“Mi faccio il mazzo ma è il bello della gioventù”. Trentun anni, due lauree e due titoli mondiali uno di categoria ISKA e l’altro di categoria WKU. E il terzo, forse in arrivo… Jordan Valdinocci è la stella della disciplina kickboxing italiana anzi, per prima cosa pesarese considerato quanto i pesaresi siano legati alla loro città.
Jordan muove i primi passi nel Kung Fu, che pratica fino all’età di 11 anni. Poi, “da bravo pesarese mi sono dedicato al basket”. Kickboxing arriva fra la prima e la seconda laurea, quando ormai è un po’ grande come età ma capace di stupire pubblico, allenatori e soprattutto se stesso.
Jordan, domanda secca: laurea e kickboxing… l’ispirazione da cosa è venuta?
“Se proprio lo vuoi sapere non avevo programmato di dedicarmi all’agonismo, semmai di imparare tecniche di autodifesa”.
Beh, ma è un salto grosso dall’autodifesa al titolo mondiale…
“Le cose sono venute da sé, mi sono appassionato, mi sono allenato e nel giro di pochi anni ho iniziato a disputare i primi incontri professionisti”.
Titoli mondiali: 2021, 2023 e 2024?
“Sono focalizzato sull’incontro. L’avversario, Quentin Honoré, è detentore del titolo inter continentale appena sotto il titolo mondiale. Una bella disputa di cui ho avuto notizia, ahimé, all’ultimo momento: mi trovavo in America latina, dove spesso mi reco per seminari ed allenamenti. Eravamo fra Natale e Capodanno quando eccoti la notizia: incontro ‘mondiale’ il 16 febbraio. Di fatto un mese e mezzo per prepararsi, a partire dalla dieta”.
Dieta?
“Già, per rientrare nella categoria bisogna mantenere un certo peso. Come dire… aumentiamo il carico di lavoro, togliendo però la benzina”.
A proposito di carichi: il primo titolo arriva nel 2021, anno ancora segnato dall’emergenza Covid. Come ti sei allenato nel periodo del lockdown?
“Avevo appena vinto un torneo a Parigi. Era il 7 marzo 2020, praticamente a ridosso della chiusura generale. Come atleta di interesse nazionale ho avuto la possibilità di potermi recare agli allenamenti che, occhio, facevo da solo a mio rischio e pericolo: ero solo, in palestra. Avessi avuto bisogno di qualcosa…”
Dev’essere stata dura, perché il bello dello sport è condividere… anche gli spazi! Ora invece quanti siete in palestra?
“Nella Fight House Pesaro, un progetto che ho sognato e che ho potuto realizzare, ci sono più di 300 persone che si allenano dai bambini ai sessantenni. La mia idea è quella di una kickboxing per tutti ed aperta a tutti: diffonderne la cultura e la conoscenza, giovanissimi, meno giovani, disabili. Poi c’è un’altra cosa in ballo, con Polizia di Stato e con il 28° Pavia dell’ Esercito”.
Accidenti!
“Sì! A lungo ho visto poliziotti frequentare corsi di difesa personale. Corsi che seguivano per sé, privatamente, perché nel loro lavoro essere preparati è fondamentale. E l’autodifesa insegna anche quello: conoscere il proprio corpo, sapersi muovere non certo offendere! Autodifesa, lo suggerisce la parola: sapersi difendere”.
E…?
“Allora ecco l’idea. Coordinandomi con SIULP e con il Comandante del 28° Reggimento Pavia, colonnello Antonio Di Leonardo, ho pensato a nuovi corsi di autodifesa destinati al personale in uniforme. Corsi che io chiamo di autodifesa operativa proprio perché mirati al lavoro degli operatori delle Forze dell’Ordine e delle FF.AA. Ora ci sono sponsor e anche grande interesse”.
Cosa che mi colpisce, forse più dei titoli e delle vittorie, è il fatto che tu sia venuto su da zero. Detto in senso buono!
“Sì, in famiglia non ho atleti tantomeno kickboxer. I primi incontri, peraltro, li ho preparati con un allenatore mio amico in una palestra spoglia, con pochi mezzi ma tanta passione“.
Il campione guarda ora alla data del 16 febbraio. E, da bravo campione, inutile domandargli di progetti futuri a medio o lungo termine: è focalizzato sul ring di Parigi. Punto.
Certo che la sua storia è quasi da film. Lui che si allena in un luogo spartano per combattere i primi incontri ricorda Stallone in Rocky: prima del titolo mondiale, sacrifici, tanti, nella Philadelphia degli Anni ’80. Ricordo che ci sentiamo di condividere, sia per augurare successo al giovane Jordan (e successo non solo per il 16 febbraio) sia per tenere viva, a modo nostro, la memoria di Carl Weathers, l’immortale Apollo Creed scomparso pochi giorni fa.
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