Le università in fiamme
In questi giorni, le immagini della polizia che entra nella Columbia University per sgombrare la Facoltà americana dagli occupanti pro- Palestina consente di fare un focus allarmante sullo stato delle università americane e – per estensione – su quelle europee e italiane.
Un’ondata di antisemitisimo sta investendo il mondo accademico dopo l’aggressione di Hamas nei confronti di Israele il 7 Ottobre e la paradossale reazione di molti studenti è quella di una marcata difesa a oltranza della Palestina e dei palestinesi, anche quelli violenti, anche quelli terroristi .
Sotto attacco dunque finisce Israele, non la politica israeliana
Proprio l’esistenza stessa dello Stato di Israele.
Quello che colpisce, infatti, è che negli studenti progressisti americani non v’è una critica politica alle scelte di Netanyhau. Non vi è quella capacità di analisi che si poteva riscontrare nel movimento di contestazione studentesca dei dcenni passati che, sebbene ingenua sul piano politico, poteva diventare elemento di riflessione anche per la classe dirigente.
No. in questo caso, si inneggia alla distruzione di Israele attraverso slogan agghiaccianti e false accuse, che ripropongono orgogliosamente la propaganda terrorista e che tuttavia trovano ampia eco nelle istituzioni persino internazionali.
Per questa minoranza rumorosa e pericolosa di studenti, Hamas cessa di essere una organizzazione terroristica per diventare una congrega di “resistenti antifascisti”. Israele da vittima diventa aggressore nazista (sic!) in un rovesciamo della storia e delle tradizionali categorie che mette i brividi perchè si diffonde a macchia d’olio incurante della verità.
I campus americani inneggiano all’intifada, al grido di “Palestina libera”
Alcune organizzazioni studentesche italiane propalestinesi hanno seguito l’esempio malsano, e programmano a loro volta l’intifada universitaria per il prossimo 15 Maggio. Un delirio che va avanti oramai da tempo e che costituisce un pericolo per la democrazia oltre che per la libertà e l’incolumità degli ebrei, soprattutto per gli studenti. Divulgare via social quanto ebbe a dire Osama Bin Laden agli americani, nel 2002 per rivendicare la strage dell’11 settembre, invocando la morte per americani ed ebrei sono segnali di qualcosa che non ha alcuna valenza politica ma che diventa puro e semplice antisemitismo.
Un antisemitismo antropologico che non ha alcuna ragione politica
Ma è semplicemente fondato sull’odio per l’ebreo.
La foglia di fico della distinzione – invero, inesistente – fra antisemitismo e antisionismo, non regge più. Ne sono persino orgogliosi gli stessi manifestanti.
Perchè, dunque, si sta verificando tutto questo?
Sarebbe sciocco e ingenuo pensare a un semplice moto di contestazione anti-Netanhyau o, peggio ancora, a una rivolta pacifista analoga a quella che si sviluppò durante la guerra in Vietnam e persino durante le guerre in Iraq. Siamo innanzi a qualcosa di ben diverso e pericoloso, che investe la società americana e la stessa civiltà occidentale nel suo complesso.
Intanto – come fa notare Cominelli – una composizione demografica che si va delineando in modo radicalmente difforme da quella consueta e conosciuta.
La crescita numerica di popolazione non europea sgancia la popolazione dalla tradizionale cornice valoriale che nel bene o nel male ha costruito l’America nei decenni. Dall’altro, la pervasiva narrazione Woke con il suo carico di razzismo anti-bianchi, accusati di essere colonizzatori, imperialisti e criminali.
Una negazione delle origini storiche, filosofiche, morali e valoriali, rende l’Occidente prigioniero di una contestazione delle sue stesse basi esistenziali e che va oltre il conflitto arabo-israeliano.
Ciò che viene contestato non è solo Israele, ma il modello che Israele rappresenta nel mondo: democrazia, stato di diritto, libertà. Questo è il nuovo nemico da abbattere perchè non consono al canone politically correct della nuova sinistra progressista e antisemita.
Benchè non si ricorre alla tradizionale polarizzazione destra/sinistra, quanto più a un evidente negazione generazionale, non si può sottacere la matrice progressista delle proteste antisemite nelle università americane. Una sinistra estrema dunque che tiene sotto scacco persino il Presidente Biden, e ha agganci importanti persino in parlamento.
Alla Camera la mozione contro l’antisemitismo ha visto il voto contrario di 12 Democratici
Una sinistra americana dunque che vede crescere la propria componente estremista e che trova in Occasio Cortez e in Talib le sue amazzoni guerriere.
Ma proprio questa saldatura tra estremismo progressista americano e le violente manifestazioni antisemite degli studenti offrono anche lo spaccato di un modo diverso in cui viene convepita l’Università. Essa cessa di essere luogo di confronto democratico, e diventa teatro del “nichilismo senza abisso”, come affermava già dal lontano 1987 Allan Bloom.
Un mind-set in cui si rinuncia volentieri ai saperi fondamentali, a distinguere tra il vero e il falso, ai principi fondativi della democrazia dell’Occidente per inclinare verso un populismo accademico in cui la verità lascia il posto all’opinione che, in quanto tale, deve essere libera e rispettabile a prescindere (quale che ne sia il contenuto, persino se violento e razzista).
E’ una questione antica che trova oggi dei preoccupanti sviluppi che come detto riguardano non solo una banda più o meno numerosa di studenti ideologizzati, ma anche cariche politiche e universiterie senza distinzione.
Se si pensa che alcune rettrici di prestigiose università americane riconducono quanto sta accadendo negli atenei americani a mera espressione della libertà di manifestazione del pensiero sottovalutandone la carica violenta e antidemocratica, ci si può rendere conto di come questo relativismo sia destinato a generare mostri.
Se l’invocazione al genocidio del popolo ebraico cessa di essere una aberrazione per diventare un’opinione, e se tale opinione diventa la base per l’azione politica, si capisce che il danno è ormai fatto.
La democrazia è vulnerata e la libertà vilipesa e stuprata
“Dipende dal contesto” è il nuovo mantra entro il quale tutto è lecito, anche l’antisemitismo. Insomma, esso non è un male assoluto, ma diventa una variabile ammissibile a seconda del contesto. Come qualcuno ha detto, “It depends from the context” è il nuovo “Arbeit macht frei”.
Ebbene di questo relavitismo nichilista e autolesionista una parte di sinistra americana è indubbiamente colpevole, palesemente ottusa nel non vedere la contraddizione tra la difesa della nuova “religione dei diritti (LGBT, Body Shaming, razzismo, inclusione ecc.) e la violenza antisemita di cui si fa in qualche modo portavoce.
Assistiamo perciò al fallimento di un modello culturale, di una classe dirigente e di una classe intellettuale che proprio dalle università prende il via per contagiare tutto l’Occidente, riportando indietro le lancette della storia.
Ma, poiché, il fondamento dell’antisemitismo sulla teoria della razza, per costoro è troppo poco chic, meglio fondarlo sulle parole d’ordine tradizionali: antimperialismo, anticapitalismo, terzomondismo, e su quelle nuove: cancel culture e Wokismo.
Come afferma sempre Giovanni Cominelli “Tutte ragioni “di sinistra”! L’ignobile antisemitismo fondato su motivi “nobili”
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