L’URSS è implosa a cavallo tra gli anni ’80 e ’90, crollata per la sua inconsistenza ideologica.
Sotto le sapienti spallate di Ronald Reagan e la collaborazione di Michail Gorbaciov, l’esperienza di quel regime iniquo si è concluso.
L’Unione delle “Repubbliche” socialiste sovietiche dovrebbe essere solo un Moloch destinato ad essere studiato per la tragedia che era: liberticida e in odore di purghe staliniane.
Ma ora la strumentalizzazione del Covid, l’Unione Europea e la comunità LGBT, in una parola il radical chic che si pone alla base della sinistra globalizzata, ci vuole proiettare a trent’anni fa.
Fantasie? Mica tanto.
Pensiamoci
È un anno che abbiamo imparato a fare i conti con le autocertificazioni per muoverci da casa, con le file chilometriche davanti ai generi alimentari, al coprifuoco.
Giustificarsi dinanzi ad un rappresentante delle Forze dell’ordine per un’uscita di troppo, o per troppa distanza da casa non suona più astruso.
È per la nostra salute, si dirà.
Benissimo: ma permetterete che suoni sinistro.
Anzi di sinistra.
Stile Vopos, poliziotti di confine di Berlino Est, per chi si ricorda ancora cos’era. Stile Urss anni ’70.
Ci avessero detto due anni fa, che per uscire dalla regione avremmo dovuto esibire un QR code al controllo, avremmo chiamato il 118 per il malcapitato che avesse affermato ciò.
Ci avessero detto che saremmo dovuti rincasare per le 22, avremmo chiamato la neuro.
Ora ci abbiamo fatto l’abitudine, e spesso stigmatizziamo chi non lo fa. Qualcuno addirittura chiama la polizia e si fa delatore del vicino. Kafkiano, ma è così. L’URSS è dietro l’angolo.
La libertà di pensiero
Stai esagerando, si dirà. Temi ancora l’arrivo dei carri armati russi: la primavera di Praga è fortunatamente lontana. Rilassati.
Sarà.
Mi risponderanno che possiamo fare e dire ciò che vogliamo, siamo in regimi democratici, in fin dei conti.
Già. Chissà fino a quando.
Intanto le comunità LGBT, politica di sinistra ed Influencer vari da strapazzo e da salotto di Barbara D’Urso, caldeggiano un disegno di legge.
Ci spiegano che, senza quello, sarà una mattanza di gay per le strade. Un odio incontrollabile.
Ma non è così, ovviamente.
Il disegno di legge è solo un piede di porco per scardinare altri principi costituzionali.
Il disegno è più sottile, ma non meno pericoloso.
Di fatto ci porterà a non poter esprimere il nostro pensiero. Almeno in questo campo.
Ma passato il principio, cosa fermerà il legislatore ideologico ed ideologizzato dal partorire altre scuse discriminatorie, al fine di limitare l’opinione fuori dal coro anche in altri temi?
Si interverrà in altri campi? Si potrà ancora esprimere un’idea non allineata al pensiero unico dominante?
Se sarà ‘discriminatorio’ farlo, no.
Il nostro non è uno stato ‘etico‘: lo erano il Terzo Reich e l’URSS, per l’appunto. E sappiamo come è andata.
Il disegno di legge
All’art.8 del DDL Zan, modificato in prima lettura alla Camera, per salvaguardare il diritto di pensiero, ci dicono, bontà loro, c’è un inciso che limita la libertà d’opinione, che sono libere “purché non idonee a determinare il concreto compimento di atti discriminatori”.
Cosa vorrà dire lo dirà la giurisprudenza, le Corti chiamate a pronunciarsi, qualora questa legge fosse approvata.
Negli Stati del patto di Varsavia si chiamavano Tribunali del Popolo. Perché sapevano cosa voleva la gente anche senza interpellarla.
Perché quei regimi, che si ammantavano dell’aggettivo di “Repubbliche democratiche“, di democrazia non avevano nemmeno un grammo.
E la sinistra democratica, di democrazia, effettivamente, non ne ha un vero bisogno: in fondo in Italia governa da quindici anni senza vincere un’elezione da dieci.
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