È ormai notizia di pubblico dibattito il Tweet di Trump del 27 agosto scorso nel quale si compiaceva di un nuovo incarico a Giuseppe Conte, anzi Giuseppi.
Sì perché il tanto odiato Tycoon statunitense, tutt’ad un tratto ha fatto una magia ed è divenuto l’idolo delle masse grillini, pdiesche e radical chic, nel suo endorsement alla nuova creatura bicefala che pare debba venire alla luce entro mercoledì prossimo.
Si faceva un gran chiedere una discontinuità sul nome del capo del nuovo governo? Trump l’ha fornita: Giuseppi.
Ma il Donald come sempre ha sparigliato le carte, e con un semplice Tweet si è attirato le simpatie di chi fino al giorno prima lo irrideva come il male assoluto.Roba da reparto di psichiatria, me ne rendo conto.
Già questa dovrebbe essere una notizia, e scopre il disperato tentativo di una certa parte italiana di benedire un matrimonio politico che dire contra naturam è semplicistico.
Proviamo quindi a dare due chiavi di lettura il più possibile disincantate in merito.
Una prima lettura
È del tutto evidente la cultura politica da cui scrive il Donald per antonamasia: un bipartitismo e bipolarismo perfetto, consolidato da secoli, con qualche eccezione di indipendenti che non hanno mai raccolto molto, del tutto digiuni e scevro dalle alchimie e macchiavellismi europei e soprattutto italici.
La politica, si sa, è per menti fini, il complotto, il compromesso ed il tradimento assumono un aspetto e declinazioni sfumate in una storia millenaria come quella europea, e secolare come quella italiana, nella quale dal trasformismo alle congiure di Palazzo fino ad arrivare al compromesso storico la ragione di Stato e di poltrona l’ha fatta da padrona da sempre.
Siamo proprio sicuri che Trump ed il suo establishment abbiano compreso a fondo che il Conte bis sarebbe non un rimpasto o una riedizione del governo precedente, ma un cambio plastico ed acrobatico di una componente e l’avvento di un’altra che è la naturale evoluzione del partito comunista italiana?
Due forze nuove, di fatto, una che era all’opposizione e viene chiamata al governo dal suo ruolo minoritario e perdente nel paese, ma abbastanza forte da poter evocare l’anima peronista di un movimento (quello a cinque stelle) che di anime ne condivide molte, non avendo una sua linea definita.
Secondo me Donald Trump plaude ad un reincarico di Conte – apprezzato a livello internazionale in quanto padrone di quattro lingue, di bella e giovane nonché autorevole presenza – perché non può nemmeno immaginare un cambio di rotta tanto drastico nella sua nuova maggioranza, che incarna ciò che lui odia nei democratici a stelle e strisce, tutte tasse, immigrazione, welfare, aborto ed eutanasia.
In un’intervista a “La Verità”, Steve Bannon, l’ex stratega di Donald Trump alla Casa Bianca, pare avvalorare questa lettura, affermando che il presidente americano “non appoggerà un esecutivo filocinese e filoUe”, aggiungendo che “Il presidente non avrebbe mai dato il suo endorsement a questo governo se avesse saputo che tipo di governo era. Un governo che non condivide le politiche trumpiane, un governo contro il patrimonio, pro Cina e pro immigrazione incontrollata”.
Una seconda lettura
Da qui, il pur ignaro Donald, come spesso gli accade, agendo d’istinto e di getto, comunque pare averci preso nel suo refuso, che alla luce di quanto si dirà pare illuminante.
Nel Conte bis, i Giuseppi, di fatto sono veramente due, uno contro l’altro armati.
Uno, anzi il Due che vuole disfare ciò che ha fatto l’altro, l’Uno, che ne conserva la paternità politica e giuridica, litigando kafkianamente con se stesso. Roba da mandare in tilt i cervelli più fini, me ne rendo conto.
DalDecreto Sicurezza, al Sicurezza bis, a quota 100, il Conte 2 dovrà disfare ciò che ha fatto il Conte 1, con buona pace della coerenza e della pace interiore.
Come potrà giustificare la riapertura dei porti Conte 2, se fino a poche settimane fa il Conte 1 si batteva perché Malta facesse onore al suo impegno, al massimo chiedendo che sbarcassero minori e malati.
Nella realtà del Bel Paese, forse passa sotto silenzio tale incongruenza, tale paradosso.
Ma se i Conti non tornano, a volte, evidentemente, i Giuseppi sì.
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