Manifesto liberale
Perché un dipendente o un cittadino pensionato dovrebbero essere liberali nel 2024?
“Liberiamo il lavoro, valorizziamo il merito!”
Ogni volta che apriamo la busta paga, vediamo un netto grande, enfatizzato, come se il carattere in grassetto e centrale potesse addolcire la realtà. L’imponibile, invece, è piccolo, relegato in basso, quasi a voler essere dimenticato. Eppure, quel numero “nascosto” ci dice una verità importante: ciò che effettivamente guadagniamo supera di oltre il 35% quello che ci resta in tasca. Il resto è prelevato per finanziare un welfare che promette sicurezza, ma che, troppo spesso, è inefficiente e lontano dai bisogni reali dei cittadini.
Rammentatelo la prossima volta che avrete bisogno di un esame diagnostico, una risonanza, un’ecografia, una gastroscopia, una radiografia, ecc., e vi sentirete dire che “le liste sono chiuse”. Le liste sono chiuse, ma se siete disposti a spendere, si riaprono, e potrete fare gli esami pagando un ticket, seppur calmierato. Beh! A mio avviso, il ticket è immorale e ingiustificabile quando si parla di sanità “pubblica”, che di pubblico sembra avere solo il finanziamento. Anzi, spesso tradisce la sua vera natura predatoria, chiamandosi “Azienda sanitaria”.
Perché dovremmo accettare che il nostro lavoro sia trattato come una rendita per un sistema che fatica a dimostrare la propria utilità? È forse giusto che il frutto delle nostre giornate, costruito con impegno e fatica, finisca in mano a una burocrazia lenta e in espansione?
Ammettetelo: chi tra voi si è recato alle urne ha dato la propria preferenza a coloro che promettevano di allocare le risorse in modo più rispondente alle aspettative, non certo a chi, come i liberali, sostiene da sempre che i soldi guadagnati debbano essere liberamente spesi come e dove si ritiene meglio. Così, dopo le elezioni, mentre le risorse non ci sono ma le spese sì, sarete costretti a pagare comunque un ticket se vorrete una risonanza magnetica in tempi utili, magari per potervi salvare.
E sinceramente un cittadino che magari per una vita ha contribuito a sostenere lo stato e la mala gestio di una politica irriguardosa dei conti pubblici non è giusto a mio avviso ma credo ad avviso di chiunque si ritenga liberale che si senta richiedere il ticket o debba fare una visita in intramoenia.
Come non è giusto che lo stesso cittadino pensionato debba continuare a pagare le tasse per un sistema sanitario che non ti garantisce neanche i trasporti sanitari in modo adeguato e se hai necessità di poter fare una visita in ambulanza hai buone probabilità di non riuscirci per la mancanza di mezzi a disposizione.
Adam Smith ci ricordava che “non è dalla benevolenza del macellaio, del birraio o del fornaio che ci aspettiamo il nostro pranzo, ma dalla loro attenzione al proprio interesse”. È il libero mercato, la possibilità di scegliere e competere, che stimola la crescita e valorizza il merito, non l’espansione di uno Stato onnipresente. E ancora, John Locke sosteneva che “ogni uomo ha una proprietà in se stesso. Questo nessuno ha diritto di sottrargliela, tranne che con il proprio consenso”.
Smith concretamente ci rammenta, ad esempio, che le scelte imposte dai politici sono destinate quasi sempre a infrangersi, perché il politico, per sua natura, conosce bene il proprio interesse, ma non ha la minima idea di come si produce o si eroga un servizio né tantomeno può adattarsi al mercato. Alcuni politici vi vorranno fare credere che il mercato è cosa brutta e cattiva, ma in realtà il mercato riflette le scelte economiche della collettività. Pensateci bene: quando siete al mercato, il fruttivendolo adegua il prezzo dei prodotti più volte al giorno, in base alla richiesta della clientela. Se i clienti non chiedono zucchine o ce ne sono troppe, costeranno meno; se un parassita ne ha ridotto la produzione o la moda delle zucchine con i funghi aumenta, in inverno costeranno di più.
Questo è il mercato. E ora riflettete: cosa accade quando qualcuno vuole imporre il proprio volere alla realtà, cioè al mercato? Accade ciò che sta succedendo con le auto elettriche. La politica comunitaria da anni segue la pianificazione cinese, e ormai è chiaro che almeno il 70% degli utenti non trova questi veicoli adatti alle proprie esigenze. Allora la politica ha deciso di obbligare alla scelta, imponendo il divieto entro il 2035 per tutti gli altri mezzi, ma vista la scarsa richiesta ha pensato bene di incentivare l’acquisto con bonus, che altro non sono che soldi dei cittadini, prelevati dalla voce “lordo in busta”. E neppure questi incentivi bastano a far cambiare idea ai cittadini. Forse, banalmente, dovrebbero cambiare idea i politici prima di rovinare definitivamente l’industria automobilistica europea, con la complicità di chi fino a ieri scendeva in piazza contro le imprese, e oggi non si mobilita più, anche se le aziende segnalano che stanno fallendo per scelte di mercato sbagliate.
Ecco perché oggi, i principi di libertà e proprietà dovrebbero essere al centro di un vero progetto liberale, dove lo Stato si limita a garantire giustizia e sicurezza, concentrandosi su poche e necessarie funzioni, lasciando al cittadino la libertà di gestire la propria vita e il proprio lavoro. Ecco perché essere liberale oggi è la cosa più rivoluzionaria che un cittadino elettore possa fare. Un liberale non vi chiederà soldi per pagare altri per non fare; un liberale non chiederà mai sacrifici alla comunità per un bonus o superbonus; un liberale non avrà mai certezze, ma semmai dubbi. E un liberale sa che il bene pubblico e l’efficienza hanno un costo, che non può essere sempre pagato dagli stessi.
Infine, un liberale si chiederà sempre se è giusto fare una spesa e non cercherà di convincervi della necessità di farla.
Luigi Einaudi, padre del liberalismo moderno in Italia, ci ha lasciato un monito potente: “Quando una società non è sufficientemente libera, è impossibile parlare di giustizia”. Una società davvero giusta è quella che valorizza il lavoro, riconoscendo che ogni euro guadagnato è un diritto sacrosanto del lavoratore, non una concessione dello Stato.
È tempo di ripensare il nostro sistema e chiedere che i lavoratori – i primi a dover beneficiare della propria fatica – possano godere liberamente dei frutti del proprio impegno. Più libertà economica, meno tasse per finanziare un apparato inefficiente, e più responsabilità per uno Stato snello e focalizzato sull’essenziale. Solo così potremo costruire un’Italia libera e prospera.
Non con politici che spendono i soldi pubblici anche banalmente per iniziative ” carine ” a favore dei più poveri o per la fine di guerre, il giorno dopo le guerre purtroppo esisteranno sempre perché non saranno i volantini e le risorse spese dal comune o quartiere di questa o quell’ altra città a cambiare le situazioni internazionali e l’ unica povertà risolta sarà quella di chi si è occupata di questi eventi.
Il bene pubblico è prezioso non va mai sprecato.
“Lasciamo che sia il merito a guidare il futuro e che sia la libertà a nutrire il presente.”
Ogni volta che vedrete un pompiere, un carabiniere o un infermiere che svolgono bene il loro lavoro e vi rendono orgogliosi, certo, non vi chiederete se sono ben pagati, ma sicuramente penserete che lo siano sempre troppo poco. Questo perché dietro di loro, e prima di loro, lo Stato assistenzialista finanzia bonus e incentivi, e spesso anche burocrati capaci solo di rallentare opere e ricostruzioni, solo per dare un motivo d’esistere al proprio ruolo. Questo ruolo risiede in quel numerino piccolo, relegato in fondo alla voce “lordo in busta”.
Ricordate sempre che voi siete quel numero piccolo: non fatevi ingannare da chi vuole farvi credere che ciò che conta è solo il netto, perché altrimenti sarete vittime di voi stessi.
Un manifesto per chi crede nella libertà individuale, nel valore del lavoro e in uno Stato che sappia fare meno, ma farlo meglio. Uno Stato che non imponga scelte spesso errate o sacrifici economici per salvaguardare categorie a lui più utili, scaricandone poi il costo su tutti noi.
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