Gli effetti del Coronavirus iniziano a farsi sentire. Gli ultimi dati sul Pil italiano confermano la tendenza negativa. Crollo del 12,4% nel secondo trimestre e calo tendenziale del 17,3%, contrazione mai così bassa dal 1995. Questo trend viene confermato anche dal Centro Studi di Confindustria il quale ha giudicato i suddetti dati molto negativi rispetto alle precedenti attese. Di parere opposto, invece, il Ministro dell’Economia Gualtieri. “Le stime diffuse oggi dall’Istat sul Pil del secondo trimestre, pur negative a causa dell’inevitabile impatto della pandemia sui diversi settori produttivi, indicano una flessione meno grave di quanto atteso dalla maggior parte delle previsioni (la stima media era di un ribasso superiore al 15%) e pari a quasi la metà del calo atteso dalle previsioni più negative circolate nelle ultime settimane”.
Al di là di ogni retorica, tuttavia, a parlare chiaro sono i dati. Tra aprile e giugno è stata registrata, in termini congiuturali, una perdita di 50 miliardi di euro. Dunque, l’Italia si trova nel pieno della recessione economica. “La variazione congiunturale del Pil è la sintesi di una diminuzione del valore aggiunto in tutti i comparti produttivi, dall’agricoltura, silvicoltura e pesca, all’industria, al complesso dei servizi.” ha dichiarato l’Istat nel proprio comunicato stampa diffuso lo scorso 31 luglio. “La caduta del Pil si colloca all’interno di un contesto internazionale dove le principali economie registrano riduzioni di analoga portata a causa del diffondersi della pandemia”, ha ribadito sempre l’Istituto di statistica.
Lo “Stato imprenditore” e la rinascita economica
Il punto cardine dal quale partire si chiama sovranità monetaria. Uno Stato senza la possibilità di battere moneta non può considerarsi a tutti gli effetti sovrano nell’attuare un serio rilancio della propria politica economica. Assodato questo fondamentale aspetto, inoltre, bisognerebbe ritornare al giusto equilibrio tra pubblico e privato. La nascita di un nuovo piano energetico, agricolo e industriale posto in essere nel rispetto delle vocazioni culturali e ambientali dei territori rappresenta una prerogativa indispensabile affinché possa rinascere anche il mondo delle micro, piccole e medie imprese, vero motore dell’economia italiana. Il ritorno allo “Stato imprenditore”, pertanto, potrebbe significare il giusto toccasana per affrontare al meglio le sfide della globalizzazione, pandemia compresa.
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