Il figlio sedicenne di Matteo Salvini sale sulla moto d’acqua della polizia e il sito de La Repubblica parte subito all’attacco del ministro dell’Interno con il titolo: “Il figlio di Salvini al mare sulla moto d’acqua della Polizia. Riprese vietate e avvertimenti al cronista”. Dal video pubblicato dal quotidiano online si legge: “Due uomini cercano di bloccare il videomaker che filma la scena: ‘È un mezzo della polizia, non ci mettere in difficoltà’.
Si qualificano come poliziotti e adducono ragioni di privacy in un luogo pubblico”. E ancora: “Il giornalista resta sul posto e i due innervositi lo seguono per l’intera mattinata fino all’ora di pranzo cercando di oscurare le riprese mettendosi davanti alla telecamera”.
La Repubblica interroga poi la Questura di Ravenna “spiega di aver avviato “un accertamento per un eventuale utilizzo improprio dei mezzi dell’amministrazione”.
Non ce la facciamo proprio in Italia a non cadere nel ridicolo: che un Ministro dell’Interno in vacanza al mare non possa far posare il culo al figlio su una moto d’acqua della Polizia – che è lì per garantirne l’incolumità – è, appunto, assolutamente ridicolo. Gli attacchi ai politici (di destra o di sinistra che siano) sono sacrosanti se hanno una minima rilevanza. Siamo passati dall’essere il paese del “tanto possono fare quello che gli pare”, a quello in cui se un ministro chiede “che ore sono?” ad un poliziotto, viene accusato di averlo distratto dal servizio.