Lotta all’evasione fiscale per uscire dalla crisi? Sì, ma solo contro i colossi del WEB

Lotta all’evasione come strumento per la ripartenza, il solito cavallo di battaglia della sinistra ma utilizzato in modo sbagliato

Tra i vari modi proposti per reperire le risorse per consentire al governo di rilanciare l’economia non è mancato anche il cavallo di battaglia della sinistra italiana, la lotta all’evasione. In realtà da un punto di vista etico e costituzionale l’idea sarebbe corretta. Del resto il sistema tributario italiano è ideato, potenzialmente, per redistribuire la ricchezza in modo più equo. Ma da un punto di vista macroeconomico l’idea è quasi completamente inutile. E ribadiamo il “quasi”. Vediamo perché.

PERCHÉ E’ INUTILE

E’ inutile per un motivo quasi aritmetico. Facciamo un semplice esempio: prima della crisi il reddito globale a disposizione degli italiani era 100. Dopo la crisi 80. Con la lotta all’evasione lo Stato non creerebbe nuovo reddito – che resterebbe 80 – ma semplicemente toglierebbe a qualcuno per dare a qualcun altro. Ma resterebbero sempre 80. Il compito del governo, in questo momento è quello di far ripartire l’economia attraverso un abbassamento della pressione fiscale creando più reddito spendibile per le famiglie. E, soprattutto, deve incrementare la spesa pubblica immettendo, quindi, nuova liquidità nel sistema. Affinché quegli 80 di reddito globale tornino il prima possibile ad essere 100. Certo, con un proprio istituto di emissione tutto questo sarebbe stato molto più semplice, ma qui entriamo in discorsi di economia monetaria e non di scienza delle finanze.

QUANDO POTREBBE ESSERE UTILE

La lotta all’evasione fiscale sarebbe utile se portata avanti contro quei soggetti che drenano liquidità in Italia e la portano fuori dai confini nazionali. Stiamo parlando dei grandi colossi del WEB. I quali, in realtà, più che evadere, eludono gli obblighi tributari infilandosi nelle pieghe di una normativa tributaria farraginosa e non al passo con i tempi. E così non solo non versano il dovuto nelle casse dell’Erario, ma grazie ad una tassazione inesistente praticano anche una concorrenza sleale nei confronti dei commercianti tradizionali italiani.

LE CIFRE

Il ministro Gualtieri, in un’intervista di fine 2019, ha dichiarato che da un’eventuale web tax che incidesse per il 3% dei ricavi da vendite digitali il gettito sarebbe stato pari a 600 milioni. Ciò significa che i ricavi totali delle grandi società di internet, stimati dal governo, dovrebbero aggirarsi 20 miliardi. Se presumiamo una redditività, per approssimazione al ribasso, del 60% il reddito imponibile sarebbe pari a 12 miliardi. Il che equivarrebbe ad un gettito IRES e IRAP di oltre 3,1 miliardi di euro e IVA per oltre 2 miliardi. Quindi oltre 5 miliardi all’anno che in questo momento farebbero enormemente comodo e che, invece, se ne escono dall’Italia creando così un doppio danno all’economia nazionale.

MANCANO I MEZZI O LA VOLONTÀ?

Viene da chiedersi se a questo governo, alla ricerca spasmodica di soldi manchino più i mezzi o la volontà. I mezzi ci sarebbero, prova ne sia che l’Italia è il primo Stato che è riuscito a far sedere ad un tavolo la Apple e farle pagare quanto dovuto per le vendite in Italia. Resta quindi la volontà. E il coraggio. Di mettersi contro i colossi americani e cinesi. Speriamo che il governo ci dimostri che ci stiamo sbagliando e ci smentisca quanto prima.

 

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