Lo strano caso della Repubblica Islamica

Ratifica

Lo strano caso della Repubblica Islamica, uno Stato con tratti arcaici e moderni, reazionario e fautore di emancipazione sociale ad un tempo.

Sappiamo che è un’impresa ardua, proprio in questo momento di forti tensioni internazionali, trattare con un minimo di oggettività di una realtà come quella dell’Iran degli Ayatollah, nato dalla enigmatica rivoluzione di Khomeini. Per trattare della Repubblica Islamica più serenamente, e cercare di capire gli avvenimenti, occorre analizzare l’humus da cui ha avuto origine questo originale, e per noi occidentali, inspiegabile, fenomeno politico.

Nel 1941, Reza Pahlavi, a causa della sconfitta militare dell’Iran e dell’esilio del padre, si era ritrovato Scià per diritto ereditario ma prevalentemente per volontà delle potenze vincitrici. Reza cercava malamente di ricalcare le orme del padre Reza Khan Pahlavi, il quale una volta conquistato il potere, era riuscito a tenere a bada sia i sovietici che erano entrati nel Paese ed avevano proclamato una Repubblica Sovietica in Persia, sia agli inglesi che pretendevano di sfruttare i giacimenti petroliferi del Paese

Generale dei cosacchi iraniani, Reza Khan, aveva conquistato il trono del Pavone e dato stabilità al Paese a cui cambiò anche il nome recuperando l’antica denominazione di Iran invece di Persia. Fece una politica simile a quella di Kemal Ataturk in Turchia, laicizzazione dello Stato, industrializzazione forzata e modernizzazione del Paese.

Morì in esilio dopo aver visto Sovietici e britannici occupare il proprio Paese. Il figlio Reza Pahlavi, nel dopoguerra, per reazione o per opportunismo, si appoggiò prevalentemente agli americani

Lo Stato sembrava andare incontro ad un periodo di tranquillità fino a quando, fu eletto Mossadeq, come reazione allo sdegno popolare causato da un omicidio politico ispirato da forze straniere. Mossadeq era un ministro di idee Socialiste moderate, il quale come tutti i politici progressisti dei Paesi in via di sviluppo, era anche nazionalista. Fu costituito un governo di socialisti, repubblicani, liberali e nazionalisti e appoggiato dal forte clero Sciita. In quel periodo in Egitto era salito al governo Nasser e in Argentina Peron proseguiva la sua politica di nazionalizzazioni.

Dato che gli inglesi avevano messo di nuovo le mani sulla produzione petrolifera iraniana, Mossadeq pensò bene di nazionalizzare la risorsa degli idrocarburi, creando panico in ambienti economici britannici

Fu in tal modo che i servizi segreti del Regno Unito, prepararono l’operazione Boot che trovò collaborazione nella CIA che organizzò una parallela operazione Ajax. Tutto questo con la complice sudditanza dello Scia’ il quale pur di salvare il trono non trovò nulla da eccepire.

Mossadeq fu processato e su di lui gravava la pena di morte. Quando gli fu chiesto di fare domanda di grazia, rispose con queste sprezzanti parole: “Non intendo presentare alcun appello contro una condanna a morte e non accetterò nessun perdono, anche se lo Scià deciderà di accordarmelo. Il perdono è per i traditori ed io sono invece la vittima di un intervento straniero».

Nonostante ciò, di fronte alla tensione interna, nessuno ebbe il coraggio di portare Mossadeq al patibolo

Lo Scià aveva ben compreso che sul Paese grava un’ipoteca e che in realtà quella iraniana era la posizione di un Paese che doveva subire una forma di  neocolonialismo economico.

Dopo il colpo di Stato di ispirazione angloamericana, fu messo fine allo stato di diritto e fu instaurata una dittatura personale dello Scia’ con metodi spietati. Riguardo al petrolio fu fondato un consorzio di compagnie statunitensi e inglesi associate che si spartivano i proventi.

La dittatura dello Scia’ si dimostrò fortemente repressiva nel tentativo di sopravvivere.

Dietro la vetrina appariscente di feste lussuose che occupavano prevalentemente la cronaca della stampa rosa internazionale, si nascose per anni una brutale repressione popolare fatta di arresti e torture

La finta occidentalizzazione di facciata provocò dopo qualche anno una crisi economica che generò scontento nel 1978 che si tradusse in oceaniche manifestazioni di protesta. La violenta repressione della famigerata polizia Savak, non servì. Lo Scià abbandonò frettolosamente il Paese per rifugiarsi in America.

Nel 1979, per quanto all’Occidente possa risultare sgradito ammetterlo, la democrazia fu ripristinata in Iran dopo un lungo periodo di assenza ed il petrolio, intorno a cui ruotavano gran parte di appetiti stranieri, fu nazionalizzato come dal programma della vecchia coalizione Socialista, repubblicana, nazionalista, liberale appoggiata dal clero Sciita, con a capo Mossadeq nel lontano 1953.

Cerchiamo di analizzare in provetta questo strano esperimento politico inaudito in quanto senza precedenti

E indubbio che l’attuale Iran sia uno Stato di tipo teocratico che si identifica sui valori religiosi dello sciismo, anche se non va confuso minimamente col governo dei Talebani di Kabul, o peggio con Califfato dell’ISIS, il nemico giurato della Repubblica Islamica e dei suoi alleati.

Va sottolineato che quella iraniana è una repubblica nata da una rivoluzione con un proprio parlamento eletto con elezioni e con vari candidati vari candidati in lizza rappresentanti le varie tendenze politiche.

Un Paese che adesso ha una costituzione

La politica economica non è certo di tipo reazionario come alcuni potrebbero credere ma vige una economia mista con libera impresa ed un libero mercato, non va dimenticato l’appoggio alla rivoluzione del Bazar, ma con le grandi risorse strategiche nazionalizzate. In fondo non molto diverso da come era in Italia nella prima Repubblica precedentemente alla comparsa del Britannia.

Osserviamo che il tipo di economia è analogo a tutti quei Paesi che si sono ispirati al socialismo arabo o ai Paesi latino americani che hanno abbracciato la terza via di ispirazione bolivariana.

Certamente è un Paese con una cultura molto lontana dalla nostra logica cartesiana con la netta scissione tra mondo reale e mondo spirituale, due universi quasi opposti

Le donne iraniane, nonostante siano costrette a portare un velo, nei luoghi pubblici, sono incoraggiate ad inserirsi nel mondo produttivo a livello professionale in quantità maggiore che in Italia. Ad esempio un dato importante. In termini assoluti, l’Iran è uno dei maggiori produttori di ingegneri.

Ne produce ogni anno, da solo, poco meno degli Stati Uniti d’America. Di questa cifra sbalorditiva, ben il 30% sono donne. In Italia, della esigua produzione di ingegneri, meno del Vietnam, le donne che si immaginano essere tanto più emancipate, rappresentano solo un misero 15% in proporzione ai maschi.

Le donne presenti nelle professioni più prestigiose rappresentano in Iran una grossa presenza nel mondo del lavoro

Questa è la strana e del tutto inusitata Repubblica Islamica che ha molte ragioni per aver perso la fiducia sia nell’Occidente che nel processo dell’occidentalizzazione forzata, pagata a caro prezzo con arresti arbitrari e con l’ indebita appropriazione delle risorse del Paese.

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