Lavora avanti tutta!
Buone notizie sul fronte Lavoro nel nostro Paese.
L’Istat certifica una rilevazione che lascia ben sperare per il futuro, andando a confermare una situazione lavorativa in leggero ma innegabile miglioramento.
I dati ufficiali relativi a questo trimestre attestano una crescita occupazionale sia rispetto allo stesso periodo del 2022 sia rispetto al primo trimestre del 2023.
Particolare interesse riveste poi anche la diminuzione della disoccupazione giovanile che si attesta al 21,3% (-0,4%) mentre il tasso di disoccupazione “generale” scende al 7,4%, soglia mai così bassa da decenni.
RISPETTO A GIUGNO 2022
In particolare rispetto al 2022, si assiste a un incremento generalizzato pari allo 0,3 % (che corrisponde a 82mila unità) di occupati tra uomini e donne senza sostanziale distinzione di età.
Cresce cioè il numero degli occupati che raggiunge quota 23.590 milioni di unità, segnando a Giugno 2023 un +385mila lavoratori, peraltro assunti con contratti a tempo indeterminato (per la maggior parte). Infatti, sempre secondo le rilevazioni ISTAT, contestualmente al dato dell’incremento dei contratti “fissi” scende il numero dei contratti a termine ( o perché meno utilizzati o perché maggiormente convertiti in tempi indeterminati). Contemporaneamente diminuisce il numero di persone in cerca di occupazione (-8,7%).
GLI INATTIVI
Altro capitolo positivo è quello relativo agli inattivi – persone tra 15 e 64 anni che non studiano e non lavorano – che vede una leggera diminuzione sino al 33,5% (- 2,2%).
Tale dato infatti fa da complemento al minor numero di persone in cerca di lavoro che scende di ben 2,3 punti percentuali, anche in questo caso senza distinzioni particolari per classi di genere ed età.
CONFRONTO CON IL PRIMO TRIMESTRE 2023
Come detto, il dato positivo si fa registrare non solo rispetto al 2022 ma anche rispetto allo scorso trimestre del 2023, dove il numero delle persone che cercano lavoro è diminuito di ben il 2,3% anche in questo caso senza distinzione per classi di genere o età, mentre la soglia di disoccupazione è sceda dal 7,6 al 7,4% con particolare riguardo a quella giovanile.
Infatti, a Giugno abbiamo assistito a un importante +0,6% rispetto a Maggio che equivale a 147mila nuove unità.
Rispetto a Giugno del 2022, inoltre, diminuisce il numero di persone in cerca di occupazione (-8,7%) sia il numero degli inattivi (-2,2%).
COSA SE NE PUO’ DEDURRE
Certamente, dunque, i dati attestano un deciso miglioramento che testimonia come le politiche messe in atto dal Governo stiano iniziando a dare i primi frutti smentendo le cassandre intente a descrivere un Paese allo sbando, secondo una ricostruzione fittizia e ideologicamente orientata.
Non può tuttavia dirsi che il dato positivo certificato dall’ISTAT sia un punto d’arrivo, bensì deve essere considerato un punto di partenza per implementare l’occupazione nel Paese anche alla luce del periodo che ci attende.
La sospensione del reddito di cittadinanza impone una serie di misure attive per il lavoro che partano dalla formazione qualificata (di cui c’è sempre maggior bisogno) e che possano tradursi in un ulteriore e possibilmente maggiore trend positivo.
Molto c’è ancora da fare, anche sul fronte della revisione della contrattualistica che ancora oggi prevedere troppe fattispecie poco regolamentate e che talvolta si trasformano in vero e proprio sfruttamento.
LA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA
Naturalmente, lo strumento principale è quello della contrattazione collettiva quale punto di accordo di rapporti industriali improntati alla collaborazione e non al conflitto (tantopiù se meramente ideologico). Una contrattazione che va estesa e resa sempre più incisiva, sopratutto a livello aziendale, così da renderla uno strumento di regolazione della vita lavorativa delle persone, dal salario al welfare aziendale.
LE PARTITE IVA E CETO MEDIO
Nota dolens è quello relativo agli autonomi e al c.d. ceto medio per cui bisogna fare di più. Occorre superare la visione sinistroide che vede tanto negli uni quanto negli altri solo una specie di bancomat fiscale, ma al contrario bisogna partire dal presupposto tanto decantato (ma poco applicato) che queste categorie sono l’ossatura economica del Paese senza le quali non si può prescindere se vogliamo rilanciare la nostra economia.
Non è possibile dilungarsi sul punto, ma una seria riforma fiscale e anche un attento occhio agli istituti previdenziali non guasterebbe visto che i costi provengono per lo più da questi fronti. Costi che rischiano di diventare talmente eccessivi da obbligare – in particolar modo le partite iva – a chiudere bottega.
Queste sono le prossime sfide del Governo Meloni che auspichiamo saprà vincere per il bene di tutti noi.
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