Modello biopolitico & covid – La vita al tempo del coronavirus, è cambiata. Le strette di mano sono vietate, anche gli abbracci, non andiamo al lavoro ma facciamo lo smart working, non vediamo amici o parenti ma li video chiamiamo, non incontriamo persone, distanza fino a due metri, regole di igiene e comportanti, le scuole sono chiuse, i teatri sono chiusi, gli incontri sportivi non più live ma in collegamento, a distanza di sicurezza.
Omogeneizzazione forzosa delle persone
E la vita dopo lockdown? Sempre a distanza di sicurezza, dovete vivere a distanza. Il tatto tra tutti è pericoloso. La vita è pericolosa. Zygmunt Bauman aveva parlato di omogeneizzazione forzosa delle persone come P. P. Pasolini aveva parlato di omologazione. Oggi abbiamo un’omogeneizzazione della paura. Quasi 3.000 anni fa avevamo un’altra proposta di spiegazione del soggetto in quanto evento esistenziale. Per esempio il filosofo greco antico Eraclito sosteneva, che vero è quel che è condiviso, ciò che è del tutto proprio è menzognero. (Καθ’ όν αν κοινωνήσωμεν αληθεύομεν, ά δε αν ιδιάσωμεν ψευδόμεθα).
Questo significa che l’uomo è il modo della relazione in atto. Quel che chiamiamo soggetto umano è un evento erotico è anche un’esistenza razionale. In altre parole la vita è una relazione come disinteresse, come superamento di sé, come abnegazione, come amore. Aristotele diceva: “Il tatto è il solo senso che sia indispensabile all’esistenza del vivente in quanto tale. Gli altri sensi non sono destinati ad assicurare l’essere dell’animale o del vivente, ma soltanto il suo ben-essere. Ma senza il tatto, l’animale non potrebbe esistere.” E J. Derrida continua il pensiero di Aristotele dicendo: “si può vivere senza vedere, udire, gustare, sentire, ma non si sopravviverà mai un solo istante senza essere a contatto, in contatto. L’essenza del tatto è l’attività motrice e la mano ne è l’espressione privilegiata, più alta”.
La peste di Atene
L’incontro è vissuto reciprocamente come evento esistenziale, l’incontro è una reciprocità come condizionale necessaria. L’uomo secondo la filosofia greca antica incontra l’alterità dell’altro come rivelazione di un’intimità unica, non poteva capire che cosa è la distanza nella vita. Anche nel 426 con la peste di Atene i cittadini secondo la narrazione di Tucidide, non hanno perso la relazione sociale. Tucidide afferma che le persone cessarono di temere la legge in quanto sentivano di vivere già sotto una condanna a morte cosi i relazioni sociali erano più forti e perché non si aspettavano di vivere abbastanza, esisteva un desiderio per la vita reciproco, volontario, energetico come carattere della relazione della vita.
Il poeta Paolo Neruda ha scritto “ti toccai se si ferma la mia vita”. Nell’uomo c’è il primitivo desiderio della vita come relazione secondo la psicoanalisi è il desiderio, la pulsione sessuale. E anche è il contatto con il corpo materno la sensazione, il tatto, della presenza materna. E come per magia la nostra vita è cambiata. La causa il virus con nome coronavirus. Il coronavirus viene contro i mezzi e di scopi della nostra vita. Il coronavirus ha cambiato le abitudini? Cosi abbiamo imparato una vita senza contatto come abbiamo imparato nel sistema di pagamento la carta di credito e di debito senza contatto. Oggi ancora dopo lockdown vietato toccare oggetti, persone, animali, tutti. Una vita con ordinanze.
Oggettivazione cosificata
Per esempio muoversi da casa sarà necessario essere muniti di guanti e mascherina. Si dovrà mantenere una distanza di 2 metri dalle altre persone. Uscire con una temperatura superiore ai 37,5° diventa reato. Il “Post Uomo” è qui. La nuova vita ha bisogna da una religione sociale nuova, è l’oggettivazione cosificata dei principi regolativi del nuovo comportamento. Si presenta un bisogno di adattamento. E conosciamo dalla biologia che il bisogno di adattamento all’ambiente può condurre gli individui di una specie non a creare nuova informazione, ma solo a scaricare informazione genetica modificando cosi quella data originariamente.
Vittorio Pelligra (il sole 24) in un articolo con titolo “Coronavirus, come potrebbe cambiare le regole sociali: tra altruismo e opportunismo” scrive: “Da una parte abbiamo un apparato di controllo e di punizione delle violazioni che è in capo alle forze dell’ordine, organo legittimo e centralizzato; ma dall’altra assistiamo anche al dispiegarsi di un’azione decentralizzata da parte dei singoli cittadini che osservano violazioni vere o presunte e che agiscono punendo come possono, con il biasimo, la colpevolizzazione, a volte la prepotenza e che rasenta la violenza.
Viviamo una situazione ambivalente, nella quale l’azione dell’autorità può essere rafforzata e resa più efficace dall’azione sanzionatoria dei singoli, ma allo stesso tempo corriamo il rischio di delegare ai singoli dei compiti che dovrebbero essere affidati a chi, solo e legittimamente, può esercitare la forza coercitiva. Nell’ambivalenza emergono certe intemperanze verbali di alcuni amministratori locali che in questi giorni sono state rilanciate da stampa e social. La naturale pulsione alla punizione di chi ci appare deviante è una spinta primordiale, dotata di una forza che non dovremmo sottovalutare.
Modello biopolitico del potere
Una società evoluta si fonda sul potere legittimo e riduce gli spazi per la punizione decentralizzata al minimo. Situazioni estreme come quella che stiamo vivendo in queste settimane possono alterare tale equilibrio. Abbiamo bisogno di cittadini responsabili ed empatici, non di sceriffi illiberali. C’è da augurarsi che, viste le difficoltà oggettive, le istituzioni non si facciano prendere dalla smania di facili scorciatoie. Occorrono figure capaci di guidare con l’esempio, che mostrino autorevolezza e competenza, capacità di gestione delle emergenze e sangue freddo. Non abbiamo bisogno di giustificazioni morali che alimentino il sospetto reciproco, la calunnia strisciante, e le gogne social.”
E mentre il coronavirus sta mutando verso la fine della pandemia, le misure sono qui ancora e per molti giorni e mesi. Secondo Efrem Lim dell’Università statale di Arizona in uno studio pubblicato sul Journal of Virology, gli scienziati dell’Università di Arizona hanno scoperto una mutazione del nuovo coronavirus che sembra seguire lo stesso schema della Sars del 2003 e potrebbe rappresentare un indebolimento del virus. Si tratta secondo Efrem Lim di una semplice mutazione, ma di un cambiamento che potrebbe compromettere la capacità del virus di resistere al sistema immunitario dell’organismo ospite, rendendo le infezioni più deboli e i contagi meno aggressivi. (ASU scientific team finds new, unique mutation in coronavirus study studySARS-CoV-2 mutation mirrors one found during 2003 SARS outbreak https://asunow.asu.edu/)
La lotta tra uomo e coronavirus
Come scrive Claudia Azzola quando parla di Agamben “È il terribile modello biopolitico del potere in cui ci troviamo immersi e con cui dobbiamo fare i conti. In fondo, l’uomo è più esposto nella sua sacertà oggi che in altre epoche quando, nella dominazione e catalogazione della realtà, rimanevano spazi residui che sfuggivano all’attenzione. La foresta era la foresta oscura e misteriosa, le acque sotterranee erano sconosciute e trascinanti, la parola non osava entrare in tutti gli anfratti…La vita biologica è arrivata progressivamente ad occupare il centro della scena politica del moderno. La vita biologica nuda e indifesa davanti al potere.”
Oggi con le misure contro il coronavirus siamo sicuri che tutto questo valga per l’epidemia da Covit-19? Lo stato di emergenza sanitaria abolisce la coscienza individuale anche la libertà? Le domande hanno come destinatario la democrazia e anche hanno come destinatario i cittadini, cioè tutti noi, per poter vivere la vita che ci aspetta.
È sicuro che la lotta tra uomo e coronavirus finirà con la vittoria dell’uomo e questo perché non è l’uomo onnipotente, né onniveggente, ma conosce bene i limiti della sopravvivenza. Infatti anche i virus, anche i microbi, lottano per sopravvivere. Ma lo fanno in modo cieco, istintivo, secondo quella che possiamo chiamare la legge della giungla. L’uomo invece, all’istinto accoppia la ragione, che gli suggerisce i mezzi più adatti per affermarsi in un ambiente amichevole.
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