Sicuramente la storia e la democrazia russa sono molto lontane dalla storia e dalla democrazia dell’Occidente.
Ma la Russia non è estranea all’Occidente.
V’è una cultura di fondo, che crea un legame tra il popolo Russo e l’Europa.
Altrettanto certamente Giuliano Ferrara non è tra i fan del presidente russo Vladimir Putin. Ma persino lui ha dovuto ammettere, dalle colonne del Foglio, che le parole del leader del Cremlino su gender theory, cancel culture, e politicamente corretto non sono del tutto prive di fondamento.
“Quando dice al Financial Times che la democrazia liberale ha qualcosa di obsoleto, beh, è un avvertimento sinistro non del tutto privo di acume o se vogliamo di malizia. Fate attenzione, prego. Ma quando dice, come ha fatto a Sochi, che la cancel culture, con la sua pretesa di abolire il passato storico, selezionando al suo interno in modo mitico e non critico, è peggio delle gesta celebri della Commissione di agitazione e propaganda del vecchio Partito comunista dell’Unione sovietica, ecco, qui diventa esplosivo, sarcastico e ironico insieme, convincente. L’accusa alle fobie e fole contemporanee dell’occidente procede con la lucidità di un Orwell, anche se in bocca a un emulo del Grande fratello. Putin segnala che si può rivedere nella cancel culture l’opera attiva di un partito-stato e di un regime-società che detta la linea ai biologi, ai musicisti, ai letterati e ai poeti. In un timbro di voce posato e sornione, dice cose che suonano enormi ai nostri orecchi, anche e sopra tutto perché dette da lui, da un erede di Stalin“.
Persino Ferrara lo ammette, peraltro non facendo una considerazione né scontata, né di poco conto.
Un popolo che non sa niente del proprio passato non capirà niente del proprio domani.
Spesso le soluzioni per il futuro si trovano nella storia e nel passato di un paese.
La cancellazione delle identità sta portando per reazione ad un violento rigurgito di orgoglio, di esatto segno contrario.
Il tutto rischia di lasciare la storia, la cultura e la difesa dei valori occidentali esclusivamente in mano agli estremisti.
La propria cultura, la propria storia ed i valori occidentali dovrebbero essere, al contrario, un patrimonio comune, esteso a tutti gli occidentali.
E soprattutto non dobbiamo indulgere a vedere la storia dalla prospettiva distorta di una malintesa perenne colpa dell’uomo bianco.
Ogni razza, ogni etnia, ogni nazione ha colpe storiche. Esattamente come meriti indiscutibili.
Le colpe storiche non vanno rinnegate o dimenticate.
Ma non vanno fatte gravare su una razza o su un popolo, condannandolo a priori, altrimenti, si ottiene esattamente il contrario dell’integrazione.
In tal modo si avrà una permanente divisione in popoli ed in razze, una presunta sudditanza ed un perpetuarsi permanente di conflitti tra gruppi etnici.
La schiavitù l’hanno sperimentata tanti popoli e tante razze a danno di altri popoli e di altre razze.
Non possiamo incolpare i discendenti degli schiavisti di atrocità non commesse da loro, poiché la responsabilità deve essere limitata ad una persona non estesa ad un popolo.
Il figlio di un serial killer, non può finire all’ergastolo per gli omicidi commessi dal padre.
Le colpe dei nonni non possono ricadere sui nipoti, neanche nella storia delle nazioni.
Sarebbe come un voler maledire perpetuamente i turchi per lo sterminio degli Armeni, o gli Americani per lo sterminio degli Indiani.
Sarebbe come se ogni tedesco oggi ventenne, dovesse pagare la colpa di quanto fatto dalle SS nei campi di concentramento.
Anzi.
Più si cancella la storia, più si fa esattamente un favore a chi vuole affrancarsi da certe colpe, perché, in fondo, un simile comportamento, ha sempre consentito ai veri i colpevoli di sparire nell’oblio.
E soprattutto la cancellazione della cultura di un popolo, è esattamente quello che ha perpetrato chi, nella storia, voleva sterminare popoli avversi.
Dunque, la salvaguardia della cultura occidentale è la salvaguardia di un diritto umano di esistenza
Il politicamente corretto è semplicemente il moderno modo di mettere all’indice.
Di bruciare sul rogo, di fare oggetto di mobbing, e ghettizzare chi non si conformi al pensiero dominante.
Magari inizialmente per un buon fine. Ma si è arrivati ad usare gli stessi metodi di quegli stessi regimi che vengono condannati, anche nel mondo moderno.
Stesso problema di metodo lo si rivede nella gender culture, non come teoria in sé, ma come metodo di imposizione.
Parlare di genere è già, non solo superato, ma esecrabile.
Scuole, fabbriche di giocattoli, agenzie pubblicitarie debbono attentamente autocensurarsi. E rimuovere tutto quanto possa essere solo oggetto di critiche.
Finiscono per inchinarsi, quasi fosse un nuovo vangelo, ad una teoria che ha in animo di negare l’esistenza dei generi, naturalmente ben definiti, stravolgendo millenni di cultura mondiale e di sensibilità religiosa.
È chiaro che la democrazia liberale in Occidente, in questo modo, rischia di finire per assomigliare troppo a quei regimi che ha sempre combattuto.
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