Nihil novi. Tutto prevedibile.
Noi siamo ancora in tempo. Forse.
Come non dire di quanto sta accadendo in Francia. I nostri cugini, troppo spesso cuginastri. hanno visto esplodere la santabarbara dei migranti, farcita di rancore e rabbia e, come minimo, di antipatia per un occidente sempre più a rischio, attaccato da ogni parte. Il modello d’integrazione e assimilazione dei nord-africani e degli islamici medio-orientali, sta miseramente fallendo.
Questo ci dovrebbe far capire che l’emulazione di questo paradigma non s’ha da fare.
I nostri tempi
Purtroppo negli ultimi anni, così non è stato.
Ma le rivolte in Francia non hanno come origine soltanto l’aspetto migratorio, ma anche sociale, economico , di lotta contro il sistema non solo di colore ma per ragioni sociali, rivendicazioni economiche, la contrapposizione a un sistema che non offre più grandi speranze di una vita, se non proprio serena, almeno pacata.
Gli scontri e le barricate dei nostri vicini vengono paventate spesso anche da noi, che stiamo percorrendo, paradossalmente la stessa via, anche se ancora leggermente indietro.
Nonostante i tanti problemi che portano i francesi in piazza siano anche i nostri, per ora non ci sono avvisaglie vere e proprie di emulazione. C’è da chiedersi perché e la risposta potrebbe essere, a parte la questione banlieu, la differenza tra Macron e Meloni. Forse noi siamo meno aggressivi, più disincantati, timorosi e realisti. E pigri. Infatti almeno la metà dei nostri concittadini non va alle urne, quando sappiamo bene che il voto è l’unico strumento utile, moderato , non violento, che dà voce a tutti.
Le speranze
Forse abbiamo capito che quelle rivolte non portano da nessuna parte. In realtà ci abbiamo provato, a cambiare con il voto, con i grillini, con la Lega, ora con un governo di centrodestra, guidato da una donna tenace e spavalda, ma anche molto competente. Ma le proteste sono sempre guidate da minoranze rumorose, che non incidono affatto sui governi. Nonostante i Gilet gialli, gli allevatori in guerra, i camionisti, immigrati, il potere resta a Macron che non sa che altro dire se non incitare e consigliare i genitori a tenere a casa i ragazzi. Una bella affermazione di successo.
La narrazione ci racconta che né loro con le loro proteste né noi, con la nostra mormorante opposizione sfracellata da una segretaria che non sa né stenografare né dattilografare , e, talvolta, nemmeno parlare, ma, senza una reale rivolta, riusciamo a cambiare le situazioni. Forse c’è poco o nulla da cambiare e con la piazza non si cambia. Piuttosto si assiste a incidenti con vittime più o meno innocenti.
La piazza , arrabbiata o solo scontenta, non decide.
Infatti, in Francia, si sono verificati incidenti gravi , scatenati a causa della morte di un giovane di Nanterre, ucciso dalla polizia. Il ministro degli Interni fa sapere che gli arresti sono stati 3300…
Incidenti anche a Bruxelles e Losanna, pare. La protesta si sta dunque espandendo. Verso una sterile violenza.
Macron convoca riunione all’Eliseo.
L’ex premier e ministro dell’Interno francese Manuel Valls sul Corriere esordisce: “In Francia è in crisi l’autorità dello stato”. “Nelle banlieue si sono concentrati gli immigrati e i loro discendenti, essenzialmente di origine africana. Parte di loro non si è integrata, non ama la Francia, le sue istituzioni, i suoi simboli”. Non è, però, un tema di povertà: “È stato speso molto denaro in quei quartieri. Nanterre non è una città povera. Il lavoro c’è”.
Piuttosto , aggiunge Valls, “sono crollate le grandi istituzioni politiche, il partito comunista, la chiesa, i sindacati, le grandi associazioni. Anche i sindaci non hanno più la forza che avevano vent’anni fa. E l’Islam ha preso un ruolo importante, forse eccessivo”.
I cugini d’oltralpe
Vale ricordare che Gerald Darmanin, ministro degli interni francese, nel maggio scorso, aveva insultato il premier italiano e il governo per la sua gestione dell’immigrazione. “Non è in grado di di risolvere i problemi migratori dell’Italia” giudicata in “gravissima crisi”. Mentre la Francia annunciava un’ulteriore blindatura dei propri confini con il nostro Paese che, poco prima aveva definito un “Paese nemico”. Paradosso e surreltà grotteschi.
Tanto che il nostro Ministro degli esteri e della Cooperazione internazionale Tajani, ne aveva chiesto le scuse, mai arrivate se non in modo silente, mediocre e insufficiente.
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