Lo stile
Mi fanno sorridere coloro che, pur di screditare l’urbanistica di un certo periodo storico per evidenti ragioni di tutt’altra natura, criticano anche, ad esempio, la solenne via della Conciliazione progettata da Marcello Piacentini e da Attilio Spaccarelli, via che conduce il pellegrino fino alla basilica collegandosi idealmente al porticato del Bernini.
La teoria dei grandi lampioni a forma di obelischi in pietra, che richiamano il grande obelisco egizio in granito rosso, posto al centro della piazza, in realtà hanno una funzione pratica, servono per creare con la loro disposizione, una illusione ottica che conferisca un perfetto allineamento con la basilica e la piazza
La corsa delle due file parallele, forma delle linee prospettiche, in modo da condurre lo sguardo verso il punto di fuga centrale. Per criticare l’opera, comunemente, viene estrapolata, fuori contesto, una frase dello stesso Bernini, il quale era perfettamente cosciente della involontaria sproporzione venutasi a creare col contesto circostante al ciclopico porticato da lui concepito a completamento della basilica e che cinge idealmente il fedele in un abbraccio.
Una monumentalità chiaramente sproporzionata e fuori misura se confrontata con gli angusti vicoli del rione Borgo
L’architetto constatò che il visitatore avrebbe avuto certamente un effetto sorpresa, talmente fuori luogo e inaspettata era una tale grandiosità se confrontata con gli spazi limitati e quasi soffocanti del borgo su cui non aveva avuto opportunità di intervenire. Via della Conciliazione, edificata nel XX secolo, conclude visivamente la logica della basilica e del porticato creando un effetto prospettico conforme a tutta l’architettura della città eterna.
Del resto, sia la Roma classica, che quella rinascimentale o barocca, come anche quella del neoclassicismo, è sempre immancabilmente caratterizzata da visioni prospettiche e da grandiose scenografie simili a quinte teatrali.
La teatralità del resto è la caratteristica di tutta l’arte e l’urbanistica barocca, spirito che conforma e modella gran parte della capitale conferendole il suo carattere peculiare.
Per comprendere meglio tali prospettive basti pensare alla chiesa della Trinità dei monti con l’adiacente piazza di Spagna e con la famosa scalinata settecentesca in travertino, progettata dall’architetto romano Francesco De Sanctis, scalinata che di diparte dalla chiesa e che sembra imitare la forma di una cascata d’acqua che ricorda quelle del giardino della Reggia di Caserta concepiti nello stesso secolo dal Vanvitelli, scala che si conclude con una vera fontana, quella della barcaccia del Bernini
Oppure pensiamo alla neoclassica monumentale piazza del Popolo di Giuseppe Valadier, collegata in linea retta a piazza Venezia da una lunghissima e rettilinea via del Corso che unisce le due piazze, distanti fra loro, con una ideale linea retta che attraversa gran parte del centro di Roma. Se vogliamo parlare di prospettive basti pensare alla barocca architettura di una delle più eleganti piazze del mondo, piazza Navona che con la sua forma ellittica, ricalca in modo architettonico l’antico stadio di Domiziano.
Anche via dell’impero, oggi via dei Fori Imperiali che con uno stile maestoso di gusto classico, collega il neoclassico Vittoriano, imponente ed edificato da Giuseppe Sacconi col candido marmo botticino, fino a raggiungere, costeggiando la passeggiata dei fori l’anfiteatro Flavio conosciuto come Colosseo
Ennesima visione prospettica, quella delle due scalinate convergenti di Santa Maria in Aracoeli e del Campidoglio, proprio alle spalle del Vittoriano. La stessa linearità rinascimentale ed anche un po’ barocca è ripresa al nuovo quartiere dell’EUR anche se interpretata con spirito moderno.
Un complesso con opere di più architetti ma con la guida di Marcello Piacentini e Giuseppe Pagano anche se di due scuole rivali
Lo stile è quello razionalista anche se dall’ evidente sapore metafisico di ispirazione quasi dechirichiana. Vi regna sovrana la prospettività, come in un quadro di Piero della Francesca. Sono strutture pregne di tradizione e di grande cultura italiana. Da ogni angolo si guardi l’assetto urbanistico del candido quartiere dell’EUR, vediamo regnare idealmente come protagonista assoluto, il punto di fuga, invenzione dell’umanista Leon Battista Alberti, non solo architetto ma anche matematico e filosofo.
Tornando alla via della Conciliazione, risultano quasi patetiche le critiche dal sapore nostalgico e strapaesano alla Mino Maccari che rimandano all’amabile romanticismo di “tiempe belle e ‘na vota”, uno spirito che rimpiange il borghetto col vinaio all’angolo, quadretto pittoresco in stile quasi macchiaiolo o alla Renato Fucini con un borghetto immaginato come le amate piccole cose di pessimo gusto dello scrittore fiorentino
Oppure, rimpianti che possono ricordare il bel mondo che fu dal sapore trasteverino, o le simpatiche e talvolta struggenti canzoni di un Petrolini o di una Gabriella Ferri se non addirittura di Romolo Balzani con “Na gita a li Castelli” e la sagra dell’uva e le caratteristiche fraschette.
Tutto simpatico e amabile, però non se ne può fare il motivo per un’alta critica estetico-urbanistica di livello
Questo perché la cosiddetta sorpresa inaspettata è stata una spiritosa e acuta osservazione del Bernini ma non di più, anche se a posteriori è stata mitizzata ma non ha mai rispecchiato né il gusto dei Cesari né quello dei Papi e tantomeno, per chi lo conosce e lo ha compreso nemmeno quello dello stesso Bernini. Infatti dimentichiamo che Gianlorenzo Bernini, oltre che architetto e scultore è stato anche un urbanista.
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