Il commercio di avorio è vietato in tutto il mondo, eppure c’è una nazione che nel 2017 ne ha esportato, legalmente, 72 tonnellate: è la Russia. In Russia gli elefanti non vivono, ma vivevano almeno fino a 5 mila anni fa i mammut. Ed è l’avorio delle loro zanne, ritrovate in Siberia nel permafrost (il terreno perennemente gelato), quello che viene ora ricercato ed esportato per l’80% in Cina.
I resti congelati dei colossi lanuti dalle lunghe zanne stanno diventando una risorsa importante per le popolazioni della regione siberiana della Yakuzia. La normativa europea proibisce il commercio dell’avorio risalente a dopo il 1990. Consente il commercio di oggetti in avorio lavorato se prodotti prima del 1947, mentre quello tra il 1947 e il 1990 può essere venduto solo con un certificato che ne attesti la provenienza. Ciò non toglie che circa 35 mila elefanti ogni anno vengano uccisi illegalmente in Africa per esportare l’avorio soprattutto nei Paesi asiatici.
La domanda di avorio, che continua a crescere, favorisce la ricerca di «fonti» alternative, come per esempio le zanne di mammut. Si stima che nei terreni gelati siberiani siano conservate 500 mila tonnellate di avorio. La legge russa impone una licenza per chi vuole raccogliere avorio di mammut, ma il commercio non è del tutto regolarizzato e ci sono molte zone d’ombra. L’avorio di mammut di buona qualità viene venduto a circa 900 euro al chilo in Cina: per una zona povera e desolata come la Yakuzia è una risorsa importante.
Con il rischio, però, di creare un danno ambientale (vengono usati getti d’acqua in pressione per scavare i «tunnel d’avorio» nelle rive dei fiumi siberiani dove si concentrano i resti dei pachidermi primitivi) e scientifico, in quanto molti reperti che potrebbero essere studiati dai paleontologi vengono distrutti. Ma i raccoglitori sono orgogliosi delle loro ricerche: «Grazie alle nostre zanne fossili, gli elefanti in Africa non vengono uccisi».