L’EUROPA APRE LE PORTE A FITTO

L’EUROPA APRE LE PORTE A FITTO

LA NUOVA STAGIONE DEL “DEMOCRISTIANISSIMO”

Si sta per aprire (così pare) la stagione di Raffaele Fitto in Europa.

Noi vorremmo andare oltre il semplice “santino” di un “democristianissimo”, come lo definisce Dagospia.

E non ci mancherebbero elementi di testimonianza personale per fornire un profilo, anche da dietro le quinte, del futuro Commissario Europeo, legati specialmente alla sua stagione nel CDU, in cui ha svolto un’importante azione come vice-segretario nazionale del partito. Fase di cui è stato partecipe anche il nostro Paolo Bartolozzi, anch’egli con lo stesso incarico conferitogli da Rocco Buttiglione.

L’ultimo mio ricordo in presenza legato all’attuale Ministro del governo Meloni è quello che lo vide a Firenze insieme ai dirigenti regionali dell’allora compagine Noi con l’Italia, nella non felice esperienza delle politiche 2018.

Passato a Forza Italia nel 1999, Fitto era stato il più giovane Presidente di Regione in Italia attraverso la sua elezione in Puglia nel 2000. Lavoro amministrativo e politico che, in quegli stessi anni, ho avuto modo di apprezzare personalmente ed attraverso i colleghi pugliesi di maggioranzadagli scranni del Consiglio Regionale della Toscana. Dopo aver perso per un soffio la rielezione nel 2005, sconfitto da Vendola, approda quasi subito in Parlamento e nel 2008 Berlusconi, nel suo governo quater, gli affida l’incarico di Ministro per gli Affari Regionali. È durante questa esperienza che conosce politicamente Giorgia Meloni, giovanissima, anche lei ministro, con delega alla Gioventù.

STRASBURGO, ROMA E RITORNO

Nel 2014 Fitto approda a Strasburgo, prima che si consumi lo strappo con Berlusconi a seguito del suo dissenso in relazione al “patto del Nazareno” (2015). Dopo l’insuccesso elettorale con Noi per l’Italia, il suo movimento, Direzione Italia, si federa con FDI, portandolo alla rielezione a parlamentare europeo ed alla designazione di vice-presidente del gruppo Conservatori e Riformisti Europei. Siamo nel 2019. Nel 2020 Fitto perde le regionali in Puglia, battuto da Emiliano. Alle politiche del 2023 viene eletto alle politiche in FDI e poi nominato Ministro con deleghe “pesanti”, tra cui PNRR e, soprattutto, Affari Europei.

VERSO L’ULTIMO MIGLIO: GENEROSITA’ O CALCOLO?

Forte di un curriculum di tutto rispetto, Fitto si sta avvicinando all’ultimo miglio che lo porta a Strasburgo e Bruxelles con vigore, ma non senza qualche apprensione.

È chiaro che la possibile delega economica di cui si vocifera, con aggiunta vice-presidenza esecutiva in Commissione, potrà rendere il suo ruolo tanto prestigioso (per l’Italia e per sé) quanto oneroso.

E qui si alimentano varie ipotesi. Perché questa “generosità” politica per un esponente di un partito che non ha votato Von der Leyen ?

Prima: quasi fisiologica. I principali commissari, con vice-presidenza annessa, per scelta (anche se non indolore), possono esser presi dai Paesi più importanti, con riferimento a Stati e governi, non alle maggioranze parlamentari

Seconda: più di politica europea. La scelta di Fitto, che ha avuto l’avallo mediatico preventivo del Segretario del PPE, Weber, potrebbe essere l’apertura di un ponte verso i Conservatori Europei della Meloni, se non addirittura un passaggio propedeutico per portare altre nuove forze dentro il Partito Popolare Europeo. In questo contesto Fitto, molto stimato dalla Von Der Leyen, sembra il profilo giusto.

Terza: più personale. Giorgia Meloni ha grande fiducia in Fitto, che, come già detto, conosce bene dai tempi del Berlusconi 4, e ha imparato nel tempo ad apprezzarne preparazione , misura e soprattutto discrezione. E’ stato infatti uno dei ministri meno esposti alla giostra mediatica. Soprattutto si è sempre dimostrato leale sia verso il Primo Ministro che rispetto al governo. Infine è il compagno politico ideale per dimostrare agli italiani ed all’intero contesto europeo che l’attuale classe politica apicale nel nostro governo (Italia e UE) è fatta di una generazione determinata, giovane in spirito, quadrata e concreta

Quarta: più maliziosa. Qualche politologo avanza poi, non sappiamo con quanta fondatezza, l’idea della “polpetta avvelenata”. Affidare a Fitto, quindi all’Italia, un importante incarico economico potrebbe servire come provvidenziale parafulmine sia per coprire le difficoltà di bilancio ad esempio della Francia (molto simili alle nostre) che in ordine ai prevedibili mugugni dei “paesi frugali”, che raddoppierebbero l’attenzione sul nostro commissario (ed il paese che egli rappresenta), data la scelta ormai fatta in sede europea di ripristinare severi vincoli di bilancio.

ENDORSEMENT E DINTORNI…

Quinta ed ultima: più politica a livello interno. Sul nome di Fitto si registrano i primi endorsement dal fronte PD, che mettono insieme due esponenti molto distanti (Casini e De Caro), il teorico “patriottismo” di Renzi e quello più tecnico e pragmatico di Calenda. Perfino Schlein, non accodandosi ai soliti 5SS, fa al momento il pesce in barile. Un modo molto elegante per testare il grado di lealtà istituzionale delle opposizioni. Non sempre paga tifare dovunque e comunque per la squadra avversaria.

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