Libertà o Stato etico – Due date importanti, il 25 aprile e il 1° maggio. Una proposta di legge che fa molto discutere, la proposta di Legge contro l’omotransmofobia.
Eventi, per lo più vissuti in una logica divisiva e con fondamenti ideologici e dogmatici da Stato etico. Uno Stato che “crea” la morale e pone se stesso come fonte dell’etica, incapace di ammettere un giudizio al di fuori di sé.
Chiunque di noi può considerarsi certamente non solo favorevole, ma entusiasta nel celebrare la liberazione dal nazifascismo, le lotte dei lavoratori dell’’800 e la difesa di qualunque minoranza.
Ricorrenze che portano ad una divisione sociopolitica
Ma se queste ricorrenze o una proposta di legge sono improntate alla divisione sociale e politica o al continuo ritorno al passato per sfuggire agli obblighi del presente, la necessità di ricostruzione del nostro paese e la ricerca di nuove libertà perdono di priorità.
Il 25 aprile appartiene a tutti gli italiani. È il giorno celebrativo della libertà riconquistata. Occorre storicizzare una volta per tutte il fascismo e l’antifascismo. Gli antagonismi e le lotte, anche crudeli e spietate da entrambe le parti, che risalgono a quasi un secolo fa.
Siamo un paese che ama guardare indietro invece che avanti. Che ama riproporre il passato in un eterno presente che immobilizza qualunque evoluzione politica e sociale.
Le parole di Benedetto Croce
“Noi siamo prodotti del passato: per compiere azioni nuove e dirompenti con il passato che è in noi. L’unica via è quella di analizzare con il pensiero il passato. Ridurlo a problema mentale, e risolverlo in una proposizione di verità, che sarà l’ideale premessa per la nostra nuova azione e nuova vita.» Benedetto Croce, in “la Storia come pensiero e come azione”.
Siamo molto lontani da tutto questo, ancora alle prese con i buoni e cattivi e con assenza di volontà di rappacificazione; continuare a credere di vedere fascisti e comunisti ovunque, non consente di posizionarci nel futuro, di godere della libertà di sviluppare il nostro paese, presa come è la nostra classe politica a utilizzare simboli e miti che riportano a vicende ormai concluse.
Il paradosso del Primo Maggio
Festeggiare il 1° maggio oggi sembra un paradosso, un imperativo morale che ha perso il suo originario significato. Se non ricordare coloro che si sono battuti per migliorare le condizioni di vita di tutti i lavoratori. Adesso gli stessi sindacati hanno perso la loro caratteristica aggregativa e innovativa. Fanno parte appieno del sistema, tutelano coloro che in qualche modo sono già tutelati.
Non forniscono tutele ai nuovi bisogni. Il lavoro è il più impellente bisogno da soddisfare, insieme all’istruzione che ne è il fondamento, il più grande assente del nostro tempo. Perché senza lavoro non ci può essere libertà economica, la base di ogni libertà.
Il mondo del lavoro, in un paese come l’Italia, è segnato sempre più da ingiustizie, assenza di possibilità e ascensori sociali bloccati. Pensiamo anche solo alle proteste dei riders, agli infortuni sul lavoro, agli stage non pagati. Ai bassissimi salari e alle difficolta per i giovani e per le donne di inserirsi e rimanere nel mercato del lavoro.
Il ricatto morale
Ma il ricatto morale dello stato etico anche in questo caso è presente: “come puoi non festeggiare il 1° maggio? Come puoi dimenticarti di coloro che hanno dato la vita per tutelare tutti i lavoratori?”
Credo che se coloro che si trovavano a Chicago nel 1886, potessero vederci, ci chiederebbero di smetterla di festeggiare. Ci direbbero che non dobbiamo riposarci, ma lavorare, per rafforzare sempre più il nostro diritto al lavoro. Ci direbbero che con la cooptazione nella P.A. tutti i diritti al lavoro sono perduti. Che non è più “il padrone” il vero avversario bensì lo stesso stato. Che con una imposizione fiscale e una burocrazia folle e soffocante impedisce la libertà di impresa e quindi di lavoro.
L’ultimo ricatto morale riguarda coloro che non sono d’accordo con la legge Zan perché senz’altro omofobi. Una visione semplicistica che caratterizza da sempre lo stato etico. Certamente è più semplice scrivere sul palmo delle mani che leggere la proposta di legge.
Legge Zan, una legge scritta male
La verità è che si tratta di una legge scritta molto male, con definizioni incomprensibili. Che con la scusa di punire gli aggressori (che sono già puniti dalla legge), mira a minare la libertà di espressione.
Alcuni esempi: se schiaffeggio una donna o un uomo per motivi anche banali e se quell’uomo o quella donna sono gay posso avere l’aggravante di reato e finire in carcere anche per 1 anno?
Oppure usare l’espressione: “essere gay non è normale ed è contronatura”, o ancora: “la famiglia si fonda sull’unione dell’uomo e della donna”. È possibile che uno possa finire dritto in tribunale per una cosa del genere? (oltre all’enorme perdita di tempo per la magistratura).
Nessun vuoto normativo
Esistono già le norme a tutela della vita, dell’incolumità, e della libertà personale. Quelle che condannano le minacce, le ingiurie e gli atti persecutori, norme che rendono già ora perseguibili comportamenti di omofobia. E nessuna emergenza, sono 26 all’anno le situazioni in cui si manifestano casi si discriminazione sessuale in Italia.
Ci sono alcuni episodi, certamente da condannare, ma non sono certo prevalenti; sono molto più numerose le violenze sulle donne o sui minori. Infatti le norme attuali sono perfettamente in grado di colpire con maggiore forza eventuali episodi di violenza di questo tipo. Ad esempio inserendo le aggravanti “per futili motivi”, senza dover inventare una nuova fattispecie.
Il disegno di legge Zan è dannoso perché ideologicamente orientato ad imporre un punto di vista sulla realtà. Cancellando posizioni differenti, una legge che rischia di diventare un tribunale ideologico liberticida. Il problema vero è la disgregazione dei cardini sui quali si regge il diritto penale, scritta con un integralismo etico paragonabile solo a coloro che, nelle intenzioni, si vuole contrastare.
L’approvazione della Proposta di legge Zan da parte della Camera dei Deputati è segno della crisi profonda dei Parlamenti che già in passato hanno rivendicato poteri assoluti.
Vittorio Emanuele Orlando
“Vittorio Emanuele Orlando, grande giurista, liberale e massone, richiamò i suoi colleghi dell’Assemblea costituente della Repubblica italiana a tenere i piedi per terra. Egli, infatti, in una seduta di questa Assemblea del marzo 1947, di fronte al delirio di onnipotenza manifestato e rivendicato da diversi deputati, ricordò loro che godevano di molti poteri, meno uno: quello di trasformare il bene in male e il male in bene.”
Lo Stato liberale si fonda sulla supremazia del diritto e della libertà dell’uomo. Mentre uno Stato etico si pone come decisore, arbitro e giudice assoluto del bene e del male, come fonte dell’etica per tutti gli uomini, come unico creatore del bene collettivo. Lo Stato liberale, da cui noi proveniamo e i cui principi sono sanciti nella nostra Costituzione, nella sua declinazione politica, non è uno Stato etico.
Lo Stato di diritto liberale è il custode eccelso della legge, che rappresenta la massima garanzia di libertà, ma non fornisce le regole di pensiero o di comportamento, non decide cosa sia moralmente accettabile e cosa non lo sia. La sua massima realizzazione è una società aperta contraria ad ogni abuso di potere e a ogni pretesa di perfezione morale.
Sandra Bianchini
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