È stato assolto dall’eccesso di legittima difesa Mario Cattaneo, oste di Casaletto Lodigiano, Lodi, dal cui fucile, il 10 marzo 2017, partì una rosa di pallini che uccise Petre Ungureanu, che si era introdotto nel suo locale per rubare insieme a due complici.
È stato assolto in primo grado dal Tribunale di Lodi dall’accusa di eccesso colposo di legittima difesa.
Il Pm, Emma Vittorio, nella requisitoria di stamattina, aveva chiesto una condanna a tre anni di reclusione.
Il titolare dell’Osteria dei Amis di Gugnano, frazione di Casaletto Lodigiano, 69 anni, era imputato per eccesso colposo di legittima difesa per avere ucciso con un colpo di fucile uno dei ladri che nella notte del 10 marzo 2017 si era introdotto nella sua proprietà per derubarlo.
I fatti: nella colluttazione perse la vita il ladro romeno 32enne Petre Ungureanu.
Per il Pm di Lodi l’oste non avrebbe detto tutta la verità: “Cattaneo ha agito in legittima difesa, ma ha ecceduto nei limiti. È stato lui a mettersi in una situazione di pericolo sfondando la porta bloccata dai ladri” e sarebbero stati due e non uno i colpi fatti partire dall’oste quella notte.
Notte nella quale alla colluttazione con uno dei ladri ed in seguito alla esplosione dello sparo, i ladri si erano dati alla fuga.
Alcune incongruenze nelle prime dichiarazioni ai Carabinieri
In aula i Carabinieri del nucleo investigativo nella ricostruzione della notte 9 e il 10 marzo 2017, avevano evidenziato i fatti accaduti tra le 3.40 (quanto sarebbe partito il colpo di fucile accidentale) e le 5.55 (quando era stato scoperto il cadavere vicino al cimitero di Gugnano).
La famiglia dell’oste aveva chiamato i carabinieri di Lodi alle 3.47 dicendo di aver subito un furto, senza accennare allo sparo.
I militari erano arrivati poco prima delle 4. In cortile i carabinieri avevano trovato il cappellino di uno dei ladri, la refurtiva e si erano accorti dell’ematoma sull’avambraccio dell’oste. Avevano chiamato l’ambulanza che aveva portato in ospedale a Lodi l’oste.
Alle 4.45, i carabinieri erano stati informati dalla centrale di una telefonata anonima (che si è scoperto essere partita dal cellulare della vittima) registrata dal 112 che segnalava un ferito grave vicino al cimitero.
Così gli inquirenti avevano chiesto al figlio di Mario, Gianluca, se fosse successo qualcosa di più rispetto al furto.
E lui, che col padre era sceso da casa per affrontare i malviventi, aveva tirato fuori dalla tasca il bossolo del fucile raccolto nel cortile, spiegando che il colpo era stato sparato per intimidire i ladri dopo la colluttazione con Mario.
Una circostanza che ha trovato conferme scientifiche: «L’analisi del medico legale ha fatto emergere che il livido e le abrasioni sul corpo di Cattaneo sono compatibili con la ricostruzione fornita dall’oste», hanno detto in aula i carabinieri.
Resta da chiarire ancora se il ristoratore abbia sparato il colpo di fucile subito dopo aver sfondato la porta che lui e il figlio Gianluca non riuscivano ad aprire perché i ladri l’avevano bloccata con una corda di nylon e un mobile sul quale erano appoggiati dei pezzi di cartone, oppure se il colpo sia partito accidentalmente, mentre stava cadendo per terra mentre uno dei ladri tentava di disarmarlo afferrando le canne della doppietta che imbracciava.
Da chiarire alcune dinamiche della vicenda, quindi, ma di certo la sentenza di Lodi di assoluzione getta una nuova chiave di lettura finalmente nel senso della piena legittima difesa nei termini della recente riforma nei crimini che sono commessi da criminali che si introducono nelle proprietà altrui, di notte, in condizioni di assoluta precarietà e paura, che hanno determinato il ristoratore ed i familiari a tacere sullo sparo in un primo tempo, mentre i ladri si erano allontanati.
Troppo facile appare infatti disquisire in un’aula di Tribunale su attimi che si consumano in condizioni di violenza e minaccia, da tale punto di vista la sentenza, di cui si attendono le motivazioni, dirime antiche dispute su cosa o non possa fare la vittima di tanto odiosi reati, e consente ai cittadini di potersi difendere, nella impossibilità delle Forze dell’ordine di essere presenti in tempo reale in ogni nostra abitazione o domicilio.