Medio Oriente: l’instabilità non minaccia gli Accordi di Abramo
L’esito dell’attacco dell’Iran contro Israele del 1° ottobre, quasi un copia e incolla di quanto accaduto il 13 aprile scorso, ha sollevato parecchi interrogativi, primo fra tutti quale sia la reale strategia, ma soprattutto la futura posizione della Repubblica Islamica all’interno del Medio Oriente.
Nonostante le minacce del capo di stato maggiore dell’Iran Mohammad Bagheri, il quale ha messo in guardia Israele dal non attaccare il suolo iraniano, perché la controrisposta sarebbe un attacco definitivo e letale – né più né meno quello che fu dichiarato anche ad aprile – la Repubblica Islamica dà sempre più l’impressione di non avere un quadro preciso della propria strategia e che questi attacchi si risolvano più come una prova di forza per convincere i propri sostenitori interni e proxie, piuttosto che una vera e propria minaccia per Israele.
Basta solo leggere le fake news che vedrebbero la presunta distruzione di oltre 20 F35 della IAF (Israel Air Force), millantate distruzioni di obiettivi sensibili militari su suolo israeliano o, addirittura, la presunta distruzione di impianti per l’estrazione del gas nel Mediterraneo, da cui dipende il fabbisogno israeliano
La corsa al nucleare, poi, sembrerebbe un’ulteriore prova a sostegno di questo, come se possedere un’arma di distruzione di massa potesse costituire l’unico vero deterrente contro Israele
Una cosa è certa, quando le guardie rivoluzionarie e i loro proxie hanno deciso di pianificare e mettere in atto gli attacchi del 7 ottobre contro la popolazione israeliana, non immaginavano di sicuro un esito così incerto.
È probabile che siano stati troppo sicuri di come l’instabilità interna a Israele, tutta concentrata intorno alla riforma della giustizia a alla protesta contro Netanyahu, ma anche i rapporti ai minimi storici tra Israele e Stati Uniti, avrebbero giocato a loro favore. Sulla scorta di tutto questo, hanno creduto – e forse credono ancora – di poter spazzare via lo stato ebraico in poco tempo, dimenticando che quello che hanno davanti è pur sempre il popolo che a Masada ha resistito fino alla morte
Oggi è però più che mai chiaro che gli attacchi del 7 ottobre non hanno avuto il solo scopo di dare il colpo di grazia a Israele, ma anche quello di mettere una pietra tombale sopra agli Accordi di Abramo, la vera “arma letale” contro tutte le aspirazioni di egemonia iraniane – e non solo iraniane – nel Medio Oriente ma, soprattutto, perché hanno sancito il riconoscimento del diritto di esistere dello stato ebraico, fattore quanto mai inviso al regime dei Pasdaran.
Gli accordi stanno causando l’isolamento quasi totale delle Repubblica Islamica, isolamento che, per altro, è già abbastanza evidente dal momento che le sollevazioni di massa del mondo arabo contro Israele, che l’Iran ha invocato, non si sono mai palesate
La rottura definitiva è leggibile persino nelle minacce che le guardie rivoluzionare dell’Iran avrebbero rivolto, tramite alcuni canali Telegram, proprio ai paesi che hanno deciso di aderire agli Accordi. Si legge nella nota che se Israele decidesse di attaccare gli impianti petroliferi dell’Iran, questi si vendicherà attaccando gli impianti di Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Azerbaigian, Kuwait e Bahrein.
È ormai più che evidente come il tentativo di inficiare gli Accordi di Abramo con gli attacchi del 7 ottobre, cui è seguita la profonda instabilità nella regione, non è andato come sperato.
La prospettiva di vittoria è adesso pesantemente minacciata, anche a causa dalla scomparsa dei massimi vertici di Hamas ed Hezbollah che ha indebolito il fianco dell’Iran.
Al contempo, se anche da un punto di vista militare gli scenari sono ancora aperti e dal punto di vista dell’opinione pubblica Israele, purtroppo, non gode di molto favore, il suo successo sta proprio nella forza di questo allineamento con paesi storicamente ostili, a dimostrazione di come hanno capito che lo scopo di Israele non è di certo la guerra con i propri vicini, l’instabilità o la negazione di uno stato palestinese ma prospettive di “amicizia e cooperazione”, come si legge anche nella Dichiarazione di Pace siglata tra il Bahrein e Israele proprio in occasione della firma degli Accordi.
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