politica calcio
Ero molto piccolo quando entrai per la prima volta allo stadio, allora denominato Stadio Comunale di Firenze. Avrò avuto 4 o forse 5 anni. Con grande entusiasmo aspettavo la domenica in cui la Fiorentina giocava in casa per andare allo stadio.
Erano gli anni ’70, poi arrivarono gli ’80, e con loro arrivarono anche gli stranieri del calibro di Falcao, Zico, Platini, Bertoni. Anni memorabili, anni pieni di campioni, stadi pieni, ma anche pieni di violenza fra le tifoserie. Fin dall’inizio mi fecero capire che comandavano le squadre a strisce del nord, e che per le squadre a tinta unita o quasi del centro-sud rimaneva ben poco, o meglio nulla, dei trofei.
E con ciò? A me risultò e risulta quasi marginale a fronte della filosofia del bello, dell’armonia del gioco, del non fare vedere palla all’avversario. E con ciò? Molti mi ripetevano e mi chiedevano di cosa mi rimanesse nel vedere il bel gioco, quando quello che rimanevano erano solo i trofei e quindi contavano e contano solo i risultati!
Falcao e Platini come Andreotti e Craxi
Ma io caparbio, non certo voglio insinuare un’indole una vocazione cavalleresca, credevo e credo sempre nella qualità che forse prima o poi porterà anche risultato tanto agognato. E sempre in quegli anni, l’Italia trepidava per i vari Andreotti, Craxi, Berlinguer, Spadolini, Fanfani. Anche loro rappresentanti di colori, stemmi e sopratutto di una filosofia e di un credo profondo che andava oltre il risultato.
Certo in quelli anni, probabilmente anche per l’età, ero poco attratto da loro, mentre praticamente folgorato ero stato dagli eroi del pallone. Ed arrivarono i primi anni del 2000 e con quelli anche gli alti e bassi della squadra viola. Ma non solo della Fiorentina: anche del calcio, sport diventato orami sempre più globale e sempre con meno valori e tantomeno con principi filosofici. Fino ad arrivare a giorni di oggi, epoca in cui la Fiorentina, passando attraverso diverse traversie, nel tempo mi è risultata (mio malgrado) inguardabile.
Inguardabile, si badi bene non per i risultati, per quello già ero stato nel tempo ben vaccinato, ma sfortunatamente per il gioco. E con ciò si perdeva anche l’aspetto romantico del calcio.
Come il calcio, così la politica
Parallelamente anche la politica con i suoi nuovi personaggi perdeva di fascino, di interesse. Seguita poi solo per un’imposizione di inerzia, ma soprattutto per uno stato di emergenza sopravvenuto e imprevedibilmente prolungato.
Quindi, la vita collettiva ma anche quella individuale, e conseguentemente anche la mia, è prepotentemente condizionata dal mondo politico. Politica con il suo mondo e con i suoi personaggi che oggi mi risulta inguardabile.
Inguardabile come il calcio, ma non per motivi di faziosità, ma proprio per la sua pochezza, e quindi per l’assenza di filosofia e con essa di romanticismo. E allora rimangono i risultati da guardare.
Della Fiorentina meglio non parlarne (sono davanti agli occhi di tutti). Guardando le squadre italiane e la nazionale emerge solo la Juventus nel proprio territorio che incredibilmente si affievolisce in campo europeo.
E poi vedere gli stadi italiani, sempre più fatiscenti, rattoppati da condizionamenti economico-politici del mondiale di Italia ’90, e determinati da ciò che a breve avrebbe avuto la denominazione di tangentopoli. Stadi italiani mano mano sempre più vuoti, fino addirittura essere totalmente deserti in epoca Covid19.
E i risultati nella politica? Meglio non parlarne. Basti pensare che nell’emergenza sanitaria mondiale, l’Italia si è contraddistinta per il maggior tasso di mortalità e letalità, ma anche per le estreme restrizioni perdurate nel tempo, con tutti i riflessi negativi in campo economico sociale.
Quindi qui finiscono stimoli e conseguentemente sogni di un bambino diventato adulto che ultimamente è stato oppresso e soffocato da una flessione generale sempre più verso il basso con l’appiattimento individuale che ad esso ne è derivato.
Dott. Alessandro Rossi
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