Morto l’attentatore di Togliatti. Antonio Pallante ormai novantanovenne si è spento a Catania, dove viveva da anonimo pensionato. Il fatto è successo a luglio, ma la famiglia lo ha reso noto solo ieri.
Ricordo lontano
Probabilmente, il suo nome lo ricordano in molto pochi. Eppure fu protagonista di un evento, per il quale arrivò alla ribalta della cronaca italiana ed internazionale, il 14 luglio 1948. Quando sparò quattro colpi di pistola all’indirizzo, dell’allora segretario del Partito Comunista Italiano, Palmiro Togliatti.
L’Italia rischiò la guerra civile. Ci furono centinaia di feriti ed una trentina di morti, negli scontri che seguirono in tutto il paese. Al tempo grossa parte dell’arsenale bellico, in mano ai comunisti dopo la resistenza, non era stato ancora riconsegnato. Si temeva l’insurrezione armata.
La leggenda di Bartali
In quei giorni Gino Bartali, riuscì a vincere il Tour de France. Al fatto fu data risonanza fortissima, nella speranza che aiutasse a sedare gli anni. A riunificare gli italiani in maniera pacifica.
Probabilmente, la prestigiosa vittoria, fece piacere a molti . Ma è veramente difficile ritenere che sia stata questa, ad impedire lo scontro armato. Il clima venne rasserenato, da una serie di fattori, tra i quali in primis l’appello dello stesso Togliatti.
La realtà
Antonio Pallante era uno studente di giurisprudenza fuori corso. Non aveva appoggi politici prestigiosi da chi che sia.
Presiedeva il circolo di un partitino irrilevante. Taluni fuoriusciti dal Fronte dell’uomo qualunque, una formazione iper populista già di per sé significativa, ma non certo maggioritaria. Pianificò da solo l’attentato, armandosi di un vecchio revolver, con vecchie cartucce, comprato da un rigattiere. Vide Togliatti uscire da una porta secondaria, in compagnia di Nilde Iotti. Gli sparò con totale imperizia quattro colpi, di cui uno andò a vuoto, due colpirono l’emitorace ed il quarto entrò ed uscì dalla nuca senza penetrare organi vitali.
Togliatti in ospedale
Il capo comunista venne trasportato d’urgenza in ospedale. Operato dal famoso luminare Pietro Valdoni, riuscì a sopravvivere. Ed, appena in grado di parlare, si rese protagonista di un accorato appello per cessare immediatamente ogni violenza. Probabilmente fu questo a placare gli animi, sull’orlo dello scontro.
Il seguito
Antonio Pallante fu condannato per tentato omicidio.Ma la pena subì nei vari gradi di giudizio alcune riduzioni, fino a farlo uscire dopo cinque anni. Raccontò di aver ricevuto finanziamenti da Evita Peron in carcere, e che i comunisti avrebbero dovuto ucciderlo, per ordine diretto di Stalin. Se anche molti comunisti, avessero maturato un comprensibile odio verso di lui, sembra improbabile che ci fossero complotti internazionali contro un personaggio che si rivelò rappresentare solamente se stesso.
Alcune leggende lo volevano proprietario di beni immobili e ditte in Sudamerica, nonché sposato alla figlia di un grande capo comunista a seguito del perdono di Togliatti stesso.
Non venne interdetto dai pubblici uffici quindi pote’ trovare lavoro prima nella forestale e successivamente come pubblico impiegato. Ha vissuto fino alla recente morte come un pensionato qualunque a Catania.
Voleva vendicare le stragi
A settant’anni dall’attentato, concesse un’intervista al Giornale, descrivendo in questo modo le motivazioni del suo gesto.”Ero giovane. Ero esasperato. Ritenevo i comunisti responsabili della morte di molti italiani, eliminati dai partigiani rossi. In quei giorni, l’Italia era a un bivio drammatico: l’ingresso nell’Alleanza Atlantica o l’approdo nel Cominform”.
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