Allora, contenti che il comunismo e il nazismo siano stati accomunati ed equiparati in una risoluzione di condanna del parlamento europeo votata a larga maggioranza, a partire dal centro-destra ma con quasi tutto il Pd? Contenti che la sinistra inossidabile, i residui comunisti, l’Anpi, abbiano reagito con rabbia al paragone “blasfemo” tra i due regimi totalitari? Sì, finalmente, dopo decenni di memoria e di condanna a senso unico, si ricordano gli orrori e le atrocità del comunismo. Per troppi anni c’è stata troppa indulgenza nei confronti del comunismo, troppe rimozioni, amnesie, omertà in suo favore. Però c’è qualcosa che non convince, che non ci piace in questa risoluzione dell’europarlamento. Ma andiamo con ordine.
Dunque per cominciare, il totalitarismo comunista, da Lenin a Stalin, a Mao e agli altri comunismi, non ha nulla da invidiare in fatto di atrocità, vittime e persecuzioni al totalitarismo nazista di Hitler. Anzi, per la verità storica, il comunismo è un fenomeno molto più vasto che ha mietuto molte più vittime del nazismo e ha occupato un arco di tempo più vasto: il comunismo andò al potere molto prima del nazismo e morì molto dopo, durò tre quarti di secolo mentre il nazismo solo un dodicennio; lo patirono più paesi, più popoli, più continenti. I suoi massacri non avvennero in tempo di guerra come per il nazismo ma in tempo di pace e le sue vittime principali furono i suoi stessi popoli. Fu un totalitarismo più radicale del nazismo nel controllo capillare dei cittadini e nella repressione del dissenso; a differenza del nazismo non lasciò spazio alla religione, alla borghesia, alla proprietà privata e al capitale.
A differenza del nazismo e del fascismo, non crollò perché sconfitto in guerra, ma crollò su sé stesso in tempo di pace, crollò per il proprio fallimento sociale, economico e politico. Naturalmente anche col comunismo non si deve fare di ogni erba un fascio: Peppino Di Vittorio non è Giuseppe Stalin, Antonio Gramsci non ha le gravi colpe storiche di Palmiro Togliatti, ma solo ideologiche; ci furono tanti comunisti in buona fede, animati dalla sincera, fervente speranza nella giustizia sociale e nella difesa dei più deboli, dei più poveri.
Le colpe del nazismo sono diverse e non certo migliori. Trascinò il mondo nella catastrofe della Seconda guerra mondiale, di cui non fu l’unico responsabile ma certo il principale. E dentro quella catastrofe perpetrò l’orrore dei campi di sterminio degli ebrei. Il nazismo fu l’irruzione nel cuore dell’Europa, della sua civiltà e della sua cultura, di una barbarie razzista, militarista e totalitaria che per efferatezza può paragonarsi solo ai regimi comunisti. E colpa ulteriore del nazismo fu quella di avvelenare principi, esperienze e parole nobili legate al sangue, al suolo, alle radici, alle nazioni, ai popoli con il suo fanatismo, le sue atrocità e la sua volontà di predominio. Arrivò a contaminare culture, autori, correnti di pensiero, da quella conservatrice-rivoluzionaria a quella nietzscheana. Si deve distinguere tra nazismo e fascismo e anche al loro interno non si deve fare d’ogni erba un fascio ma distinguere situazioni, casi, persone.
Da tempo propongo di usare un criterio etico ad personam: merita rispetto chi da fascista, da comunista, da nazionalsocialista, da anarchico, lo fu sulla propria pelle; merita disprezzo chi lo fu sulla pelle degli altri.
La comparazione col comunismo è su un piano inclinato ma il nazismo fu replica al comunismo, un fenomeno di reazione preventiva ed imitazione: il nazismo sostituì l’odio di razza all’odio di classe dei comunisti, tradusse in naturalismo biologico il materialismo storico, sostituì la dittatura nel nome del popolo tedesco alla dittatura nel nome del proletariato mondiale.
Insomma nazismo e comunismo sono una coppia asimmetrica, ma sono due esperienze diversamente nefaste. Perché allora non mi convince la risoluzione europea? Non mi convince che il parlamento europeo si occupi del passato solo per condannarlo, mai per difendere e valorizzare la civiltà europea, le sue tradizioni, le sue matrici. Non mi convince che la storia non sia lasciata ai giudizi storici ma sia affidata ai giudizi etici, morali e giudiziari. Non mi convince che un Parlamento debba decretare i confini della memoria storica e le sue interdizioni. Non mi convince che la demonizzazione del passato e di ogni provenienza sia usata per legittimare la bontà e la superiorità, anzi l’insuperabilità del presente. La sottomissione della politica all’economia, della storia alla tecno-finanza. Leggendo poi l’articolato della risoluzione si capisce che mira a colpire il revisionismo storico, i monumenti, Putin, il vero e presunto neofascismo…
E non mi piacciono, infine, i processi di Norimberga, neanche quelli ventilati a proposito del comunismo. Norimberga fu un abominio giuridico, storico e umano, perché processava i vinti, già condannati e distrutti sul campo. Reputo aberrante che si sostituiscano alle categorie militari, pur crude, di amico e nemico, le categorie pseudoreligiose di Bene e Male, col sottinteso che il nemico sia il diavolo, la bestia, il male assoluto e perciò non vada sconfitto ma eliminato, annientato. E che l’annientamento diventi perciò impresa umanitaria e operazione di polizia criminale.
Insomma, la risoluzione europea ci fa fare un gran passo avanti ma anche qualche piccolo passo indietro. Un’Europa incapace di fronteggiare lo scenario mondiale, le superpotenze, i commerci, i flussi migratori; incapace di garantire i confini e proteggere le economie nostrane, le sovranità nazionali, popolari, politiche; ma solerte a condannare i morti e disseppellire il passato. Giusto condannare il comunismo come il nazismo ma dall’Europa oggi vorremmo altro che riguarda la nostra vita presente e futura, piuttosto che la damnatio memoriae.
MV, La Verità 25 settembre 2019