Mafioso – La valutazione sull’eventuale concessione di un permesso premio a un mafioso deve prescindere dal suo pentimento. Deve invece concentrarsi sull’attualità o meno dei suoi legami criminali. Sulla possibilità che il detenuto condannato per 416-bis possa riallacciarli. Sul percorso che ha seguito in carcere.
Semplifichiamo, non interessa il fatto che il mafioso non si sia mai pentito. Ciò che conta e che il detenuto si comporti bene. Che i suoi legami mafiosi non siano attuali. La domanda nasce spontanea. Dopo 25 anni di galera, forse avrà capito come fare…come possiamo Valutarlo? Ce lo dice lui?
Implicato nel sequestri Del Tongo, e Ciaschi, Il bandito Giovanni Farina fu scarcerato perché scrivendo poesie in carcere aveva dimostrato il proprio pentimento. Fu poi implicato nel rapimento Soffiantini e arrestato in Australia.
Le indicazioni della consulta
Con queste indicazioni la Corte di Cassazione ha dato al Tribunale di Sorveglianza di Milano. Ha annullato l’ordinanza che ha negato per la seconda volta in un anno il beneficio al mafioso Giuseppe Barranca, 66 anni di cui gli ultimi 25 trascorsi dietro le sbarre.
Giusepe Barranca fino al 2008 era in regime di carcere duro al 41-bis. Il boss di Cosa Nostra ora sta scontando ad Opera gli ergastoli per la stragi di Capaci, di via dei Georgofili a Firenze, via Palestro a Milano e via del Fauro a Roma.
Agli atti risulta che Barranca fu tra i progettisti e gli esecutori, trenta anni fa “dell’Attentatuni” La bomba al Giudice Falcone. Con la morte della moglie Francesca Morvillo. Morirono anche gli agenti di scorta, Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. Il 23 maggio 1992 trenta anni fa.
Permesso negato due volte in un anno
Dopo il primo stop al permesso premio da parte dei giudici milanesi, la Corte aveva disposto un nuovo esame in base al mutato quadro normativo importato dalla sentenza 253 del 2019.
Sentenza che ha dichiarato l’incompatibilità con i principi costituzionali di una parte dell’ordinamento penitenziario. Una sentenza che ha cancellato il concetto di “presunzione assoluta di pericolosità”. Che ha sostituito il “silenzio non collaborante” con la “persistenza del vincolo criminale”.
Secondo la sentenza della Consulta il Tribunale di Sorveglianza di Milano il secondo no alla richiesta di Barranca avrebbe alla base “una motivazione dalla matrice spiccatamente eticizzante, che indulge in più punti a osservazioni ispirate da moralismi”.
Si comporta bene ma non ha mai collaborato
In parole povere. I giudici Milanesi avevano sottolineato la condotta carceraria “ineccepibile” del condannato, che non ha avuto rilievi disciplinari, la sua formazione scolastica e la sua disponibilità all’attività lavorativa.
Avevano citato la relazione datata 14 giugno 2021 in cui da Opera scrivevano che Barranca ha riconosciuto “i propri sbagli” e ha preso coscienza “del proprio passato criminale e dei reati gravissimi commessi”. Nonostante questo i giudici meneghini si sarebbero fermati “su posizioni di stigma della scelta di non collaborazione”.
Avrebbero orientato la loro decisione “su una valutazione “morale” della “enorme sproporzione tra le condotte delittuose e l’appartenenza mafiosa ad altissimo livello, da un lato, e la ripresa di una vita corretta e coerente in carcere, dall’altro.
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