L’asse Gerusalemme Berlino: Hitler e il gran muftì.
Nei primi giorni di novembre, la notizia del ritrovamento di una copia in arabo del Mein Kampf di Hitler a Gaza, in una abitazione usata come base dai terroristi di Hamas, è rimbalzata sul web. A denunciare tale scoperta è stato il presidente di Israele Yitzhak Herzog, permettendo di puntare i riflettori su un aspetto inquietante e per nulla secondario degli scontri in atto nella regione e che affonda le proprie radici nel conflitto arabo israeliano.
Gli allineamenti con il nazismo non sono di certo una novità portata alla luce dall’operazione Spade di ferro
Certe pratiche di tortura perpetuate sulle vittime israeliane del 7 ottobre ci riportano inevitabilmente alla memoria le testimonianze non solo dei sopravvissuti della Shoah, ma anche di quanti finirono nel meccanismo della macchina nazista, come i prigionieri di guerra.
Al contrario, il partito nazista fu grande fonte di ispirazione per i promotori della causa araba in Palestina, primo fra tutti Haj Amin al-Husseini, altresì noto come il gran muftì di Gerusalemme.
Fu uno dei più arditi propugnatori della causa palestinese in chiave statale, ma con le dovute eccezioni
Infatti, è possibile attribuirgli un merito, seppur discutibile, quello cioè di aver dato vita a un embrione di nazionalismo arabo, laddove non è mai esistita, di certo mai durata a lungo, una vera capacità di coalizione panaraba.
La sua idea consisteva nella creazione di un grande Stato Arabo Unito medio orientale, desunto dalla fusione di Libano, Siria, Palestina, Transgiordania e Iraq. Non era contemplata la possibilità della creazione di uno stato palestinese gomito a gomito con l’odiato elemento ebraico, che da secoli coesisteva nella regione – per buona pace di chi nega il contrario. Ciò costituiva un vero oltraggio, soprattutto in vista della massiccia migrazione cui si andava incontro all’indomani della promulgazione delle leggi razziali in Europa.
E che ne sarebbe stato delle numerose comunità ebraiche che da secoli vivevano in quelle zone?
Nessuna variazione sul tema: furono innumerevoli i casi in cui il muftì non nascose il suo odio viscerale per gli ebrei, senza contare le persecuzioni antiebraiche da lui stesso promosse, non ultima quella che portò alla soppressione dell’antica comunità ebraica di Hebron del 1929.
Nel ’44 durante una trasmissione radiofonica egli stesso affermò “Arabi! Alzatevi come un solo uomo e combattete per i vostri sacrosanti diritti. Uccidete gli ebrei dovunque li troviate. Ammazzate, e farete cosa gradita da Allah”.
Questa infatti una delle due ragioni che hanno spinto il nazionalismo arabo di Haj Amin al-Husseini in direzione del nazismo, la visione di una cancellazione globale degli ebrei e del loro dominio plutocratico.
Accanto, ovviamente, all’abbattimento delle democrazie occidentali
Ma si sa, l’occasione fa l’uomo ladro e il partito nazista, nonostante il violento razzismo che lo contraddistinse, non si tirò di certo indietro di fronte alla prospettiva di una testa di ponte in Medio Oriente contro la potenza inglese e che potesse permettergli di incunearsi nel Caucaso in funzione antisovietica.
Sebbene svariati stati arabi abbiano negato che sia mai avvenuto questo allineamento, cui apice fu l’incontro tra il muftì e Adolf Hitler nel novembre del 1941, non fosse per una famosissima fotografia che ritrae i due insieme, la conoscenza di questa “alleanza” è stata confermata dal centro di ricerche Simon Wisenthal di Los Angeles, che ha passato al setaccio moltissima documentazione dell’epoca (dossier della Kripo, della Gestapo, del Dipartimento Affari Islamici o del Centro Addestramento elementi musulmani delle Waffen SS per fare qualche esempio), nonché i diari personali del muftì.
Sono note intere divisioni musulmane che vennero create in seno all’esercito nazista – con oltre 50 mila arruolati
Di cosa stiamo parlando? Senza tralasciare la Legione Araba, Himmler inquadrò ben due reparti, la 13ª Divisione da montagna SS Handzar e la 21ª Divisione da montagna Skanderbeg – usate nei Balcani per rastrellare zingari ed ebrei. E le fila di tali divisioni erano gonfie di volontari, in parte incitati dalla sfrenata propaganda del muftì, rifugiatosi in Germania dopo che la Gran Bretagna aveva spiccato un mandato d’arresto a suo carico.
Leggendo il resoconto della vicenda, tuttavia, sorgono non poche perplessità, prima fra tutte l’affermazione del muftì che intravedeva un “nuovo e radioso futuro” di fronte all’ascesa della Germania nazista.
Nonostante il chiaro allineamento negli intenti, è impossibile ignorare il punto di vista tedesco nei confronti di ogni “elemento semitico”, vale a dire quello della sua cancellazione. Sovviene così la trama di un libro di fantascienza anche piuttosto famoso, “La svastica sul sole” di Philip K. Dick. Quando l’intento di un gruppo di individui è quello di prevaricare e di innalzare la propria razza eletta, si crede davvero che ci possa essere spazio per alleati? Soprattutto se ritenuti umanamente inferiori?
O non degni?
La storia è destinata a ripetersi: laddove un tempo il nazionalismo arabo ammirava un movimento razzista che presto o tardi gli si sarebbe rivoltato contro, oggigiorno i sedicenti antifascisti sostengono movimenti islamisti filonazisti ponendoli addirittura sotto al vessillo della Resistenza. Forse anche loro intravedono nel trionfo di questi ultimi un “nuovo e radioso futuro”?
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