Ormai a Roma si stava lavorando per liquidare definitivamente il regime fascista. Soprattutto si stava lavorando per mandare via Mussolini. L’Italia non poteva più sostenere la guerra. Lo sapeva l’altro comando, lo sapeva il Re, lo sapevano i gerarchi, ne ero certo il popolo ed ormai lo aveva capito anche Mussolini.
In quel fatale luglio del 43, il giorno 19 ci fu l’incontro di Feltre. Sembra si ritrattasse di un monologo più che di un dialogo vero e proprio. Con il Führer che rilevava tutte le mancanze dell’Italia, ne rimproverava l’assoluta inettitudine, che a suo avviso era imperdonabile.
Mussolini sembrava assente, spaesato. Cercò varie volte di far capire ad Hitler che l’Italia non era in grado di continuare in queste condizioni, ma non ebbe il coraggio di dirglielo in maniera definitiva. Il generale Ambrosio, Capo di Stato Maggiore del regime fascista che accompagnava il Duce gli aveva chiesto di trovare il modo di allontanarsi dalla Germania.
Di sicuro Hitler aveva capito benissimo che gli italiani non erano in grado di difendere efficacemente il loro territorio. Ma non era disposto a lasciarli andare persona pace separata, cosa ti probabilmente Mussolini aveva intuito.
Essendo in corso il bombardamento di Roma il capo del governo chiese di rientrare, prendendo tempo.
Confidò ai suoi collaboratori di temere la reazione tedesca.
Subito dopo Vittorio Emanuele III gli fece chiaramente capire che la situazione era insostenibile, come alle garanzie tedesche di supporto.
Sembra che Mussolini rimase apatico anche dopo questo incontro, ormai veniva trascinato dagli eventi.
Era entrato in un gioco molto più grande di lui e ne era totalmente in balia.
Leggi anche: Felicissima Sera: finalmente senza false ipocrisie. Legnate al politically correct
www.facebook.com/adhocnewsitalia
Tweet di @adhoc_news
SEGUICI SU GOOGLE NEWS: NEWS.GOOGLE.IT