I giochi della morte – Le folli mode tra i giovani continuano a dilagare. Alcune passano in sordina altre balzano agli onori di cronaca per le tragedie che ne conseguono. Tre anni fa non si parlava d’altro che della Blue Whale, un “gioco” della morte che ha ucciso centinaia di ragazzini in tutto il mondo.
Gli adolescenti venivano adescati sui social da un “curatore” (un soggetto che diceva alle vittime esattamente come e quando morire), diventavano sue pedine e dopo 50 giorni si suicidavano. I genitori di questi ragazzini – generalmente avevano fra i 12 e 16 anni – erano all’oscuro di tutto. Magari notavano qualche atteggiamento strano a casa o di ritorno da scuola, ma pensavano che fosse “l’età o il periodo adolescenziale. Qui si creano spesso questi conflitti familiari”. E invece, dopo 50 giorni, si ritrovavano i figli morti o sul punto di morire.
Negli ultimi tempi, però, se la Blue Whale sembra essere un lontano ricordo (solo qualche sporadico espisodio è stato registrato), altri macabri giochi si sono diffusi. Ricordate il selfie killer, la moda di farsi foto in posti pericolosissimi o sui binari quando sta per arrivare il treno e condividere lo scatto sui social? I giovani si improvvisano equilibristi o stuntmen per avere qualche “like” sui loro profili virtuali. E in questa lista dell’orrore, c’è anche il car surfing. Il “gioco” consiste nel salire sul tetto di un’auto in corsa – passando dal finestrino – per poi rimanere in equilibrio sul tettuccio. Un po’ come se si volesse imitare la pratica del surf. Peccato che qui ci sia in ballo la propria vita.
Blockout game e altri giochi della morte
Ma la lista – purtroppo – è molto lunga. In questi mesi, infatti, si è parlato spesso anche della roulette russa tra le automobili o dello sdraiarsi sui binari in attesa del treno. In entrambi i casi, i ragazzini si coricano a terra, provano l’ebbrezza di sfidare ogni limite e quando si trovano faccia a faccia con la morte tentano di scappare. Qualcuno ce la fa e vince, qualcun’altro perde e muore. E cosa dire, invece, del blockout game? L’obiettivo è quello di provocarsi volontariamente uno svenimento usando mani o corde. “Gioco” che si può fare da soli o in compagnia. Ma tutto deve essere rigorosamente documentato. Cosa vogliono dimostrare i giovani? Di essere in grado di sopravvivere in condizioni estreme.
Ci sono, poi, le mode che tirano in mezzo anche droga e pasticche. I ragazzini si sballano e godono nel sentirsi in un’altra realtà. Solo il mese scorso avevano fatto parecchio scalpore le morti dei ragazzini di Terni (15 e 16 anni). I due avevano acquistato da un pusher una bottiglietta di metadone a 15 euro, l’avevano consumata al parco e dopo qualche ora sono morti nelle loro camerette. Una tragedia che ha alle spalle centinaia di episodi simili.
Se dovessimo elencare tutte le folli mode, non finiremmo più. Da un momento all’altro ne spuntano di nuove e a rimetterci sono sempre i più giovani, i più deboli e chi è più facilmente influenzabile. Questa notte, ad esempio, in un quartiere di Napoli, un ragazzino di 10 anni ha aperto la finestra di casa, ha scavalcato la ringhiera del balcone e si è buttato giù. Nel cuore della notte. “Mamma, papà vi amo ma devo seguire l’uomo col cappuccio”, ha scritto prima di lanciarsi nel vuoto. L’ipotesi al vaglio della polizia è che il bambino sia finito nel vortice del Jonathan Galindo, un folle gioco che ha un protagonista: un uomo con un cappuccio nero che ha le sembianze di Pippo della Disney.
Il finto Pippo trova le sue vittime sui social. Richiede le amicizie – attraverso questi canali – ai più giovani, lancia sfide che mano a mano sono sempre più difficili e infine turba la loro psiche. “L’uomo col cappuccio” manda in tilt questi bambini, gioca sulle loro paure, sulla loro voglia di sfidare il limite e il proibito. Poi, come in ogni tragedia, dopo azioni autolesioniste li porta a compiere il passo fatale. Quel passo che ha strappato la vita al giovane di 10 anni di Napoli.
Tutto il mondo trema per Jonathan Galindo
Come ben riporta il Fatto quotidiano, questa nuova moda è nata in America nel 2017 e col tempo è arrivata in Europa passando per la Spagna e la Germania. Solo in un secondo momento è sbarcata anche da noi. “Arriva la richiesta di contatto da Jonathan Galindo. Se accetti ti viene inviato, tramite messaggistica, un link che ti propone di entrare in un gioco nel quale vengono proposte delle sfide e prove di coraggio fino ad arrivare all’autolesionismo.
In realtà so che c’è chi ha ricevuto anche più richieste da profili simili, differenziati magari da un punto o da un trattino tra le parole Jonathan e Galindo. Mia figlia mi ha raccontato che tra le prove c’è quella di incidere con una lama sulla pelle dell’addome le lettere iniziali del proprio nome ma anche il numero del diavolo 666”, ha raccontato una mamma al Resto del Carlino.
Lo youtuber Gianmarco Zagato ha scoperto che questa maschera dalle sembianze di Pippo appartiene a Samuel Canini, un produttore di effetti speciali cinematografici, che nel lontano 2012 ha creato questo soggetto solo per divertimento. “Sono al corrente di tutto ciò che sta succedendo con questa storia di Jonathan Galindo – scrive il Fatto quotidiano -. Le foto e i video sono miei. Sono stati scattati nel 2012 e nel 2013. È stato uno dei miei primi tentativi di effetti speciali con il makeup.
Non dirò bugie: l’ho fatto per prendere in giro le persone. Era per mio gusto personale e non avevo l’intenzione di spaventare qualcuno. Se qualcuno riceve un messaggio per cominciare un gioco del genere, non rispondete”. Il produttore ha raccontato che l’account di Jonathan Galindo è stato creato nel 2017. Era un profilo finto. “Qualcuno – continua – aveva usato le mie immagini. Non so chi sia”. Poi è nato il gioco dell’orrore che si è diffuso ovunque.
Intanto, la Procura dei minori ha aperto un fascicolo e la polizia ha sequestrato tutti i device usati dal bambino prima di morire. È stato preso tutto quello che può risultare utile per risolvere il caso. Per capire chi ha fatto morire quel povero bimbo. La famiglia ha spiegato che il figlio non era tranquillo da qualche giorno. Forse la sfida mortale lo stava distruggendo internamente. O forse Pippo lo aveva giù ucciso.
Serena Pizzi per www.ilgiornale.it
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