In questi giorni Bergoglio, Mattarella, Draghi e Prodi, in compagnia di vescovi e sindaci, sono andati in gita al mare, addirittura a Firenze (la guerra ha modificato i programmi). Notizia clamorosa e surreale, se consideriamo che Firenze non è affacciata sul mare. Ma la Chiesa di Bergoglio ha deciso di rilanciare l’Operazione Mare Nostrum, puntando sul Mediterraneo. E ha scelto Firenze, perché il suo Sindaco più famoso, che non è Matteo Renzi ma Giorgio La Pira, mezzo santo e mezzo politico, promosse qui gli incontri mediterranei molti anni fa. Un sinodo del Mediterraneo, lo ha definito il cardinal Bassetti, presidente della Conferenza episcopale.
Ma una specie di sinodo a classi miste, abbastanza inedito perché mescola politici e religiosi ai massimi livelli, sindaci del Mediterraneo e Vescovi, clero e istituzioni. Un convegno politico-religioso, che in altri tempi si sarebbe detto teocratico, ma Dio in questo caso è defilato e disperso nel dialogo inter-religioso a sfondo umanitario: la Chiesa si pone come soggetto e interlocutore politico e morale con sindaci, schieramenti e istituzioni mediterranee. Il filo sommerso che le accomuna è di tipo progressista e umanitario, e si sofferma sul Mediterraneo come luogo di pace e di accoglienza, incentrato naturalmente sui migranti.
“La Carta di Firenze”
Gli incontri di La Pira erano pur sempre promossi da un sindaco, rivolti alla politica e ai sindaci del mondo, con l’invito esteso ai religiosi; ora è il contrario, è la Chiesa a invitare nella Basilica di Santa Croce e nello stadio di atletica gli uomini di stato e i politici, in una forma ecumenica di interventismo geopolitico e inter-religioso per firmare un protocollo, “La Carta di Firenze”.
Ma il titolo prescelto evoca il mondo antico: è “Mare nostrum”, ove il sottinteso è che nostrum sta per l’intera umanità, senza confini, e non il mare dominato da noi latini. Comprensibili le intenzioni umanitarie di Bergoglio e merita rispetto l’ispirazione ideale e morale di La Pira, però vorrei ricordare, anche ai laici intervenuti in questo sinodo politico, che il Mediterraneo non può essere ridotto solo a corridoio umanitario e luogo in cui si abbattono i confini e le frontiere per formare una terra senza soluzione di continuità.
Il Mediterraneo è il luogo sorgivo della nostra civiltà. Le matrici egizie e fenicie, greche e romane, cristiane e poi cattoliche e bizantine sono qui. Gli dei sono mediterranei. La cristianità ha il suo cuore nel Mediterraneo, ed ha la sua linea di confine con gli altri monoteismi; linea di confronto, si spera, anziché di conflitto; ma non di confusione. La civiltà del pensiero è sorta qui, in Grecia e in Magna Grecia. La civiltà del Diritto, della Lex e dell’Imperium è sorta qui, con Roma e Bisanzio. E la civiltà religiosa è fiorita qui, tra Betlemme, Gerusalemme, Roma. La civiltà delle arti e della grande letteratura è ancora qui, e magna pars fu ereditata dalla civiltà italiana.
Piano civile e nazionale
La nostra storia è qua, la nostra natura, la nostra cultura, perfino la nostra dieta è mediterranea. Qui nacque il pane, da poltiglia che era, qui nacquero il vino e l’olio. Siamo nati e cresciuti in questo bacino, che alle scuole elementari ci indicavano pupescamente come la culla della civiltà. Anche guardando il mappamondo, colpisce questo enorme lago (di Tiberiade per Bergoglio), vegliato agli estremi dalle colonne d’Ercole, che sembra davvero il cuore del pianeta.
Sul piano civile e nazionale, la politica estera italiana secondo lo storico Rosario Romeo si è sempre divisa in due linee: quella che sogna di valicare le Alpi, settentrionalizzare tutta l’Italia e aveva il baricentro nel Piemonte e oggi con l’Europa a Bruxelles. Fu la linea vincente nel Risorgimento, da Cavour a Giolitti, dalla Fiat in giù. C’era invece la linea mediterranea che fiorì con Crispi e poi crebbe con Mussolini, fino a Moro, Craxi e Andreotti che ponevano attenzione strategica privilegiata al Mediterraneo. Il fascismo fu apertamente mediterraneo, perché sognava l’egemonia imperiale sul mare nostrum, voleva proseguire nel solco della romanità e diffidava del mondo anglosassone, signore degli oceani.
Mediterraneo
Insomma quella mediterranea è una civiltà materna e solare, antica e plurale, radicata e navigata, motore di sviluppo, di relazioni e di turismo. Dire Mediterraneo non dev’essere un modo per voltare le spalle all’Europa, semmai per bilanciare la guida dell’Europa oggi situata nel nord; e per ricordare che l’Europa è nata qui e qui non vuole morire, ma riconoscere nel Mediterraneo l’altra gamba di un continente che vuole restare in piedi, con un grande passato e un promettente futuro.
Dire Mediterraneo non vuol dire solo soccorso umanitario e barconi, vuol dire civiltà, storia, vertici della fede, del pensiero, dell’arte, della cultura. Vuol dire anche sforzarsi di rendere compatibili le differenti culture, nazionalità, religioni che vi si affacciano, generando reciproco rispetto e attenzione, intensificando i rapporti e regolando i flussi, evitando in partenza le incaute avventure che producono morte. Vuol dire cioè fare i conti con la realtà e con le tradizioni che vi si affacciano.
E non uniformare tutto, confondere tutto. Perché tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare della realtà, e della storia. E il fatto che Firenze non sia sul mare mostra, anche simbolicamente, la carica utopica, irrealistica di questa pretesa cancellazione del mare e di ogni distanza nel Mediterraneo. Il mare c’è, preserva le identità e incoraggia i rapporti, non gli assembramenti, le invasioni e gli esodi massicci.
MV, Panorama
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