L’impatto dei dazi americani per la nostra economia
Borse in calo e oro ai massimi. Sono queste le conseguenze in sintesi del diverso lo scenario economico che Trump ha messo in atto fin dal suo insediamento con l’introduzione dei dazi.
Una politica commerciale a stelle e strisce che sta creando scompiglio nel mondo economico e finanziario internazionale, con nessuna intenzione di cedere almeno nel prossimo futuro
L’America di Donald Trump sta imponendo le proprie regole. I dazi sono le “armi” improprie per imporre le imposizioni del Paese nordamericano. Di fatto una vera e propria “guerra”, che premia chi sottostà all’impeto di Trump e punisce chi invece lo critica apertamente. Dazi utilizzati per “indirizzare” Stati e opinioni pubblica in ambito politico finalizzate a ripercussioni finanziarie.
Tutto il mondo sta attentamente monitorando le scelte di Washington. Non senza qualche timore. Soprattutto inerente al contingentamento delle importazioni se non ad una totale restrizione, derivanti dai costi lievitati a tal punto da impedire il regolare andamento del libero mercato
Anche gli importatori americani sono impauriti. Pur non essendoci ancora i dazi su alcune merci, non hanno modo di effettuare una vera programmazione commerciale. Anzi, hanno in molti casi avuto la necessità di rivedere tutti i propri piani industriali, con diversi scenari in base alle diverse aliquote che potrebbero essere applicate. Con conseguenze nefaste, per l’esportatore e anche per gli importatore statunitense, costretti a licenziare dipendenti a causa di mancati acquisti e successive vendite interne dei beni importati.
Il 7 aprile prossimo si aprirà Vinitaly, l’importante fiera a Verona del vino italiano. Il vino è un classico esempio di difficoltà derivante solo dalla semplice ipotesi di introduzione dei dazi. Già dai titoli dei dibattiti e dei convegni programmati si può avvertire il nervosismo che serpeggia tra i produttori.
I dazi trumpiani, anche solo paventati, stanno già causando conseguenze nefaste nella vendite. Con effetti immediati. Questo perché una nave in partenza oggi arriverebbe probabilmente a New York dopo metà aprile. Se in queste due settimane il Presidente Trump imponesse dazi del 200% su ogni bottiglia, i prezzi i prodotti delle bottiglie italiane lieviterebbero di tre volte. Il tutto in una quindicina di giorni
La conseguenza a tale incertezza è stato l’annullamento immediato di tutti gli ordini di vino italiani. E i magazzini italiani traboccano di vino in precedenza ordinato e adesso invenduto. La Regione Toscana in particolare ha subito un contraccolpo pesantissimo. Già deve sostenere la crisi di altri settori importanti in termini di fatturato come le pelli di Santa Croce e i filati di Prato.
Già sta osservando il difficile momento delle industrie della Moda a Scandicci, molte delle quali con dipendenti cassaintegrati
Sono questi settori economici che hanno risentito già dallo scorso anno la grave situazione internazionale, specie con la Russia e con alcuni paesi arabi.
Il vino ancora invece no. Le previsioni fino alla vendemmia 2024 erano positive. Ma adesso, con la metà del fatturato globale vitivinicolo che poggia sull’export americano, la situazione potrebbe repentinamente cambiare.
I numeri mettono i brividi. Si stima una perdita complessiva di 60 milioni all’anno
Tutti i produttori si augurano che presto la furia trumpiana diminuisca. Nel frattempo si sussurrano a anche le richieste di politiche di sostegno al settore del Governo Italiano, tanto per consentire ai produttori di riprendersi dallo shock dei magazzini pieni di bottiglie in Italia e dei conseguenti scaffali vuoti di vini italiani oltreoceano.
Si stima che una bottiglia di Chianti che adesso a New York è venduto mediamente a 12 dollari, balzi improvvisamente a 36. Impossibile reggere senza serie conseguenze
In tutto questo trambusto è assordante il silenzio dell’Unione Europea. I produttori di vini e liquori europei sperano in una negoziazione bilaterale Bruxelles-Washington per ricercare tariffe doganali che siano meno invasive possibili.
Si parla di un mercato europeo enorme che ricomprende oltre ai vini da tavola italiani, francesi, spagnoli, whisky scozzese, champagne francesi, prosecco italiano, grappe e vini liquorosi prodotti qua e là nel vecchio continente
E sperare che molte aziende possano reggere, dopo le guerre in Ucraina e nel Medioriente, all’impatto della guerra dei dazi.
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