in compagnia di esso, Pamela avesse assunto, quella sera stessa, dell’alcol.Insomma, per tutto questo, secondo noi la povera ragazza in questione non avrebbe mai potuto esprimente un consenso valido ad un rapporto sessuale.
Il giudice per le indagini preliminari di Macerata, però, ebbe ad archiviare la vicenda in questione,ritenendo dirimente- e veniamo al punto che interessa maggiormente- il difetto di querela, ossia la sua mancanza. Infatti, essendo Pamela maggiorenne, solo lei, e nessun altro (né l’amministratore di sostegno, né un eventuale curatore speciale) avrebbe potuto/dovuto presentarla.
Peccato che la stessa Pamela, come tutti sappiamo, venne uccisa nei noti e tragici accadimenti di via Spalato, il giorno seguente a quello in cui si sarebbero invece svolti i fatti in discussione. Un
paradosso che, a volerlo seguire, nasce, evidentemente, da un vulnus normativo, a seguito del quale non si è potuto stabilire processualmente dove, di fatto, fosse la verità, nel rispetto, chiaramente, di eventuali punti di vista discordanti.
Ecco, siamo in presenza di un vero e proprio vulnus normativo. L’art. 609 septies c.p., in caso di violenza sessuale su una persona maggiorenne, prevede la querela di parte come condizione di procedibilità. Ma nel caso, come purtroppo avvenuto a Pamela, in cui la vittima decede, come può denunciare la violenza sessuale? E cosa possono fare i familiari a riguardo?
Purtroppo, in un caso come questo, non si può fare nulla o, almeno, a noi è stato detto così.
Le abbiamo provate tutte, anche ipotizzando eventuali altre strade che potessero rendere il tutto procedibile d’ufficio, ma, come detto, non vi è stato nulla da fare. Lo stesso Gip, d’altronde, per tornare al vulnus di cui sopra, ha evidenziato, in un passaggio importante della stessa ordinanza di archiviazione, il difetto normativo che, in casi come questi, impedisce di fatto a terze persone rispetto alla vittima (come i suoi familiari) di un presunto reato come quello per cui si procedeva di cercare e, magari, ottenere giustizia, non potendo essi, allo stato dei fatti, sostituirsi alla suddetta nella presentazione della querela, il cui diritto, come noto, si estingue con la morte della persona offesa.
Sarebbe quindi quantomeno necessario estendere la possibilità di sporgere querela ai familiari della vittima qualora questa non possa farlo. Ha avuto contatti con qualche parlamentare per portare avanti questa battaglia di civiltà?
Guardi, già all’indomani di questo assurdo epilogo, lanciammo un appello a tutto il mondo politico affinché si corresse ai ripari, almeno con la speranza che, se qualcosa fosse stato cambiato, alla luce di questo che, a tutti gli effetti, può essere considerato un leading case nel panorama giudiziario italiano oltre che, per quanto accaduto il 30 gennaio 2018, mondiale, altre famiglie non fossero chiamate a subire tutto quello che avevamo sofferto noi.
E abbiamo parlato, di questo difetto normativo e della necessità di sanarlo, anche in diversi importanti salotti televisivi.
Abbiamo trovato, in qualche singolo politico, solo un apparente interesse, senza però che siano seguite proposte ed azioni concrete. Ma nessuno può dire di non esser potuto venire a conoscenza di questa problematica che, peraltro, abbiamo rappresentato anche in sede di Parlamento Europeo, vista l’attenzione che, almeno a parole, viene anche lì dedicata a determinati argomenti.
Riusciremo mai ad avere verità e giustizia per la povera Pamela, dopo cinque anni da questa tragedia?
È quello che speriamo e per cui stiamo combattendo.Invece di andare avanti nella ricerca di altri possibili complici, si è addirittura andati indietro su una questione che sembrava assodata e, per giunta, con motivazioni per nulla condivisibili.
Ma, ormai, ci siamo, e non ci resta, come dicevo, che combattere.
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