Le topiche grilline
Ad essere franco utilizzo questo mezzo per mettere a fattore comune la sofferenza personale che mi coglie ascoltando la maggior parte degli interventi radio televisivi dei grillini.
Mi ricordano per toni cantilenanti, contenuti fantasiosi e improbabili promesse, le poesiole che da bambino imparavo a memoria e recitavo a Natale; con la differenza che i guai che combinavo io erano limitati all’ambito familiare e amicale mentre quelli combinati dal M5S sono epocali e ne pagheremo tutti e a lungo le conseguenze:
in politica estera:
ll Patto della Via della Seta aveva avvicinato l’Italia alla opaca potenza cinese senza ottenere alcun vantaggio: era un vecchio tic del fondatore Grillo; Conte e Di Maio lo accontentarono con il concorso della Lega (di Salvini) che avallò l’operazione mettendoci qualche briscola di suo.
Draghi ha cominciato lo sganciamento, Tajani e Meloni hanno trattato l’uscita cercando di portare a casa qualche briciola di export su questo mercato controllato dall’unica forma di concorrenza in Cina: la competizione fra la triade onnipotente PCC, esercito, e burocrati centrali e periferici. Il resto è carne da cannone. Dietro gli immancabili sorrisi e i cerimoniosi inchini, i mandarini al potere hanno memorie lunghe e ferrea volontà di potenza. “Speriamo che ce la caviamo”.
In politica interna:
La riduzione del numero dei parlamentari ha eroso la già modesta capacità di rappresentanza degli esausti partiti e l’operatività del Parlamento. Ora un senatore ha il compito di rappresentare oltre 300.000 cittadini: missione impossibile. Ha incrementato la decretazione di urgenza, ha creato ulteriore motivo di astensione. Il nostro sistema istituzionale che si basa sulla delega e sulla rappresentanza ne esce indebolito, in attesa della “democrazia diretta” che fa parte del loro pur confuso programma: la Lega ha la colpa di non essersi opposta: perché?
In economia:
il reddito di cittadinanza. Una trovata da decine di miliardi, immorale in sé e perversa nei risultati: immorale perché ha abituato milioni di nostri aitanti concittadini a vivere della elemosina dello Stato padrone. Perversa perché lo ha fatto a danno di chi produce ricchezza col proprio faticoso e quotidiano lavoro.
Una volta per tutte e per sempre: non è lo Stato che paga, chi paga è il cittadino.
Banale verità mai abbastanza ribadita: per definizione lo Stato non produce ricchezza, bensì redistribuisce la ricchezza che preleva dal lavoro dei cittadini, peraltro appesantendola con i propri costi quasi mai virtuosi. Sono stati i lavoratori di questo Paese ad aver mantenuto (volentieri) chi non aveva capacità lavorativa, ma (malvolentieri) sono stati costretti a mantenere anche chi, potendo lavorare, non lo ha fatto o lo ha fatto “in nero”: due volte cialtrone. Ha sfruttato il lavoro altrui e non ha concorso al comune benessere non pagando la montagna di tasse, tributi, accise, addizionali a carico di chi lavora in trasparenza.
Senza parlare dei ridicoli diecimila navigator che anziché navigare sono rimasti ormeggiati in porto, non hanno prodotto alcun posto di lavoro e da ultimo sono scesi in piazza pretendendo di essere assunti a tempo indeterminato, non si è ben capito a che titolo.
Per di più lo sciagurato reddito ha allargato la faglia fra Centro Nord e Sud del Paese: oltre l’80% dei fruitori vive nel Sud e nelle isole. Costoro hanno ringraziato col voto il M5S che al Centro Nord è ovunque sotto il 5% mentre nel sud va oltre il 30%. Classico esempio di “voto di scambio” che ha premiato solo il M5S e non l’alleata Lega (di Salvini) che avvallò l’operazione nel 2019.
Ringrazio il governo che ce ne ha liberato.
Il superbonus 110%: il PD ci è andato a nozze approvando nel maggio 2020 il “decreto Rilancio” proposto dal governo Conte due: fa parte del fardello statalista che il PD si porta dietro dalla cultura comunista e della eredità, senza beneficio di inventario, che J.M. Keynes ha lasciato alle socialdemocrazie occidentali.
Miliardi come noccioline sparse gratuitamente a favore dei “non poveri” e spesso dei ricchi.
Miliardi truffati dai consueti furbi di sistema che si sono insinuati nelle maglie di una norma non solo assurda ma anche mal fatta e peggio controllata.
Lo svarione è talmente grosso che sembra trattarsi di un problema di ignoranza dell’abc di politica economica o di straordinaria malizia.
Parlo non solo della insipienza grillina e piddina, ma anche della topica di almeno 40 miliardi (in aumento) della Ragioneria dello Stato: se questo governo non fosse intervenuto d’urgenza il delta sarebbe ulteriormente cresciuto.
Guai accusare di incapacità o commistione i “servitori dello Stato: i dipendenti pubblici sono todos caballeros, anche quelli che non ci capiscono niente e scaldano sedie di mestiere.
Non va bene fare di tutta l’erba un fascio, ma mi sembrerebbe il minimo cercare di capire chi ha preso la gigantesca topica e neutralizzarlo, se non altro per evitare analoghi infortuni futuri.
Non succederà, anche perché la competenza media dei politici è inferiore a quella dei burocrati, inamovibili per Costituzione, che per di più fanno i decreti attuativi: passi da lì, volente o nolente, e se ce li hai contro non vai da nessuna parte.
Per quanto mi sforzi, non riesco a digerire queste quattro topiche grilline (con l’avvallo però degli alleati del momento Lega per Salvini premier e PD), insieme a molti altri loro infortuni in politica e in economia.
La sfacciataggine o la insipienza con cui hanno il coraggio di propinarci la difesa dell’indifendibile fa il resto. Arrivo a dire: meglio il PD, pur toccandomi gli attributi.