Mosse e la nazionalizzazione delle masse
Secondo delle tendenziose interpretazioni causate da una storiografia che ha preso piede dalla seconda metà del secolo scorso, la nazionalizzazione delle masse appare agli occhi di certa vulgata, come qualcosa di negativo e di sinistro, dal sapore quasi inquietante e opposto all’individualismo esasperato tanto in voga nella cultura attuale.
A questo ha contribuito principalmente un libro che ebbe molta fortuna, scritto dallo storico George Mosse
Lo storico tedesco prendeva in esame l’operazione di pedagogia della nazione avvenuta in Germania nel XIX secolo. Naturalmente il testo non era esente da forti critiche, un vero tentativo di destrutturare una delle più importanti e riuscite opere di sensibilizzazione eseguito su vasti strati popolari.
Invece la cosiddetta nazionalizzazione è il fenomeno che si verifica con lo sforzo che ogni Stato moderno mette in atto avendo la volontà di formazione e di inclusione delle masse, soprattutto di coloro che erano rimasti ai margini in un mondo che aveva mantenuto un sistema quasi di tipo feudale in modo anacronistico.
La trasformazione dell’uomo da suddito a cittadino non è cosa da poco ma è sostanziale, infatti la condizione di suddito è caratterizzata da situazioni giuridiche passive, mentre quella di cittadino dona alla persona dignità e diritti
Ecco perché col concetto di nazionalizzazione delle masse si deve intendere la volontà dello Stato moderno, non solo di alfabetizzare ma di creare una coscienza nazionale diffusa anche negli strati più profondi della popolazione.
Un’operazione che piacque anche a Karl Marx tanto che teorizza la necessità di creare analogamente, una coscienza di classe anche nel proletariato.
La nazionalizzazione delle masse fu un’idea democratica di mobilitazione per dare una dignità partecipativa a tutti i componenti della comunità nazionale, tanto da farne un organismo vivente con memoria condivisa.
Ecco perché dalla coscienza nazionale spesso può originare l’ideologia del repubblicanesimo o anche il socialismo. In Italia fra gli assertori più convinti della necessità di unificare la nazione e di creare una coscienza identitaria negli italiani, è stato Giuseppe Mazzini, patriota, filosofo, ideologo, rivoluzionario
Pur avendo rappresentato la componente più a sinistra del Risorgimento ed essendo considerato un eversivo da molti Stati e dalle loro polizie, Mazzini oggi non gode di buona fama fra la nuova Sinistra americanizzata. Infatti l’ideologo del Risorgimento italiano scrisse un’opera intitolata “Dei doveri dell’uomo”.
Mazzini riteneva, giustamente, che per creare un popolo, occorresse certamente concedere i diritti che spettavano al cittadino ma questi diritti devono essere compensati con la controparte che interessava i doveri. Infatti, Mazzini, pensava che se la nazione si riducesse a promettere unicamente benessere materiale ai propri componenti, potrebbe ingenerare unicamente una visione di tipo materialistico.
Infatti un aspetto rimasto in ombra del grande risorgimentale è quello che denota una componente mistica e spirituale analoga a quella del socialista francese, di qualche anno dopo, Charles Péguy
Secondo Mazzini sono proprio i doveri che plasmano il cittadino, analogamente a come aveva teorizzato anche Jean Jacques Rousseau nel suo “Contratto sociale” in cui mette lo Stato al di sopra di tutto, anche agli stessi diritti del cittadino, essendo questo rappresentante della volontà generale.
La nuova passione che nacque in molti intellettuali, dopo la Rivoluzione, per il concetto di nazione è dovuta al fatto che la nazione, si affranca dalla monarchia legittimista che pretendeva avere un diritto divino, in modo del tutto analogo a come il libero comune, a suo tempo, si affrancò dal feudalesimo.
È il concetto di cittadino che si contrappone a quello di suddito
È la comunità che si contrappone al privato che si fa Stato. La nazione non è altro che l’estensione dell’antica Polis. Questo spiega perché il concetto stesso di nazione ha sempre avuto ed ha tuttora tante forze ostili che si identificano nei vari potentati economici delle varie epoche.
Oggi questi potentati economici non sono né i feudatari del Medioevo, né tantomeno l’aristocrazia transnazionale travolta dalla Rivoluzione
Oggi i nuovi potentati economici li possiamo trovare nella grande finanza transnazionale, nelle multinazionali, nel potere economico della globalizzazione, nelle ONG della Open Society che mira ad abbattere le Frontiere e nel neo-trotzkismo che negli USA ha ispirato l’anarco-capitalismo chi si ripromette di abbattere gli Stati e la loro sovranità per fare posto al potere finanziario sovranazionale.
Un possibile feudalesimo economico del futuro privo di ogni spiritualità, di ogni cultura, di ogni radice, di ogni legittimità.
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