Il razzismo strisciante è proprio delle società borghesi occidentali capitaliste e sostanzialmente retrograde e bigotte.
Ogni aspetto della nostra vita grida alla discriminazione ed alla stereotipizzazione in omaggio ad un bagaglio valoriale stantio e del tutto inaccettabile.
In Italia è da anni in atto un chiaro proliferare di stereotipismo a favore del maschio bianco, è un dato di fatto. Fatevene una ragione.
Il patriarcato ed il machismo permeano ogni ambito della nostra vita, relegando ‘l’altro’ a ruoli marginali e subalterni.
Tale discriminazione risulta particolarmente odiosa nel simbolismo, financo nelle rappresentazioni sociali, nella pubblicità, nei media.
Fino ad arrivare al razzismo della segnaletica stradale
Solo l’altro giorno mi sono imbattuto in un cartello di divieto di accesso pedonale.
L’abitudine e indottrinamento di cui sono stato vittima fino dalle scuole primarie, influenzate dalla propaganda clericale e vaticana, non mi permettevano di coglierne gli aspetti razzisti.
Troppo spesso passati sotto silenzio.
Ma come folgorato sulla via di Damasco, ad un tratto tutto mi è parso chiaro nella sua evidente realtà.
Pensiamoci: una società retrograda e patriarcale non poteva partorire immagine diversa per impedire l’accesso.
Si vede un uomo dai chiari caratteri africani cerchiato di rosso nel senso di divieto.
Egli appare rappresentato chiaramente con tono dispregiativo, chino e prono nella posizione, sconsolato nella espressione, destinato ad una posizione di subalternità.
È appiedato, ecologico che sa fare a meno di mezzi inquinanti, ma la sua rappresentazione evoca comunque negatività.
Non solo, ma il suo incedere è stigmatizzato e biasimato da un cerchio rosso.
Un cerchio rosso che lo pone al di fuori della società, lo isola, lo rifiuta, lo pone al pubblico ludibrio, accusandolo di fatto di ogni nefandezza.
Questa cerchiatura accenna e strizza l’occhio ovviamente ad una repulsione, ad una negazione dell’altro e del diverso, in una spirale che spinge alla violenza.
Egli, probabilmente un migrante che fugge dalla guerra e ci pagherà presto la pensione, è interdetto nel suo diritto di ingresso. Fermato, deriso, imprigionato in una terra di nessuno.
Egli appare indifeso alla violenza razzista che di lì a poco sicuramente si scatenerà al di fuori di quel cerchio rosso.
Una eredità del ventennio
Peraltro la segnaletica stradale risale alle epoche più buie dello scorso secolo, connotata dalle ideologie nazifasciste e di apartheid, dove la popolazione di colore era associata ai comportamenti negativi.
È in quegli anni che nasce il motorismo con le conseguenze che oggi tutti noi patiamo, dai cambiamenti climatici al Covid.
Infatti ciò appare chiaro nel segnale di divieto dove il fratello nero cammina umiliato verso sinistra.
Quasi a censurare il suo incamminarsi verso un cammino di sinistra, di pace, di libertà e di amore ecumenico.
Nel segnale positivo, di libero accesso la figura incede sfacciatamente verso la sua destra.
Il divieto è associato al rosso, colore di uguaglianza e libertà e di sinistra, il permesso al blu, colore insipido e di vago sapore alludente al fascismo e berlusconismo deteriore. Di destra.
Quella destra fascista, sovranista e populista che trasuda razzismo da ogni suo poro.
Al bianco tutto è permesso
Il segnale di area pedonale è del tutto invertito rispetto al precedente.
E non poteva che essere così in una società perbenista e razzista come la nostra.
L’area pedonale è positiva, ariosa, rassicurante. Accogliente ed esclusiva. Riservata agli Eletti.
E il suo protagonista ovviamente è un maschio tutto bianco. Rappresenta la fallocrazia.
L’area pedonale, permessa ed incoraggiata, è difatti indicata da una figura con connotazioni maschili, bianche caucasiche.
Egli appare spavaldo, padrone, nel suo incedere sfacciatamente impettito, rigidamente e marzialmente tronfio.
Sicuramente ha appena parcheggiato il suo Suv altamente inquinante e di grossa cilindrata, ora superbamente vuole appropriarsi della natura che ha appena violato.
La sua figura, il suo portamento sono evidentemente rappresentati in maniera diametralmente opposta al precedente.
Può andare dove vuole, nulla gli è impedito o interdetto.
Lui è Bianco.
Il suo White privilege lo connota e lui non se ne vergogna, anzi se ne gloria, lo sfrutta fino all’ultima stilla.
Pronto a colpire la diversità, pronto a denigrare le moderne istanze. Lo si vede già nel suo slancio discriminatorio.
Questa sua nauseante sicumera puzza della fogna del peggiore sciovinismo maschilista, ed in definitiva nostalgico.
È chiaramente un soggetto pronto alla prevaricazione anche nei confronti delle donne, si nota dalla espressione dei suoi occhi, dal suo volto crudele: il femminicidio è nel suo DNA.
L’omofobia il suo credo.
Tale discriminazione deve finire. Odora di razzismo nauseante.
È ovvio che tale semantica racchiuda segnali subliminali che associano la positività al genere maschile ed alla etnia caucasica.
Il divieto è riservato alla etnia africana e di colore. Il Permesso al bianco prevaricatore di destra.
Lo Stato italiano non può più essere complice nello stampare ed installare siffatti segnali di odio.
Queste prevaricazioni sono ignobili ed inaccettabili per un paese che voglia dirsi democratico e genuinamente antifascista, ecologico, gayfriendly, lgbt oriented e politically correct, plastic free, vegan, liberal e radical chic.
Una società realmente equa e solidale non può accettare tutto questo.
Da oggi ci adopereremo per mutare questo stato di cose, azioni saranno poste in essere affinché il nuovo Codice della Strada sia genuinamente inclusivo e rispettoso delle diversità. Delle specificità etniche e dei 56 sessi esistenti.
Perché tutto questo insopportabile razzismo e neofascismo cessi.
Noi ci scherziamo sopra, ma là fuori c’è gente che la pensa davvero così.
( E..sì: le due sagome sono identiche e camminano nella stessa direzione.. )
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