Lotta all’inflazione: siamo sicuri che la politica monetaria europea sia utile?
Christine Lagarde annuncia che a breve ci sarà un ulteriore rialzo dei tassi di interesse come misura per contrastare l’inflazione galoppante, ma questa scelta, sebbene comprensibile dal punto di vista macroeconomico potrebbe rivelarsi fatale per famiglie e imprese che dovranno far fronte a un’ulteriore impennata delle rate di mutui e finanziamenti, e, in ultima analisi, anche per l’economia italiana.
In Europa
Ciò, almeno che i risultati della politica europea non diano risultati in un tempo relativamente breve e se nel frattempo si sapranno individuare politiche di sostegno idonee a consentire al Paese di navigare in questa ennesima tempesta senza naufragare.
Il tasso di inflazione registrato a Giugno si attesta sul 6,4%, senza quindi ulteriore rialzo rispetto a maggio, ma comunque molto lontana dal target del 2%. Le conseguenze sono immediatamente visibili per i consumatori che vedono aumentare di un +10% i prezzi al consumo (e si paventano ulteriori aumenti).
Imputate principali del rialzo dei prezzi secondo la Lagarde e secondo il Fmi sono prevalentemente le imprese che hanno reagito all’aumento dei fattori di produzione dovuti alla situazione internazionale, mediante uno scarico sui consumatori salvaguardando i profitti, con ciò segnando una imprevista e tutto sommata nuova modalità di reazione.
Se prima, infatti l’aumento dei costi era riassorbito nei margini di profitto, questo anno così complicato ha completamente mutato il paradigma. Nel 2022 i profitti unitari hanno contribuito ai 2/3 all’inflazione registrata mentre nei 20 anni precedenti, il loro contributo era limitato a 1/3 circa.
I tassi
Lungi dalle intenzioni di chi scrive criminalizzare il profitto, è bene precisare tuttavia che i consumatori non possono pagare il prezzo di una inflazione così elevata.
E, usare con una certa spregiudicatezza nel maneggiare la leva del rialzo dei tassi di interesse è piuttosto pericolosa, rischiando di ulteriormente aggravare la situazione di famiglie e imprese quantomeno nel breve periodo.
Maggiori risorse per far fronte a mutui e finanziamenti dovrebbero limitare la domanda conducendo progressivamente a un abbassamento dei prezzi. Il ragionamento macroeconomico torna, al netto delle variabili, eppure una domanda non può essere elusa: e nel frattempo? Che succede alle famiglie che avranno maggiori difficoltà a spendere, o alle imprese che dovranno scegliere quali costi sostenere e quali no per poter far fronte all’aumento del debito?
Tutto questo, in una congiuntura economica piuttosto complicata in cui la produttività è bassa con ricadute sulla dinamica salariale.
Siamo proprio sicuri che la via maestra sia quella di rendere più difficoltosa la circolazione di denaro? E quali effetti avrà questa scelta sull’economia nazionale?
Meloni
Evidentemente, se “girano meno soldi”, l’economia soffre, la crescita potrebbe essere rallentata e, come anche sottolineato da Giorgia Meloni, alla fine la cura sarebbe peggio del male.
Altra domanda che non si può eludere: se è vero che l’evento “guerra” in Ucraina con le conseguenze energetiche sicuramente non poteva essere previsto, è pur vero che da tanto tempo si prevedeva un aumento dell’inflazione. Perchè non si è agito per tempo? E perché non è stata applicata quella maggiore progressività invocata qualche settimana fa da Ignazio Visco.
Il Governatore di Bankitalia centra in pieno il punto. Possibile che questo “botto” forse imprevedibile?
Domanda cui non è facile rispondere, sia ben inteso. Ma una riflessione merita farla anche alla luce di quanto rileva Carlo Bonomi, Presidente di Confindustria, che arriva a chiedersi se la BCE sia la Banca Centrale Europea o la Banca Centrale Tedesca, sottolineando come “la cura potrebbe uccidere il malato per accanimento terapeutico”e una fase di recessione potrebbe essere mortale viste le conseguenze in termini di occupazione, contrazione dei redditi e delle vendite.
Insomma, c’è molto da riflettere su questa politica monetaria europea!
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