Le tre fiere della Meloni
Un interessante editoriale di ieri sul Corriere della Sera, a firma di Ernesto Galli Della Loggia ha fatto un appunto al governo. Accusandolo, con riferimento a due paragoni forti, il primo governo Mussolini ed il primo governo De Gasperi, di non essere altrettanto in grado di aprire a nuove intelligenze.
L’articolo :
In primis con l’accusa alla Premier di essersi rinchiusa “in una sorta di quadrato di Villafranca costituito da compagni di scuola, fedelissimi della prima ora, da vecchi militanti e amici, da congiunti e parenti ristretti: che tutti quindi le devono tutto”; e poi si conclude dicendo:”In politica la fedeltà a tutta prova può servire nel momento aspro dello scontro; ma quando invece si tratta di decidere, di organizzare e agire nell’interesse della collettività, allora serve altro. Servono le competenze, le idee, l’immagine pubblica, le relazioni, la capacità. Serve l’impegno sincero a fare parte di una squadra, di un governo: che è cosa diversa da una schiera di pretoriani”. Ernesto Galli Della Loggia è un uomo illuminato. Però per giudicare la Meloni bisogna giudicare il contesto nel quale opera.
E soprattutto giudicare il fatto che ha davanti a sé tre fiere. Come le fiere che si trovava davanti Dante.
Nel contesto bisogna valutare un fatto: il primo governo Mussolini, aveva la grande forza che gli veniva conferito dalla paura di sprofondare nel biennio rosso. La paura di un’Italia come l’Unione Sovietica portava alla monarchia e la borghesia ad interloquire con una forza rivoluzionaria alternativa ,che mantenesse sia l’istituzione monarchica che la proprietà privata, ossia evitasse la bolscevizzazione dell’Italia.
Altro importante contesto il primo governo De Gasperi fu forte della stessa necessità. Bisognava evitare a tutti i costi che l’Italia entrasse nell’orbita Sovietica.
Le tre fiere della Meloni
Partiamo dall’ultima. L’ultima per Dante. Ma la prima per la Meloni, perché è quella corrispondente al peccato dantesco. Per le altre sarà difficile una sovrapposizione con i peccati di Dante. Ossia la lupa quella che rappresenta la cupidigia.
Nella brama non del Presidente del Consiglio, ma dei mercati internazionali, dell’Europa, dei potentati finanziari che non sono amici dei governi che vogliono mantenere l’indipendenza degli stati nazionali. Ma purtroppo sono stati resi ancora più forti dall’indebolimento degli stati, avvenuto nei decenni. Giorgia Meloni può non amarli, ma sa benissimo che deve scendere a patti con loro.
Il leone
L’altra fiera. Il leone è la superbia dell’alleato forte. L’America. Quella stessa America che ha imposto, per colpa dei democratici, una guerra all’Europa che l’Europa stessa, e gran parte degli americani stanno scaricando.
Ma la Meloni non può andare contro l’Alleanza Atlantica. E deve cercare di mantenerla. Anche se, sarebbe preferibile una politica ispirata a quella di Craxi. Ma non è ancora abbastanza forte per poterla realizzare. Deve ancora consolidare il proprio potere nelle nostre deboli istituzioni repubblicane.
La lonza
È l’ultima fiera, ma non ultima né per Dante né per la Meloni : il Quirinale. Noi abbiamo una repubblica parlamentare con dei partiti troppo deboli, per poter controllare seriamente gli eventi e gli eletti. Quindi il vero centro di potere sta nel Colle. E qui si potrebbe aprire un discorso molto lungo sull’errore politico di qualche alleato della Meloni di boicottare l’accordo su Draghi, che sarebbe stato comunque un freno, per rimettere Mattarella. Però recriminare sul passato non serve.
Il Colle c’è e col colle si deve fare i conti. Ed oggi avere contro il Capo dello Stato renderebbe veramente la vita impossibile al governo. Meglio un confronto sereno.
Anche perché il Colle è anche a capo di tutte le funzioni più importanti dello Stato. E anche il punto di riferimento della burocrazia, della magistratura, della diplomazia. Non può averlo contro. Non può fargli la guerra.
Conclusioni
Giorgia Meloni in questo momento deve rafforzare la sua leadership. In grossa parte ha aperto. Ma muovendosi tra poteri molto più forti di quello del governo nazionale, è costretta a mediare si, ma avere una squadra di pretoriani che può essere tanto criticata all’esterno, le è necessario. Perché ha bisogno tra tutte queste insidie di potersi fidare dei suoi. Di avere degli amici attorno. Per fare i conti con le preponderanti fiere.
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