L’europeismo invasivo in salsa francese: Gozi come il cavallo di Troia

Siamo su “Scherzi a parte”.. l’ovvia ma inevitabile battuta si presta bene a definire l’affaire Gozi, una questione affatto leggera bensì piena di significati ed incognite.

Sandro Gozi, 51 anni, ex funzionario del Ministero degli Esteri, a lungo parlamentare del PD di stretta osservanza renziana, è stato tra il 2014 e il 2018 Sottosegretario della Presidenza del Consiglio con delega agli Affari Europei.

La prima anomalia accade in vista delle elezioni europee del 26 maggio scorso: Gozi viene candidato al Parlamento europeo non in Italia, bensì in Francia nelle liste del partito “En Marche” del Presidente della Repubblica Macron.

Che senso aveva tale candidatura? Da un lato trovare spazio al di fuori del PD, che nella versione zingarettiana non era interessato più di tanto a candidare l’esponente renziano; dall’altro mettere la prima tessera di un mosaico più complesso, che in sintesi prevedeva l’abbraccio degli “europeisti riformisti” del PD con la visione macroniana.. in sostanza garantirsi relazioni e un ‘posto a tavola’ fra i rappresentanti dei grandi interessi multinazionali e del capitale finanziario.

Come era prevedibile Gozi non è stato eletto (comunque potrebbe rientrare con l’esclusione dei parlamentari britannici susseguente alla Brexit), ma quel passaggio – adesso che si è svelato il secondo capitolo della trama – era un dazio da pagare per accreditarsi e favorire un progetto ancora più ardito: farlo entrare nel governo francese con la medesima funzione esercitata in Italia cioè la delega agli Affari Europei, come in effetti è appena avvenuto.

La questione è stata sottovalutata, i grandi media di sistema non ne parlano per non disturbare l’operazione e non attirare l’attenzione dei cittadini, per i quali eventualmente è pronta una versione edulcorata e ‘commestibile’. Visto che una mossa del genere non si era mai vista è naturale chiedersi: per quali interessi lavorano Sandro Gozi e i suoi mandanti politici? L’operazione è tecnicamente legale, secondo l’ordinamento italiano?

I profili da analizzare sono due, giuridico e politico. Sul piano giuridico la legge 91/1992 stabilisce che se un cittadino italiano assume un incarico in un governo straniero il governo italiano può revocargli la cittadinanza, se la persona non accetta di rinunciare all’incarico. Non sembra peraltro convincente – in funzione difensiva di Gozi – l’appiglio all’articolo 22 della Costituzione, laddove si stabilisce che per motivi politici nessuno possa essere privato di capacità giuridica, cittadinanza e nome: il caso in questione non attiene i diritti politici in quanto libertà, ma ha rilevanza istituzionale.

Forse più rilevante è il problema posto dall’adesione dell’Italia alla “Convenzione sulla riduzione dell’apolidia” del 1961, che agli artt. 7 e 8 pone l’impossibilità per uno stato di privare un individuo della propria cittadinanza se così facendo lo rendesse un apolide, cioè una persona priva di alcuna cittadinanza.

È comunque soprattutto il profilo politico a tenere banco: da dove deriva tanta considerazione del governo francese (dunque di un paese straniero) per Gozi? Quali meriti particolari gli stanno procurando una stima e una posizione così rilevante presso Macron? Si pone un problema di sicurezza visto l’accesso da lui avuto ad informazioni rilevanti per l’interesse nazionale? Rilevanti sul piano industriale, economico, di politica estera, financo di intelligence. Quali dossier ha trattato all’epoca Gozi in Europa? Quali sono in particolare quelli in cui era coinvolta la Francia?

La reazione autoassolutoria, quasi di fastidio, dell’ex Sottosegretario poggia – come era ovvio attendersi – su una visione per cui tramite polemiche pretestuose l’Italia si dimostrerebbe sconnessa dall’Europa e non si rendesse conto dei processi transnazionali.

Gli ricordiamo, con umiltà e consapevolezza, che ad oggi non esistono gli Stati Uniti d’Europa (progetto interessante ma eventualmente di lungo periodo), per cui finché Macron non acconsentirà a discutere nelle sedi appropriate la politica di integrazione europea all’interno dell’Unione anziché convocare vertici all’ Eliseo..finché non metterà fine alla stagione delle grandi dichiarazioni di principio e della contestuale politica aggressiva, protezionistica e poco funzionale ad una visione unitaria (caso Fincantieri, neocolonialismo ed immigrazione, politica estera e di difesa, seggio permanente presso l’ONU etc.)..inevitabilmente questo tipo di atti politici non potrà che essere considerato una mossa ostile verso l’Italia e il governo attuale, con il placet del manovratore Renzi.

Non si rileva in ciò un tentativo formale di collaborare con un governo straniero, certamente avverso al nostro? Non si configura un palese tradimento morale e istituzionale a danno del proprio paese? Non ha niente da dire in proposito il Capo dello Stato?

A proposito del Colle, la mossa della candidatura di Gozi – funzionale alla sua successiva nomina nel governo francese – ricorda, con le dovute diversità, la nomina di Monti senatore a vita che servì a dare copertura istituzionale all’immediato susseguente incarico di formare il Governo; all’epoca il regista dell’operazione fu il presidente della Repubblica Napolitano. Che il Capo di stato francese abbia voluto omaggiare “Re Giorgio” e così farsi beffe del nostro paese, nominando un italiano con procedura similmente oscura a quell’operazione così discussa del 2011?

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