Contro la proliferazione di finte birre artigianali e l’omologazione spinta dai grandi marchi mondiali arriva il Consorzio Birra Italiana per la tutela e la promozione della birra artigianale italiana, col compito di garantire l’origine delle materie prime e la lavorazione artigianale presentato appena pochi giorni fa a Roma a Palazzo Rospigliosi, sede di Coldiretti. Scopo del Consorzio valorizzare la filiera produttiva locale, creando un rapporto più solido tra la bevanda artigianale e le materie prime, tra i piccoli produttori di birra ed i coltivatori di orzo, luppolo e altre materie prime complementari.
Il Consorzio Birra Italiana per la tutela e la promozione della birra artigianale ha l’obiettivo di raccontare e promuovere, in Italia ed all’estero, la qualità delle materie prime e delle birre artigianali italiane – vero elemento di distinzione e di legame con il territorio -, favorendo la coltivazione dell’orzo dal quale si ricava il malto, e del luppolo. Tra i fondatori Teo Musso del birrificio agricolo Baladin, attuale Presidente, Marco Farchioni del birrificio Mastri Birrai Umbri, Giorgio Maso del birrificio dell’Altavia, Vito Pagnotta del birrificio agricolo Serro Croce di Monteverde e Giovanni Toffoli della Malteria Agroalimentare Sud.
“Il movimento della birra artigianale italiana, nato attorno al 1996 – dichiara Teo Musso, Presidente del Consorzio Birra Italiana – ha prodotto, negli anni, un incredibile fermento che ha interessato più generazioni di imprenditori favorendone una crescita rilevante e concreta che ha coinvolto un importante indotto di aziende e forza lavoro. Stiamo vivendo oggi un momento molto delicato del suo sviluppo e consolidamento e mai più di oggi è necessario fare chiarezza sul concetto di ‘birra artigianale’ e di ‘birra artigianale da filiera agricola italiana’. Rafforzare il concetto di italianità preferendo nella maggioranza degli ingredienti le materie prime nazionali, ritengo sia la via concreta per sostenere la differenziazione del prodotto e per consolidare la tradizione di una bevanda che deve essere considerata, prima di tutto, un frutto della terra. L’Italia è riconosciuta come un’eccellenza nella produzione agricola e i suoi prodotti frutto di trasformazione, un’unicità dal grande valore. Perché la birra, prodotto agricolo, non deve essere valorizzato allo stesso modo dei grandi prodotti agricoli italiani? Il Consorzio Birra Italiana, nasce con lo scopo di favorire questo passaggio culturale“.
Consorzio Birra Italiana: promuovere la filiera agricola made in Italy
Una delle principali attività del Consorzio sarà il sostegno ai birrifici nel reperimento di materia prima italiana attraverso una filiera tracciata e garantita. Gli associati si impegneranno ad utilizzare almeno il 51% di materia prima italiana, creando così una filiera ‘dal campo al boccale‘. D’altronde il successo delle birre nazionali ha già favorito anche la produzione di malto tricolore, salita ad 80 milioni di chili nel corso del 2018, con significative ricadute anche in termini di superfici agricole recuperate e messe in produzione: “La produzione di orzo italiano per la filiera della birra – spiega il neonato Consorzio – rappresenta un’opportunità per l’agricoltura, con il recupero anche di aree dismesse in fasce marginali nonchè la riqualificazione produttiva ed economica delle stesse”.
Sul fronte dei consumi invece il Consorzio vuole spingere verso una maggiore trasparenza dei menù in ristoranti, pizzerie, bar o pub dove troppo spesso sotto la denominazione “birra artigianale” vengono offerti marchi che sfruttano nomi o indicazioni geografiche tali da far pensare a bevande artigianali Made in Italy ma che in realtà sono prodotte da colossi del settore a livello mondiale.
Attualmente il disciplinare del Consorzio per la tutela e la promozione della birra artigianale italiana si basa sulla definizione di “Birra Artigianale” stabilita per legge (art. 2 comma 4 bis della legge n. 1354 del 16.8.1962, come modificata dall’art. 35, comma 1, L. 28 luglio 2016, n. 154) che indica in tre fattori cardine i criteri da rispettare da parte del birrificio: ‘indipendenza del birrificio’, ‘limite di produzione stabilita in un massimo di 200.000 ettolitri all’anno’ e ‘integrità del prodotto’, che non deve essere sottoposto a processi di pastorizzazione o microfiltrazione. Tuttavia tra le prime proposte operative del neonato Consorzio figura l’ampliamento dell’attuale definizione di “Birra Artigianale”, alla quale propone l’integrazione con l’indicazione “da filiera agricola Italiana” ad indicare da un lato l’utilizzo di materia prima secca proveniente in prevalenza da filiera agricola italiana, dall’altro la necessità che la sede produttiva e legale dello stabilimento di produzione e confezionamento sia situata sul territorio nazionale.
“Gli accordi di filiera – sottolinea il Presidente di Coldiretti Ettore Prandini – sono strumenti fondamentali per difendere la produzione, garantire un utilizzo sostenibile del territorio, valorizzare la distintività, assicurare la giusta distribuzione del valore, rafforzare l’identità del sistema Paese e conquistare nuove quote di mercato in Italia e all’estero con prodotti di alta qualità che hanno spinto la crescita del Made in Italy nel mondo.”.