È iniziato giugno, il mese del Pride, durante il quale si svolgono manifestazioni promosse dai movimenti che difendono i diritti delle persone gay, lesbiche, bisessuali, transessuali, queer e intersessuali.
E chi più ne ha più ne metta.
La scelta di giugno è in ricordo degli scontri di Stonewall del 1969 quando la polizia di New York fece irruzione in popolare bar gay.
Altri episodi di questo tipo si erano verificati nel 1967, un raid della polizia in un bar gay di Los Angeles chiamato Black Cat, e un anno prima con la rivolta della Compton’s Cafeteria a San Francisco.
L’opportunismo dei grandi marchi
In questo Giugno di Gay Pride, i colossi internazionali si fanno belli mettendo l’arcobaleno nei loro loghi per far vedere di essere contro le discriminazioni, inclusivi e di battersi contro le discriminazioni.
Grandi marchi automobilistici, ma anche della moda e del web.
In realtà ai loro Cda non importa un accidente dei Gay: è solo un’operazione furba di marketing, al pari di mettere Goldrake nelle patatine.
Si rivive la sbornia green in omaggio al gretinismo e la propaganda dei ‘cambiamenti climatici’ ed ‘ecosostenibilità’. Che consiste semplicemente nel reclamizzare prodotti sedicenti ecologici, e venderli al posto di quelli tradizionali.
A riprova della strumentalità di queste iniziative vi è la localizzazione geografica dei loghi gayfriendly.
Qui ne potete vedere una carrellata. In versione occidente e versione middle East.
In medioriente rimangono senza arcobaleno
Già, perché questi loghi sono diventati iridati solo in Occidente.
Nei Paesi del Medioriente, ovvero dove i diritti civili sono più difficili da conquistare ed andrebbero fatte delle battaglie importanti, il logo resta quello classico.
Chissà perché. Paura di toccare corde sbagliate?
Dove l’omosessualità è illegale
La ragione è da ricercare nella diversa sensibilità culturale del mondo musulmano.
In una parola nella arretratezza di quelle culture.
Lì l’arcobaleno non tira, non vende, meglio lasciarlo a casa.
Nel 2020, l’omosessualità è ancora punibile con la morte in diversi paesi e rimane illegale in almeno 71 altri.
L’anno scorso, il Brunei ha recentemente provocato indignazione internazionale, quando ha introdotto rigide leggi islamiche che hanno reso l’attività omosessuale punibile con la lapidazione.
Pur nella condanna della comunità internazionale, l’omosessualità è ancora considerata un reato, con pene fino a 10 anni di prigione in dieci paesi del medioriente, che salgono a 31 se la pena prevista è fino a otto anni.
Altro che bandierine arcobaleno.
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