La nuova squadra di governo si è delineata nelle parole del Presidente incaricato Mario Draghi.
Un governo che sa di antico, nella modalità di compromesso e del manuale Cencelli ancora in auge nella composizione architettata con il bilancino.
Draghi ha avuto la decenza di chiamare le donne «Ministro», come prescrive la lingua italiana.
Non è poco, di questi tempi.
Di ministre, e minestre riscaldate, ne avevamo già abbastanza.
Non che la squadra sia perfetta, tutt’altro, ma di più onestamente non si poteva fare.
Troppi ministri al PD, sicuramente, sia in considerazione della rappresentanza in Parlamento e del reale seguito nel Paese.
Unitamente al fatto che i cd “tecnici” sono in larga parte in quota sinistra.
Tre riflessioni ci sovvengono mentre scorriamo i nomi.
Una (ennesima) vittoria di Silvio
A ottanta e più anni, Silvio c’è.
Ha scardinato il Bis Conte facendo balenare la possibilità che FI entrasse nella maggioranza.
Renzi si è fatto carico del lavoro sporco e ha silurato l’avvocaticchio degli italiani, mettendo fine ad uno dei governi più inetti ed indigesti che si ricordi.
Ma Renzi ha fatto l’errore di scagliarsi, preso troppo dalla foga distruttrice, contro il sovranismo.
Non sarà mai parte del centro destra, dove un partito moderato è necessario per fare da cuscinetto e contraltare al populismo descamisado di Salvini e Meloni.
Senza Forza Italia il cdx non sfonderà mai il 50%.
Una opposizione al governo isolata
La Meloni rimane sola all’opposizione, vittima di una visione a mio avviso un po’ infantile.
La coerenza è tutto nella vita, concordo, ma entrare in questo governo ha permesso a Berlusconi e Salvini di mettere a nudo le pochezze di M5S e PD, e acuire i mal di pancia interni.
Oltre che la bussola hanno perso completamente la faccia, non basterà un cambio di nome del ministro dell’ambiente a giustificare il fatto che sono al governo con Salvini e Berlusconi.
Fratelli d’Italia dal canto suo, vedrete, convergerà su molti provvedimenti del governo Draghi, o si asterrà:tanto valeva che entrasse a Palazzo Chigi.
Delle due l’una:o saranno provvedimenti azzeccati e allora saranno anche figli suoi, o non lo saranno e saranno comunque complici della maggioranza.
Conte non pervenuto
Tutti si aspettavano insieme a Lamorgese e Speranza (l’aspetto più negativo della squadra), una conferma dell’ex premier.
Ma evidentemente costui è risultato più insopportabile a Mattarella e Draghi di quanto non ci raccontino.
Sia il Presidente della Repubblica che l’incaricato l’hanno lasciato a casa, condannandolo ad un triste oblio.
Di Maio è un inconcludente ma almeno è innocuo.
Conte ministro avrebbe cercato in tutti i modi di oscurare il premier, ed è stato giustamente lasciato a casa.
Novoli l’aspetta con (im) pazienza.
Comunque vada Draghi a nostro avviso arriverà al 2023.
Non questo governo forse, ma sicuramente un Draghi 2.
Il semestre bianco è dietro l’angolo, le elezioni anticipate scongiurate per chi le vedeva come una catastrofe.
Mattarella verrà confermato nel 2022 a Presidente della Repubblica, salvo dimettersi nel 2023 a favore dello stesso Draghi.
E se il cdx manterrà una compattezza, annoverando un partito moderato come Forza Italia pur ridimensionato nel consenso, arriverà finalmente alla guida di un paese che ad oggi è ancora vittima dei giochetti di palazzo.
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