Nuove grane giudiziarie per la famiglia Verdini
Dopo il padre, Denis, storico senatore di Forza Italia, adesso agli arresti domiciliari in seguito alla condanna definitiva per vari reati finanziari, tocca al figlio Tommaso, incappare nelle maglie della giustizia.
A seguito infatti di una mega inchiesta avviata dalla Procura di Roma sulla base di una denuncia di un ex manager ANAS su alcune commesse, Tommaso Verdini è stato posto agli arresti domiciliari e altre misure cautelari sono state disposte per altri 5 manager della società pubblica.
Un’inchiesta importante quella romana, coordinata dal procuratore Paolo Ielo, che riguarda il sistema di consulenze e appalti pubblici banditi dalla stessa ANAS e che interessa lavori importanti fra cui ad esempio, l’autostrada Orte-Mestre o Ragusa-Catania.
Numerose perquisizioni, intercettazioni, e pedinamenti che hanno svelato – secondo l’ipotesi accusatoria – un vero e proprio pactum sceleris tra la società Inver Srl di Verdini e figure apicali del colosso pubblico. In forza di questo patto, secondo i PM, Verdini avrebbe promesso ai pubblici ufficiali di ANAS il proprio interessamento, le proprie conoscenze e il proprio peso politico per agevolare la loro riconferma al vertice della società.
In cambio i beneficiati avrebbero restituito il favore attraverso l’agevolazione di determinati progetti e transazioni cui erano interessati imprenditori vicini a Verdini.
IL tutto attraverso l’acquisizione illecita di informazioni riservate da utilizzare quale merce di scambio nell’interesse dei suddetti imprenditori.
Una condotta che configura, in capo al figlio di Denis Verdini, una vera e propria ipotesi di corruzione in concorso con la turbata libertà degli incanti per commesse del valore di almeno 3 miliari di euro.
Il nome del principale indagato e il suo legame con Matteo Salvini (il fatti che quest’ultimo sia Ministro dei Trasporti non sfuggirà all’acuto lettore) danno ai fatti un colore ancor più inquietante, a maggior ragione se si considera che agli incontri clandestini per consolidare il patto criminale avrebbero partecipato anche esponenti di rilievo del MEF.
C’entra dunque la politica? O è solo un irrilevante contorno?
Si tratta di un’inchiesta che ha un serio fondamento o è il primo passo di quanto il Ministroo Crosetto aveva denunciato qualche settimana fa a proposito della volontà di parte della magistratura di fare opposizione al Governo?
Naturalmente non lo possiamo sapere e non si può che attendere il prosieguo del procedimento penale per sciogliere il mistero.
Quel che è certo è che il Paese sembra ripiombato in quell’intreccio magmatico tra politica, appalti, finanza e criminalità che ha caratterizzato ampi segmenti della storia patria e che, al di là di tutti gli aneliti giustizialisti, forse non ha mai smesso di fare da sfondo al nostro sistema economico.
Ma, non dobbiamo dimenticare, proprio per non cadere negli errori del passato, i principi costituzionali che presiedono al processo penale, primo fra tutti la presunzione di non colpevolezza.
Ciascuno è innocente fino al terzo grado di giudizio e questo impone una responsabilità doppia non solo in capo ai magistrati, ma anche a chi fa informazione.
Non sarebbe infatti la prima volta che a fronte di una inchiesta importante seguissero assoluzioni con formula piena. Quindi, massima cautela, anche nell’interesse della giustizia che ha bisogno di silenzio e pacatezza e non di megafoni della forca.
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