L’Islam e il suo volto

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L’Islam e il suo volto

L’Islam, contrariamente all’Occidente che nasce nell’antica Grecia come entità politica, cioè aggregativa, è per sua natura altamente impolitico.

Il termine “impolitico” deve essere inteso, in questo contesto, nella sua accezione di contrario all’aggregazione pacifica degli esseri umani.

Se nella dimensione del politico l’essere umano si incontra per evitare o risolvere un conflitto al fine di preservare il bene comune, nella dimensione impolitica l’essere umano, al contrario, crea un conflitto per evitare l’incontro.

Non è un caso, del resto, che lo strumento politico della Grecia antica, da cui deriva l’idea di democrazia occidentale odierna, era il dialogo che si svolgeva o nell’agorà o nell’Areopago, mentre lo strumento “politico” dell’Islam è la Jihad, la guerra santa, la violenza.

Nella visione islamica, infatti, il mondo è suddiviso in due parti nette e separate: da un lato il “Dar al-Islam”, cioè la parte del mondo già sottomessa all’Islam, dall’altro lato il “Dar al-ḥarb”, cioè la parte del mondo in cui è lecito condurre la guerra al fine di sottometterla all’Islam.

Gli islamici che vivono nella parte sottomessa, peraltro, hanno il compito di condurre la guerra, mediante la Jihad, nella parte non islamica per islamizzare gli infedeli che islamici ancora non sono.

In questo scenario è possibile definire impolitico l’Islam per tre ordini di ragioni

1) In primo luogo, perché per la dimensione politica non c’è un autentico spazio nella prospettiva islamica dell’esistenza, poiché la dimensione teologica con i dettami di Allah non lascia spazi vuoti, tanto che i precetti di ordine politico sono contenuti e disciplinati dallo stesso Corano.

2) In secondo luogo, la creazione di un incontro politico, cioè aggregativo, viene meno ancora prima che possa profilarsi, poiché il medium relazionale non è il dialogo, ma la guerra che conduce all’atto di sottomissione.

3) In terzo luogo, l’Islam è sostanzialmente impolitico perché si fonda su una concezione della vita in cui tutta l’esistenza, cominciando da quella più propriamente politica, è scandita dalla insanabile dicotomia fedeli-infedeli, in cui i primi devono assoggettare o eliminare i secondi.

Con lo scontro bellico come fondamento unico dei rapporti tra individui, tra gruppi o tra popoli, è sostanzialmente impossibile creare una comunità politica, come, per esempio, quella democratica ateniese o quella occidentale odierna.

Non abbiamo nulla da spartire con l’Islam.

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