Non si può fare la stessa vecchia politica, con gli stessi vecchi giocatori ed aspettarsi un risultato diverso; ebbe a dire Barack Obama durante la corsa presidenziale del 2008, quando incitava oceaniche folle a rompere il sistema di potere che avevano instaurato a suo avviso le amministrazioni repubblicane.
John McCain era differenti rispetto a George Bush Junior, avevo visioni di politica estera e di politica economica talvolta quasi opposte, ma comunque cambiando gli attori il copione a sarebbe stato fondamentalmente lo stesso.
È esattamente il problema che si vanno a trovare oggi gli elettori dell’Emilia-Romagna e che si troveranno domani gli elettori della Toscana. Un problema che gli elettori dell’Umbria hanno già affrontato.
Ora il cambiamento in queste regioni storicamente rosse, che dal 1970, ossia dalla data delle loro istituzione reale non vedono una concreta alternanza, non può assolutamente passare per persone che sono legate al vecchio sistema di potere, perché cambierebbero dei volti ma non cambierebbe il contesto generale. Rompere l’egemonia della sinistra nelle regioni rosse è una questione non solo importante per quanto riguarda i segnali che ne potrebbe ricevere il governo, oppure la stessa amministrazione locale. È una questione fondamentale in un paese civile perché ci sia un perfetto funzionamento delle istituzioni democratiche, laddove anche a livello locale non sono sempre le stesse persone a gestire il potere, che si produca un cambiamento.
Anche nei civilissimi Stati Uniti d’America ci sono stati tradizionalmente democratici o tradizionalmente repubblicani, ma nessuno stato nella storia degli Stati Uniti è stato privo di alternanza.
La fine del potere rosso in Emilia-Romagna ed in Toscana rappresenta un obiettivo di libertà.
Non c’è un candidato che il Partito Democratico possa trovare al proprio interno o riconducibile ad esso, che sia in grado realmente di rappresentare una novità e di smarcarsi dal passato.
Se si tinteggia la facciata di una casa, non se ne cambiano anche gli interni. Anche perché i personaggi trovati sia in Emilia Romagna che in Toscana rappresentano un continuum con le precedenti amministrazioni assolutamente innegabile visto che ne hanno fatte parte o ne sono stati addirittura alla guida.
Molto spesso le repubbliche, le regioni, le amministrazioni locali hanno bisogno di cambiare di vedere l’impatto di una gestione diversa sulla cosa pubblica, per essere pienamente strumenti di applicazione concreta della volontà del Popolo nel suo insieme .
Lucia Borgonzoni rappresenta in questo momento un emblema di libertà e di cambiamento, come Stefano Bonaccini rappresenta una preservazione di ciò che c’era, un tentativo di sopravvivenza dello status quo.
Stessa cosa sarà per il sistema toscano qualsiasi candidato del Partito Democratico, Eugenio Giani in testa è una continuazione del sistema di potere precedente, non rappresenta l’alternativa, non è in grado di parlare di rinnovamento ed ha obblighi ed impegni di coerenza con le scelte precedentemente assunte.
Per cambiare, per rinnovare si deve portare avanti l’alternativa , ossia dare la regione in mano al centro-destra sia in Emilia che Toscana.
La scelta del 26 gennaio non è soltanto tra due candidati, ma tra cambiare e non farlo.