L’Europa delle zucchine e dei cavetti: un futuro incerto tra microregolazioni e grandi assenze
La scorsa settimana, l’ex sindaco di Firenze, Dario Nardella, ha celebrato su Facebook l’arrivo della nuova norma europea che uniforma i caricabatterie all’USB-C, descrivendola come un traguardo fondamentale per il Vecchio Continente.
Ha concluso il suo messaggio con un ottimistico: “Anche questa è Europa.” Ma davvero è questa l’Europa che vogliamo?
Il paradosso delle priorità
È innegabile che l’obiettivo di ridurre i rifiuti elettronici sia lodevole, ma bisogna anche valutare l’ opportunità di normare la tecnologia, infatti se domani in altri paesi venisse trovato un cavetto più economico , utile e ecologico quanto tempo impiegherebbe l’ Europa per adottare la nuova tecnica?
Oppure ostinatamente la vieterebbero comunque in nome dell’ uniformità?
In fondo anche con la decisione di abbandonare nel 2035 le auto endotermiche a favore delle auto elettriche notiamo una lentezza esasperante nel valutare l’ opportunità di tornare sui propri passi, necessità evidente e ben note a tutti non solo per le scelte di mercato dei cittadini lentezza che sta di fatto contribuendo alla crisi del settore auto europeo a favore dei concorrenti extraeuropei.
Tuttavia, nel contesto delle crisi epocali che attanagliano l’Unione Europea – dall’immigrazione alla guerra in Ucraina, dalla necessità di un esercito comune all’impasse decisionale che blocca ogni grande riforma – questa attenzione spasmodica per zucchine dritte, carciofi col gambo giusto e caricabatterie universali stride con l’urgenza di affrontare questioni ben più rilevanti
Non è la prima volta che l’UE si distingue per interventi iper-specifici e spesso grotteschi: la curvatura dei cetrioli, il diametro delle mele, le etichette per il vino, e ora i cavetti USB-C. Norme che, pur animate da buoni intenti, sembrano esemplificare una “Europa del righello”, ossessionata dai dettagli, ma incapace di offrire risposte univoche e decisive sulle grandi sfide globali.
La crisi di identità dell’UE
La frammentazione politica e istituzionale è alla radice di una crisi identitaria che impedisce all’Europa di giocare un ruolo di primo piano nel mondo. L’assenza di un presidente eletto dai cittadini europei e di un governo unitario limita l’autorevolezza dell’UE, lasciandola schiava di veti incrociati e logiche di potere nazionali. Ogni Stato membro sembra voler difendere la propria piccola fetta di sovranità, anche a costo di paralizzare decisioni fondamentali per il bene collettivo.
Questa debolezza si riflette in politica estera: di fronte a crisi globali come la guerra in Ucraina o le tensioni con giganti come Cina e Stati Uniti, l’UE si presenta come un’aggregazione di interessi divergenti piuttosto che come un attore compatto e influente
L’Europa dovrebbe essere una forza capace di dialogare alla pari con le grandi potenze, e non un campo di battaglia per le lobby o una palestra di regolamentazioni minuziose.
Il Green Deal e il rischio di una politica miope
Un esempio emblematico di questa distorsione politica è rappresentato dal Green Deal europeo, che, nelle intenzioni, dovrebbe favorire la transizione ecologica, ma che rischia di affossare interi settori produttivi. Le richieste agli agricoltori – come il passaggio al biologico per il 25% dei terreni entro il 2030 o l’obbligo di lasciare incolto il 4% delle superfici ogni anno – vengono percepite non come un’opportunità, ma come un’imposizione calata dall’alto, senza considerare le realtà locali o i costi economici.
Non si può costruire un’Europa forte affossando la sua industria e le sue eccellenze agricole, né imponendo regole che sembrano più ideologiche che pratiche. Forse sarebbe il caso di prendere esempio dall’Argentina di Javier Milei, che, riscoprendo un approccio liberale, punta su innovazione e libertà economica anziché su un eccesso di regolamentazioni
Un’Europa forte per un futuro comune
La strada per un’Europa realmente unita passa attraverso riforme coraggiose e condivise. Servono istituzioni più democratiche, capaci di agire con una sola voce, e leader politici che sappiano guardare oltre il proprio orticello elettorale.
Un’Europa che si limiti ai cavetti USB-C, alle quote latte e alle zucchine diritte non sarà mai un’Europa forte. Per diventare una potenza globale credibile, l’UE deve liberarsi dai veti che la immobilizzano e abbandonare il culto delle microregolazioni.
Solo così potremo costruire un’Unione capace di affrontare le sfide del nostro tempo, difendendo i suoi cittadini e il suo ruolo nel mondo
Dario Nardella ha ragione: anche questa è Europa quella che non piace più ai cittadini comuni che non vogliono essere costretti con norme a cambiare Auto o Case, ma che preferiscono essere cittadini consapevoli liberi di scegliere. L’ Europa non può e non deve essere solo questa, abbiamo bisogno di meno regolamenti e più tutele delle libertà tutte.
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