Eccoci qua, puntuali come un orologio svizzero. Gli avvenimenti di Colleferro hanno improvvisamente riportato alle luce il fascismo. Contrariamente a quanto si possa pensare, questa volta i nostalgici del Ventennio non c’entrano nulla. Per l’occasione, oltre alla consueta stampa politicamente schierata, a tessere le fila della presunta trama nera è stata una nota influencer. Secondo l’illustre signora, infatti, l’unico modo per risolvere il tragico omicidio di Willy sarebbe quello di “eliminare la cultura fascista”. Che piaccia o meno il fascismo, così come il comunismo e la democrazia liberale, innegabilmente ha avuto una propria cultura. Ricondurla al prototipo del giovane tatuato e palestrato è una pura mistificazione, nonchè un vero e proprio schiaffo all’onestà ed al lavoro di molti intellettuali che nel corso della loro vita hanno dedicato tempo e fatica allo studio del fenomeno. Eppure qualche giorno prima dei fatti di Colleferro un altro giovane, Filippo Limini, è morto a Bastia (Umbria) in quanto vittima di un violento pestaggio. In questo caso, nessun Vip si è scomodato a pubblicare post di solidarietà e nessun media ha osato evocare strumentalmente il fascismo. Insomma, ultilizzare impropriamente il termine “fascista” è tipico di quel mainstream che, in maniera ipocrita e vigliacca, ha adoperato due pesi e due misure di fronte ad eventi la cui brutalità è praticamente la medesima.
All’armi siamo (ancora?) fascisti?
Questo è il titolo di un libretto di Luigi Iannone uscito qualche anno fa per la collana fuori dal coro de Il Giornale. L’opera calza a pennello con quanto sta emergendo negli ultimi giorni. Vediamo il perchè. Secondo l’autore, lo spauracchio del “pericolo fascista” risorge durante il periodo primaverile, cresce e si sviluppa durante il periodo estivo e muore con l’arrivo della fredda stagione. Iannone spiega così questo incurabile status patologico. «A spingerli è un connaturato e insopprimibile manicheismo che, ormai, non tentano nemmeno più di nascondere. Una spocchiosa alterigia che impedisce loro di analizzare con serenità i tasselli del mosaico.» Storicizzare il fascismo? No, grazie. La Seconda Guerra Mondiale è finita da un pezzo, ma ancora oggi si vive in un clima da guerra civile quando si toccano determinate tematiche. Urge, pertanto, metabolizzare il prima possibile questo particolare periodo storico in maniera tale da poter affrontare al meglio le insidiose sfide del futuro.
La lezione di Prezzolini
Nel 1978 fu data alle stampe “Intervista sulla destra”, una delle opere più note di Giuseppe Prezzolini. Proprio nelle parti finali del testo è possibile dedurre alcune battute che ben si legano con quanto finora esposto. “La Destra deve conservare la grande eredità – ancora valida – del passato, proteggendola dai moderni vandali e barbari.” E ancora. “La Destra, giacché non può sperare – almeno in Italia – in un successo entro tempi brevi, deve puntare sui tempi lunghi, ricostruendo e affinando la sua cultura – anche politica – invece di esaurirsi nella politica spicciola del giorno per giorno.” Parole quanto mai attuali e che ben descrivono il modo in cui la cosiddetta destra dovrebbe porsi nei confronti di alcune questioni. Di fronte a chi vorrebbe esportare da oltreoceano il modello BLM, il cui fine è quello cancellare la storia e l’identità italiana in nome della lotta al razzismo ed al fascismo, occorrerà rispondere proprio con la cultura e non con la solita retorica delle frasi fatte e degli slogan. In tal senso, il clamore mediatico generato attorno ai fatti di Colleferro ha dimostrato ancora una volta come la destra debba fare molto in questa direzione.
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