Meloni e Biden un incontro speciale
Molti i temi oggetto del confronto fra Giorgia Meloni e Joe Biden nella recentissima visita che il premier italiano ha effettuato a Washington, nella sua qualità di prossimo Presidente del G7, prima di volare verso il Canada dove incontrerà il Presidente Justin Traudeau.
Una rete dunque di rapporti da consolidare con le grandi potenze mondiali, alla luce delle emergenze che il mondo sta vivendo in questo turbolento periodo, fra guerra in Ucraina e in Medio Oriente, gestione dei flussi migratori e emergenze economiche globali
Un’agenda molto importante, dunque, e fitta quella di cui dovrà occuparsi il G7 a guida italiana che necessita di una partnership sempre più forte con gli stati occidentali, proprio a partire dagli USA, peraltro in piena campagna elettorale per le presidenziali di Novembre.
Sono infatti in pieno svolgimento le primarie sia per i democratici sia per i repubblicani, dove Biden e Trump verosimili vincitori delle rispettive competizioni interne si sfideranno per la Presidenza USA, offrendo soluzioni molto diverse fra loro ai problemi internazionali, proprio a partire dal ruolo che dovranno avere gli USA nel prossimo futuro a livello internazionale.
Il Colloquio di Meloni alla Casa Bianca dunque si pone in un momento molto complesso, nell’ottica di rinsaldare i legami transaltantici, e più in generale “occidentali” nell’ambito dei dossier più caldi e sotto la spinta di un Oriente del mondo sempre più aggressivo, fra Cina, Russia e Iran (ed epigoni armati)
Ma il vertice viene preceduto da un annuncio molto importante per l’Italia: il trasferimento in Italia di Chico Forti condannato a Miami nel 2000 per un delitto di cui lui si proclama innocente.
Chico Forti potrà, dunque, tornare in Patria a scontare la propria pena mettendo dunque fine a un calvario che dura oramai quasi 25 anni.
Un successo internazionale importante per il quale va tributato un forte ringraziamento al Governo attuale (e a quello precedente) nonché alla diplomazia italiana che si conferma essere di qualità davvero elevata, come fa giustamente osservare il Ministro degli Esteri Tajani.
Venendo ai temi caldi, migrazioni e guerra, sono stati al centro del bilaterale Meloni-Biden. Un bilaterale importante fra il Presidente Americano e “l’alleata improbabile” come Meloni è stata ribattezzata dal New York Time che costituisce l’occasione per confermare il solido legame fra i due leaders e i due paesi
Giorgia Meloni ha proposto a Joe Biden un’alleanza strutturale e globale contro i trafficanti di esseri umani,mercato terribile eppure assai redditizio che trova inaccettabili sodalizi tra la malavita internazionale sulla pelle di poveri disperati.
Un tema che peraltro è al centro anche della campagna elettorale americana, alle prese con le doverose risposta da dare circa il continuo flusso di migranti provenienti dal Messico
Problema strutturale, quello delle migrazioni che ha bisogno di risposte strutturali e non di meri slogan fini a se stessi. Soluzioni dunque che non possono prescindere da alleanze tra gli Stati che, negli scacchieri più caldi del mondo possono giocare un ruolo di primo piano nella prevenzione delle migrazioni incontrollate e nella repressione dei fenomeni criminali ad esse collegati.
Così come problema strutturale sta divenendo quello delle guerre sparse un po’ per tutto il mondo, ma che trovano focus in questo momento principalmente in Ucraina e in Medio Oriente. Se nel primo caso i due leaders si sono detti doverosamente attenti a non lasciare sola Kiev, nel secondo l’intenzione comune è quella di evitare l’escalation bellica che porterebbe ad un allargamento del conflitto che in questo momento sarebbe assai pericoloso.
Meloni e Biden concordano sull’appoggio a Ucraina e Israele, baluardi di democrazia contro le pretese autocratiche di Putin e dell’Iran (vera testa del serpente dietro ad Hamas), ma rimane il fatto che soluzioni ve ne siano poche al momento sia su un fronte che sull’altro.
Non si va al di là di generiche promesse la cui fattibilità cozza inesorabilmente con lo stato dell’arte
In Russia, non paiono evidenziarsi scenari di possibile compromesso al momento, come già sottolineato dal capo del Pentagono Lloyd Austin recentemente ventilando l’ipotesi di una discesa in campo della Nato in caso di caduta dell’Ucraina suscitando la reazione minacciosa di Mosca che adombra nuovamente l’ipotesi nucleaare; così come la soluzione dei due stati in terra d’Israele sembra ad oggi un mero auspicio del tutto lontano dalla realtà, anche a causa dell’opposizione – seppur per opposte motivazioni – di Hamas e del Governo Netanyhau.
Certamente è condivisibile l’auspicio di Giorgia Meloni circa il ruolo di mediazione degli USA ma le soluzioni ipotizzabili appaiono più come pezze a quadro che si va lacerando sempre più, mentre sullo sfondo rimane – convitato di pietra – la Cina, le cui mire espansionistiche non solo economiche ma anche territoriali (vedasi Taiwan) sono destinate a contribuire a complicare la situazione.
Ebbene, in questo quadro composito, complesso e conflittuale, non può che vedersi di buon occhio un Occidente (nel g7 l’unico paese “non occidentale” è il Giappone che tuttavia, ha una storia e una posizione assai peculiare) che cerca di superare le proprie divisioni e le proprie debolezze facendo leva su ciò che unisce piuttosto che su ciò che divide.
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