Popolo di navigatori e di poeti
Santi no, non lo erano, anzi la Chiesa ha sempre descritto i Vikinghi come diavoli dato che amavano depredare i monasteri che a quel tempo (VIII-X sec.) erano pieni di donne, uomini imbelli e soprattutto di tesori. Almeno questo avvenne fino a che non si convertirono, ma non tutti accettarono la nuova religione e a quel punto ci furono i predoni buoni – quelli cristiani – e quelli cattivi cioè i pagani. Fu a questo punto probabilmente che le donne guerriere, le Skjaldmær 1, smisero di essere una realtà e divennero leggenda. Da quel momento sparirono dalla storia per riapparire di tanto in tanto nei panni, anzi nell’armatura, di una santa pulzella in missione per conto di Dio. Che le donne in armi fossero malviste nel Medioevo e persino nel Rinascimento lo dimostra il fatto che poi facevano tutte una brutta fine, se si eccettuano alcuni casi come quelli delle donne di casa Visconti 2. Comunque queste erano nobili, maritate e difendevano gli interessi dei mariti pertanto non avevano la tendenza alla combustione delle colleghe francesi di umili origini.
Tornando ai Vikinghi e alle loro donne, è assodato che amassero la poesia e che questa non fosse prerogativa solo dei bardi, che componevano canti per celebrare gesta o per infamare qualcuno. Ma quel che ci è rimasto della poesia e della letteratura è poco conosciuto ed ha una diffusione geograficamente circoscritta ai paesi scandinavi 3. L’aspetto più noto di questa letteratura è quello legato alle narrazioni nelle quali si intrecciano cronaca e mitologia e che esaltano le guerre, le avventure e i viaggi. Le saghe nordiche ricordano tanti personaggi femminili, che si confondono con le figure mitologiche delle Valkyrie che poi a loro volta vengono confuse nell’immaginario collettivo con quelle del ciclo wagneriano dei Nibelunghi, le quali non sono esattamente la stessa cosa. È questo il motivo per cui per troppo tempo le donne vikinghe protagoniste di viaggi e battaglie sono state considerate solo un mito.
La nave di Oseberg
Il pregiudizio che ha relegato le donne guerriere nel mondo della fantasia è durato fino ai nostri giorni, tant’è che una tomba, scoperta quasi centocinquanta anni fa, tra le più grandi e ricche di quelle rinvenute finora, è stata attribuita ad un re vichingo nonostante lo scheletro rinvenuto al suo interno fosse di una regina. Semplicemente si è ignorato il fatto che le ossa fossero sospettamente femminili, dato che la sepoltura conteneva le armi e una scacchiera, un gioco chiamato Hnefatafl 4, ritrovato di solito nelle sepolture di condottieri e che forse serviva per ingannare il tempo nei lunghi giorni di navigazione.
C’è voluta una ricercatrice 5 per portare in luce una verità che non è mai stata presa realmente in considerazione da storici con una visione della storia offuscata dai principi della società in cui vivevano.
Qualcosa si simile è successo con la nave di Oseberg, dove si è focalizzata più l’attenzione sulla nave e sul ricchissimo corredo che sul proprietario. La più ricca e completa nave vikinga rinvenuta parrebbe una nave non da guerra ma da cerimonia, forse destinata al trasporto di personaggi importanti o addirittura costruita appositamente per trasportare nell’ultimo viaggio il suo proprietario. Nel grande tumulo (IX sec.) che copriva la nave furono ritrovati due scheletri di donna, una di età inferiore ai 50 anni e l’altra di età compresa tra i 60 e gli 80 anni. A testimonianza che almeno una delle due fosse di alto rango il fatto che siano state seppellite con 14 cavalli, un bue e tre cani e moltissimi oggetti d’uso quotidiano tra cui sei letti, un carro, tre slitte, arazzi e persino tessuti di seta d’importazione.
La presenza di armi, di una sella ed il corredo funerario ricchissimo mal si accordano con la teoria che vorrebbe che si tratti di due völvur, cioè due sciamane. È stata avanzata l’ipotesi che una di esse possa essere la regina Åsa Haraldsdottir di Agder, nonna di Harald Bellachioma, il primo re di Norvegia, ma non ci sono prove sull’identità delle due donne. Resta il fatto che chi veniva solitamente sepolto con armi e con l’equipaggiamento per cavalcare era un condottiero o un uomo libero.
Più realtà che fiction
Saxo Grammaticus nel nono volume del Gesta Danorum ci racconta la storia di Lagertha, donna del casato del re di Norvegia Synardus, che per vendicarne la morte lottò assieme ad altre donne contro gli svedesi che avevano invaso la Norvegia. Dopo aver combattuto al fianco di Ragnarr Loðbrók, nipote di Synardus, ebbe da lui tre figli. Ragnarr tornò in Danimarca e si separò da Lagertha, ma in seguito ad una guerra civile ottenne l’aiuto dall’ex moglie che arrivò in Danimarca con 120 navi (che dovrebbero corrispondere a circa 4.000 guerrieri).
Bernard Cornwell nei suoi romanzi ambientati all’epoca della grande invasione vikinga della Britannia (IX sec.) fa dire al suo protagonista che “un uomo può dirsi tale solo se ha combattuto in un muro di scudi“. In effetti doveva essere un’esperienza terribile, sia che il termine skjaldborg cioè “muro di scudi” si riferisca ad una formazione ravvicinata di scudi usata in battaglia sia che si tratti di una analogia per descrivere un vasto schieramento di guerrieri 6.
La serie TV di “Viking” ci mostra Lagertha e altre donne che combattono nel muro di scudi, sono regine, sono guerriere e combattono al fianco delle loro sorelle, armano navi, le guidano e stanno ai remi, assieme ai loro equipaggi in cui le donne abbondano.
Tutto ciò senza perdere il loro fascino e la loro femminilità. Il quadro che sta emergendo da una giusta revisione storica sembra essere più vicino alla fiction che ai modelli ormai entrati a far parte dell’immaginario collettivo.
“Non ho mai visto un popolo di persone così gigantesche” scriveva il viaggiatore arabo Ibn Fadlan 7 “sono alti come palme“. Infatti l’altezza spesso era superiore al metro e settanta e quindi anche molte donne dovevano sovrastare anche di un palmo molti uomini di altri popoli. Ma non facciamoci trarre in inganno dalle caricature semicomiche della Brunilde delle Valkyrie di Wagner, ormai diventate uno stereotipo, che ritraggono un corpulento soprano con l’immancabile elmo cornuto: ci voleva tecnica e agilità per sopravvivere in battaglia ed erano soprattutto il coraggio e la resistenza a vincere in un muro di scudi, non la forza bruta.
Comunque sia queste Valkyrie anche se non hanno mai portato in battaglia elmi con le corna, restano figure affascinanti.
Regatanti e campionesse di voga
Dato che gran parte dell’attività bellica dei valenti navigatori avveniva “oltremare“, non possiamo pensare che donne che combattevano “come se fossero uomini” non avessero le stesse abilità e non ne condividessero diritti e doveri. Cioè sarebbe davvero un’incongruenza che un volta salite a bordo di un Drakkar, una nave da guerra, fossero esentate dall’uso del remo.
Una donna al remo potrebbe sembrare una cosa strana non solo a Saxo con la sua mentalità ecclesiastica del secolo, ma anche a noi. Le donne che remano però non sono mai state una rarità: per esempio durante la Grande Guerra quando gli uomini erano impegnati al fronte non era infrequente vedere lungo le coste liguri delle donne che uscivano a pesca in barca per campare la famiglia. Eppure ancora oggi qualche sguardo segue con ostentato scetticismo o con malcelato stupore le prestazioni degli equipaggi di voga femminile che ottengono prestazioni in questa disciplina sempre più diffusa, paragonabili a quelli maschili .
Anche nella vela abbiamo ormai da diverso tempo la partecipazione di equipaggi femminili non solo nella Barcolana ma anche nelle competizioni più dure come la Volvo Ocean Race dove le veliste impegnate in questo giro del mondo hanno perfino ottenuto la vittoria in qualche tappa.
Quel colono non era un uomo
L’idea che un eccesso di giovani maschi singoli portasse alle scorrerie vikinghe è una delle più antiche spiegazioni per l’epopea delle incursioni di questo popolo. Fu avanzata circa 1.000 anni fa dallo storico Dudone di San Quintino nel suo libro “Storia dei Normanni” 8. Manco a dirlo questa ipotesi fu rispolverata in tempi recenti e ancora oggi ha i suoi sostenitori. Ma mentre Dudone almanaccava per conto di Riccardo I di Normandia (nipote del mitico vikingo norvegese Rollo) sulle motivazioni che avevano portato intere popolazioni a fare viking, cioè dedicarsi al saccheggio, nel Mediterraneo le Repubbliche Marinare fondavano i loro imperi non solo commerciando ma depredandosi a vicenda, i bizantini combattendo gli arabi e gli arabi depredando tutti gli altri 9.
Tuttavia il mestiere di predone e di pirata è antico come l’invenzione della barca e i Greci, come altri popoli dell’antichità, erano maestri in questa professione. Di conseguenza l’ipotesi di Dudone forse sarà stata vera in certe circostanze o per un determinato periodo, ma non può spiegare come mai nelle terre colonizzate dai vikinghi si trovano sepolture di guerrieri riferibili a uomini e di donne in percentuali uguali 10.
Tra i pionieri d’Islanda la più famosa fu Aud Spirito Profondo (Auður djúpúðga). Era considerata impareggiabile tra le donne, previdente e saggia, come testimonia il suo soprannome. Si congedò da suo marito e salpò per l’Islanda insieme al suo equipaggio. Fece naufragio ma salvò tutti gli averi e tutte le persone che l’avevano seguita. Che i pionieri di sesso femminile fossero numerosi oltre alle citazioni nei racconti ne è testimonianza una norma istituita in Islanda. Questa concedeva ad una donna i diritti sul territorio che poteva percorrere in un giorno conducendo una vacca di due anni, mentre un uomo non poteva appropriarsi di terre maggiori a quelle che poteva percorrere reggendo una fiaccola accesa in un giorno.
Si dice che l’insediamento di Aud Spirito Profondo si estendesse attraverso tutte le valli del Breidafjordur.
Follia e tristezza delle nuove saghe nordiche
Nelle terre dei Vikinghi dove una volta c’erano le Skjaldmær 11 oggi trovi solo le femministe di MeToo. Le fanciulle guerriere erano forti e coraggiose, con qualità che le portavano ad essere alla pari degli uomini più valorosi e spesso a superarli, erano aristocratiche per discendenza o per virtù e a volte si immolavano per una giusta causa e restavano nella memoria degli uomini come esempio da seguire.
Non facciamoci però fuorviare: la donna guerriera è l’antitesi del lesbismo e del femminismo. Non è un predatore sessuale che vede nell’uomo un rivale e non è una damsel in distress pentita con emancipazioni da rivendicare. È un archetipo pagano contrapposto a quello medioevale cristiano e non ha quindi bisogno dello scudo della verginità per mantenere il carisma che le consente, temporaneamente, di comandare gli uomini in battaglia. Anzi le Skjaldmær erano ragazze che come i giovani uomini godevano di una relativa libertà sessuale e praticavano le arti del combattimento e quelle intellettuali della conoscenza. Si ispiravano a Freyja 12, la dea che ama i canti d’amore e incita gli innamorati ad invocarla e alle Valkyrie che non sono “Donne che corrono coi lupi” 13 ma che li cavalcano.
Le femministe scandinave, che oggi celebrano come una conquista le nuove leggi contro gli stupri, non sono più solo contro gli uomini violenti ma nemiche di tutti gli uomini che oggi devono farsi rilasciare un consenso esplicito, magari scritto, prima di un rapporto sessuale.
Se le Valkyrie di Wagner sono figlie di Odino, la personificazione del sacro, le nuove donne del Nord diventano sempre più simili ai personaggi LGBT dei fumetti, spacciati per eroi dalla Marvel 14, forse potrebbero essere figlie di Loki, il dio dell’inganno, da cui è molto difficile trarre ispirazione.
1 Nella foto le Skjaldmær della serie televisiva “Viking”. Le Skjaldmær (sköldmö in svedese, skjoldmø in norvegese, shieldmaiden in inglese) erano le donne che combattevano come guerriere al fianco degli uomini.
2 Ricordiamo Orsina Visconti sposata con il signore di Guastalla Guido Torelli, la figlia Antonia Torelli e infine la nipote Donella Rossi-Sanvitale: tre generazioni di donne, tutte impegnate attivamente sul piano militare. Sempre nel ‘400 Bianca Maria Visconti, moglie di Francesco Sforza, anch’essa coinvolta in fatti d’arme, fu responsabile dell’educazione di Caterina Sforza la più famosa donna guerriera italiana.
3 All’inizio tramandata oralmente la letteratura norrena la ritroviamo in forma scritta a partire dal XII secolo grazie alla sempre maggiore diffusione della religione cristiana e della scrittura. I più noti sono i poemi dell’Edda che comprendono saghe, racconti avventurosi e mitologici, ma la poesia scaldica composta nelle corti dei principi e dei re, con forme e stili molto più complessi, ha una più grande varietà di contenuti persino satirici ed erotici.
4 Il Hnefatafl (Tavola del Re in Norreno) è un antico gioco da tavolo (IV-V sec.) molto popolare tra i vikinghi. Simile agli scacchi si è diffuso in Nord Europa almeno sei secoli prima dell’arrivo di questo gioco.
5 La bioarcheologa dell’università di Stoccolma Anna Kjellström ha studiato più attentamente per la prima volta le ossa di Birka. Le analisi di Kjellström, pubblicate nel 2016, sono state contestate apertamente da alcuni archeologi che supponevano che le ossa fossero appartenute a diversi individui. Successivi studi di genetica hanno demolito queste contestazioni e dato ragione alla Kjellström.
6 Il “muro di scudi” potrebbe essere un malinteso storico. Recenti studi supportati anche dall’archeologia sperimentale sembrano mettere in dubbio che si potessero creare efficaci formazioni difensive statiche con scudi tondi di piccolo diametro (70-80 cm.). Inoltre come avveniva per i soldati Romani nella testuggine, i guerrieri avrebbero dovuto essere dotati di una disciplina che può essere acquisita solo con lunghe esercitazioni di gruppo (R.Warming, Society for Combat Archaeology ).
7 Aḥmad ibn Faḍlān (877 – 960) è stato uno scrittore e viaggiatore persiano, in missione diplomatica per conto di al-Muqtadir, califfo abbaside di Baghdad. Fu l’autore di un manoscritto in cui racconta il suo viaggio che nel 921-22 lo portò ad attraversare le terre nordiche e ad incontrare popoli scandinavi.
8 Dudone di San Quintino, “Historia Normannorum, o Libri III de moribus et actis primorum Normanniae ducum“, inizio sec.XI.
9 La cattedrale di Pisa fu edificata con il bottino della Crociata di Mahdia (1087) operata da Genova e Pisa, con l’aiuto di Amalfi, Gaeta e Salerno contro la dinastia berbera degli Ziridi. Fu condotta sotto il vessillo di san Pietro e accompagnata da un’indulgenza pontificia elargita da Papa Vittore III a chi ne avrebbe preso parte. Per questo motivo viene considerata da molti storici una vera e propria crociata.
10 Una ricercatrice australiana, Shane McLeod, che ha coordinato una ricerca basata sullo studio delle ossa in 14 siti Vikinghi nell’Inghilterra orientale, è giunta alla conclusione che il 50% della popolazione guerriera era costituito da donne.
11 Nella foto le Skjaldmær della serie televisiva “Viking”. Le Skjaldmær (sköldmö in svedese, skjoldmø in norvegese, shieldmaiden in inglese) erano le donne che combattevano come guerriere al fianco degli uomini.
12 Freyja è la divinità norrena che in modo riduttivo viene solitamente indicata come dea dell’amore fisico e sentimentale. Nei poemi dell’Edda di Snorri, Freyja cavalca nei campi di battaglia ed ha diritto alla metà dei caduti che guiderà in battaglia durante il Ragnarǫk, mentre l’altra metà verrà condotta da Odino, nell’ultima battaglia tra la luce ed il caos.
13 “Donne che corrono coi lupi”. Il mito della donna selvaggia raccontato da Clarissa Pinkola Estés (1992) psicanalista junghiana dedicato alle donne in cerca di se stesse. Diventato bestseller negli anni ’90 è stato e continua ad essere in parte osteggiato e in parte strumentalizzato dal movimento femminista.
14 Valkyrie è un personaggio sessualmente ambiguo della serie di fumetti di Thor, comparso anche nel terzo film della saga “Thor: Ragnarok“.