Sic transit gloria mundi. Quanto è effimera la gloria terrena. Un soffio. Niente più. Una legge naturale valida per tutti, a cui, tuttavia, qualcuno riesce ad imprimere una spinta degna di un reattore. Matteo Renzi si è dimostrato un re-attore dalle capacità rottamatorie prodigiose. Si è auto rottamato.
Non era facile, ma l’enfant prodige della politica italiana ci è riuscito. In tempi brevi, oltretutto. Di questo gliene diamo atto.
Renzi involontariamente ci ha fornito anche la chiave di lettura di questo vertiginoso declino in un’intervista rilasciata quando ancora ci guardava dall’Olimpo della vetta istituzionale, alla domanda: “quale è il suo peggior difetto?” Matteo rispose: “sono troppo cattivo.”
Nell’agone politico una dose di cattiveria è necessaria, e nessuno di quelli che arriva ne è sprovvisto – ma Matteo si è rivelato diverso. Non ha soltanto lottato per battere gli avversari, per dominare. Matteo voleva sterminarli. Annientarli.
Ci hanno raccontato che il ragazzo di Rignano è cresciuto a pane e politica, che ha divorato saggi su saggi; evidentemente nella biblioteca di famiglia si sono dimenticati di includere qualche volumetto che poteva fargli comodo.
Lo sterminio politico in democrazia non funziona – se ben orchestrato può andare in una dittatura, in democrazia l’agone diviene agonia.
I macro difetti di Renzi, tra l’altro, mi pare siano due. Matteo si è rivelato anche un epigono di Narciso, patologicamente innamorato della sua immagine. E come Narciso è caduto nel fiume in cui si specchiava.
Nelle ultime apparizioni televisive Matteo è altro da sé, il rampante ragazzo di campagna – fresco e sorridente – ha subito una metamorfosi kafkiana; va in onda il suo alter ego. Opaco, imbolsito, spento, incapace di sorridere naturalmente. Antipatico.
Il sorriso, per la verità, lo sfodera spesso, somiglia più al ghigno di una iena, però. Meglio che non sorrida affatto, di motivi per stare sereno, del resto, ne ha ben pochi. #matteostaiserio.