Sembra che il giorno del funerale di Jean-Paul Sartre, un ragazzo che assisteva al corteo funebre, accompagnato da scene di isterismo collettivo per quello che fu il guru del ’68 francese, sia caduto da un balcone schiantandosi sulla bara del maestro.
Raymond Aron spesso critico con Sartre pare che, come narrato da Montanelli, fosse commosso e scosso dalla morte dell’amico/avversario. E tra una lacrima e l’altra commentando l’incidente del ragazzo abbia affermato che se solo quel giovane avesse letto appena un rigo di Sartre, si sarebbe ben guardato dal morire sul suo feretro.
Questo aneddoto, con una simile affermazione descrive esattamente il basso livello culturale che sta uccidendo la politica in questo paese. Un basso livello di formazione politica, storica che ha radici profonde. Un vuoto che non viene dall’oggi. Come niente di solito viene dall’immediato presente.
1968: evoluzione o involuzione?
Ci sono profonde ragioni storiche che hanno seguito l’evoluzione o l’involuzione di quello che fu il ’68. Di quella che dovrebbe essere stata una rivoluzione.
Io non ho mai capito quali benefici abbia portato all’umanità, quali grandi stravolgimenti sociali Il ’68, se non in senso di confusione più che di progresso.
Massimo rispetto per la grande mitizzazione, per l’entusiasmo di chi ha vissuto quegli anni da giovane. Ma in Italia il risultato è stato creare una torba di ignoranti. Una torba di ignoranti che poi tra l’altro si è messa senza alcuna remora in cattedra ad insegnare.
E come tutti coloro i quali vivono degli insegnamenti appresi da una sola fonte, sono certi di detenere tutto lo scibile umano. Ed invece che farsi guidare dal dubbio, dal desiderio di approfondire, dal mettersi costantemente in discussione, predicano presunte verità che magari non approfondiscono. Ma difendono alla stregua di dogmi divini.
Il loro stile lo abbiamo pagato molto caro nella decadenza delle nostre istituzioni.
5Stelle e Rodotà
Un esempio di quello stile sono i tanti pentastellati che pontificavano su Rodotà, persona assolutamente stimabile. Ma della quale forse i più arditi avevano letto alcune pagine, e con poche eccezioni qualche opera i più semplicemente riportato qualche citazione sentita da qualcun altro. Lo dico non essendo un profondo conoscitore dell’opera di Rodotà, ma anche non avendo mai pontificato i suoi insegnamenti.
L’abbassamento culturale ha colpito gravemente la qualità della classe politica nelle nostre istituzioni. Con un problema di una classe dirigente generalmente impreparata. Non solo da una parte poiché i danni del ’68 si sono espansi a tutti. E tutti i giovani hanno cercato di fruirne più o meno sia che fossero entusiasti o che non lo fossero.
Checché se ne dica, prima c’era una classe politica preparata.
Il ’68: una rivoluzione per ricchi
Per carità magari anche a me sarebbe piaciuto, con l’immaturità di adolescente, vivere in un mondo dove ti davano la promozione a prescindere dalla preparazione. Potevi sperperare i soldi di papà invece che sgobbare sui sui libri. Perché quella rivoluzione fu una rivoluzione fondamentalmente svolta da figli di ricchi borghesi. Che contestavano le loro ascendenze familiari più che vere rivendicazioni sociali.
C’era poi una rivoluzione sessuale in corso ed erano i ragazzi ad insegnare agli anziani. Ma con la mia maturità di uomo mi sarei reso conto di aver perso qualcosa. Mi sarei reso conto che era profondamente ingiusto.
Profondamente ingiusto perché un pezzo di carta è un pezzo di carta. Non ha valore se non vi è dietro la serietà nell’assegnazione di questo pezzo di carta. Certificare cento lauree ad un ignorante, ne fanno sempre un ignorante.
Ecco perché chi vuole l’abrogazione del valore del titolo paradossalmente mira a valorizzarne il peso. Poiché in questo l’esempio americano è perfetto. In America non conta avere una laurea. Conta quale istituto ti rilascia quella laurea. Harvard, Princeton, Stanford, Yale sono non solo costose ma anche estremamente selettive. Chi ottiene il titolo in quelle università deve per forza di cose superare esami complessi.
Avrei maturato nel tempo che era stato un periodo profondamente ingiusto perché una generazione successiva rappresenta la speranza, la conservazione, il progresso. Ma non può ignorare l’importante ruolo formativo ed il debito per il fatto stesso di esistere con la generazione dei propri padri e con le generazioni precedenti ai propri padri che ne fanno la storia.
Ignoranti che impongono la loro ignoranza
Ora la cosa più grave è che questi ignoranti del ’68 impongono con arroganza una nuova insindacabile dottrina. Arrivando a stravolgere i diritti ottenuti da quelle che sono veramente le grandi rivoluzioni. Ma che avevano alla base grandi pensatori, meravigliosi filosofi, uomini di vera illuminazioni intellettuale.
Nessuno che abbia un briciolo di intelletto può pensare di paragonare la rivoluzione del sei politico, alla rivoluzione francese o a quella americana.
Oggi c’è la pulizia del linguaggio, c’è la pulizia del pensiero. Si viene messi all’indice per opinioni che vanno controcorrente. Si condanna tranquillamente la storia occidentale senza conoscerne tutti gli aspetti e si esalta la storia di civiltà altrettanto cruente solo ed esclusivamente per un partito preso.
Solo perché si continua a processare quello Occidente che dava già tutto a quegli studenti che oggi hanno potuto fare solite carriere.
La mia paura più grande è che questa navigazione a vista, di pensatori profondamente impreparati e a critici verso se stessi e la loro storia personale rischi di condurre l’intero Occidente verso gli scogli, alla deriva.
Non c’è peggior timoniere di quello che pretende di non aver mai bisogno di correggersi in corso d’opera.
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