OLTRE GLI SCHEMI: IL PARADOSSO RAUTIANO DELLO SFONDAMENTO A
SINISTRA
Nell’Italia degli anni ’70 e ’80, la destra italiana, rappresentata prevalentemente dal Movimento Sociale Italiano, svolgeva un ruolo significativo all’interno di un panorama politico dominato
dall’egemonia del Partito Comunista Italiano e della Democrazia Cristiana.
Gli anni ’70, in particolare, erano segnati da forti tensioni sociali e politiche come le proteste operaie, l’autunno caldo, il terrorismo dei gruppi di estrema sinistra e di estrema destra, la crisi economica e il compromesso storico tra PCI e DC: scenario in cui il Movimento Sociale Italiano portò il proprio consenso oltre la tradizionale base elettorale
In questo contesto, tra il 1976 e il 1977, Pino Rauti (figura di spicco della destra italiana e uno dei fondatori del Movimento Sociale Italiano, di cui fu segretario nazionale dal 1990 al 1991) elaborò la teoria dello “sfondamento a sinistra”, una strategia che mirava a superare la contrapposizione
ideologica tra destra e sinistra per costruire un’alleanza su temi condivisi, ritenendo che vi fosse la necessità di una nuova strategia per la destra. Ispirandosi al pensiero di Julius Evola e alla tradizione del nazionalismo rivoluzionario italiano (critica della modernità, ritorno alla tradizione e visione gerarchica e sacra della società) il suo obiettivo era intercettare il malcontento di una parte della
sinistra sociale e movimentista, quella più critica nei confronti del capitalismo liberista e dell’egemonia culturale comunista.
Secondo Rauti, la destra avrebbe dovuto rivolgersi a quei settori della sinistra che condividevano istanze di giustizia sociale, difesa della sovranità nazionale e critica alla globalizzazione
Il concetto chiave era la costruzione di un’area politica trasversale, capace di attrarre consensi tra operai, sindacalisti, giovani militanti del dissenso e intellettuali critici del sistema.
Pino Rauti identificava nel capitalismo finanziario e nel neoliberismo una minaccia per la sovranità.nazionale e per i diritti dei lavoratori. La sua posizione non si limitava a una critica economica, ma si estendeva a un’analisi più ampia del sistema di potere globale. Egli denunciava l’influenza delle
multinazionali e delle istituzioni sovranazionali, come il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale, che considerava strumenti di controllo elitario e responsabili della perdita di autonomia economica degli Stati nazionali.
La critica di Rauti al modello economico dominante mirava a proporre un’alternativa sociale e produttiva fondata sulla valorizzazione delle risorse nazionali e sul controllo strategico delle infrastrutture economiche da parte dello Stato
Un altro pilastro della sua teoria era la difesa dell’identità nazionale, un concetto storicamente associato alla destra, ma che poteva trovare consensi anche in settori della sinistra. Rauti vedeva la
svendita dell’industria italiana e le politiche di delocalizzazione come una minaccia non solo economica, ma anche culturale e sociale, e sosteneva che una nazione non potesse sopravvivere senza
un tessuto produttivo solido e radicato nel territorio.
Questo lo portava a criticare aspramente l’integrazione forzata in mercati globalizzati che, secondo lui, imponevano standard estranei alla realtà italiana e privavano il Paese della sua capacità decisionale
Rauti si distingueva per la sua visione di una “destra rivoluzionaria”, contrapposta alla destra conservatrice e moderata rappresentata dalla Democrazia Cristiana. Egli cercava di intercettare il
malcontento di giovani e classi popolari, delusi dall’immobilismo e dal compromesso storico tra PCI
e DC. Per farlo, proponeva un’azione politica più dinamica e radicata nel sociale, ispirata a un nazionalismo non reazionario, ma innovativo e attento alle istanze di giustizia sociale. Questo lo portava a guardare con interesse alle strategie di mobilitazione di sinistra, cercando di declinare in chiave nazionale e comunitaria alcune delle loro istanze.
L’obiettivo era costruire una forza politica capace di rompere gli schemi tradizionali e di proporsi come alternativa sia al moderatismo democristiano sia al marxismo ortodosso
La strategia dello “sfondamento a sinistra” tentava, dunque, di riformulare la destra in chiave rivoluzionaria, cercando punti di contatto con movimenti popolari e anticapitalisti. Rauti proponeva un modello politico basato su identità, sovranità e giustizia sociale, in aperto contrasto con le politiche
liberiste e con le ingerenze delle élite globali.
Questa visione, seppur controversa, rappresentò un tentativo originale di superare le tradizionali divisioni tra destra e sinistra, anticipando alcune
tematiche che sarebbero poi emerse nei decenni successivi
La proposta di Rauti suscitò reazioni contrastanti sia a destra che a sinistra. All’interno del MSI, Giorgio Almirante, pur consapevole della necessità di ampliare la base elettorale, rimase fermamente
ancorato a una visione identitaria e gerarchica della destra, ritenendo rischioso qualsiasi avvicinamento a istanze sociali tipicamente appartenenti alla sinistra.
Dal suo punto di vista, l’apertura alle tematiche sociali della sinistra, come la critica al capitalismo o la difesa delle classi popolari, avrebbe potuto minare le fondamenta ideologiche del partito, il cui radicamento si basava su valori
quali il nazionalismo, l’ordine e la tradizione
Inoltre, Almirante riteneva che uno spostamento strategico in tale direzione potesse creare confusione tra gli elettori, indebolendo la coesione interna
del MSI e compromettendo i rapporti con le altre forze della destra politica. A livello storico e politico, la sua opposizione si inseriva in una più ampia riflessione sulla natura stessa del Movimento Sociale Italiano: per Almirante, il MSI doveva rimanere un partito di riferimento per la destra
nazionale senza snaturarsi, puntando piuttosto sulla crescita elettorale attraverso la coerenza
ideologica e il radicamento territoriale.
Questa linea di pensiero lo portò a scontrarsi con le correnti
più innovative del partito, come quella di Rauti, che auspicavano un ripensamento strategico per intercettare nuove fasce di elettorato, in un’epoca segnata da profonde trasformazioni sociali e politiche
Anche altri leader missini, come Pino Romualdi e Augusto De Marsanich, si mostrarono scettici, sottolineando il pericolo di un’ibridazione ideologica che avrebbe potuto snaturare il carattere del
movimento. Molti teorici conservatori, inoltre, ritennero l’idea pericolosa, paventando una deriva sincretista e un’eccessiva contaminazione con modelli di pensiero lontani dalla tradizione nazionale e spirituale del partito
A sinistra, il PCI e i movimenti marxisti-leninisti respinsero categoricamente qualsiasi dialogo con la destra, considerandola incompatibile con i valori progressisti. Tuttavia, alcuni settori della sinistra radicale e sindacale mostrarono interesse per alcune tematiche rautiane, in particolare la critica alla globalizzazione e la difesa della sovranità economica
Storici e politologi italiani hanno analizzato a fondo il concetto di “sfondamento a sinistra” e il suo
impatto sulla politica italiana.
Giuseppe Parlato (storico italiano di grande rilievo, professore ordinario di Storia Contemporanea presso l’Università degli Studi Internazionali di Roma), studioso della destra italiana, ha sottolineato come Rauti avesse compreso la necessità di una destra non conservatrice ma dinamica e
rivoluzionaria, capace di intercettare istanze sociali e culturali tipicamente appartenenti alla sinistra.
Secondo Parlato, questa strategia mirava a sottrarre consensi alle forze progressiste, attingendo a tematiche come l’ambientalismo, il comunitarismo e la critica al capitalismo finanziario.
Marco Tarchi (politologo, professore ordinario presso la facoltà di Scienze Politiche “Cesare Alfieri” dell’Università di Firenze, dove insegna scienze politiche, comunicazione politica e analisi e teoria politica), esperto di neopopulismo e della “nouvelle droite”, ha evidenziato come questa prospettiva cercasse di superare le categorie ideologiche tradizionali per costruire nuove sintesi politiche, avvicinandosi a un discorso metapolitico che puntava a ridefinire l’identità della destra attraverso l’assimilazione di elementi rivoluzionari e contestatari
Tarchi ha inoltre sottolineato il legame tra questa strategia e il tentativo di sviluppare una cultura politica alternativa, capace di rompere l’isolamento della destra radicale e di aprirla a nuove prospettive di mobilitazione
Altri politologi, come Alessandro Campi (professore di Scienze Politiche, Relazioni Internazionali e Politica Globale presso l’Università di Perugia) e Piero Ignazi (professore ordinario di Politica
Comparata presso l’Università di Bologna), hanno invece sottolineato i limiti dello “sfondamento a
sinistra”, evidenziando le difficoltà di creare una sintesi credibile tra due culture politiche storicamente antagoniste.
Paolo Buchignani (storico e professore associato di Storia Contemporanea presso il Dipartimento di Scienze della Società e della Formazione d’Area Mediterranea dell’Università per Stranieri “Dante Alighieri” di Reggio Calabria) invece, studiando il rapporto tra destra radicale e sinistra rivoluzionaria, ha messo in evidenza i punti di contatto sul piano dell’antimodernismo e della critica al capitalismo, ma anche le profonde divergenze che rendevano difficile un reale avvicinamento
Secondo Buchignani, il progetto di Rauti si scontrava con la diffidenza reciproca tra i militanti di opposti schieramenti, rendendo lo “sfondamento a sinistra” più un’aspirazione teorica che una
strategia concretamente attuabile.
La svolta di Fiuggi, poi, segnò un allontanamento dalla proposta rautiana dello “sfondamento a sinistra” che fu messa in discussione e sostituita dalla visione di una destra europea, moderata e centrata sul tema della nazione e delle istituzioni democratiche.
Fu lo stesso Fini a dire che la destra
italiana doveva evolversi e integrarsi nel sistema politico, abbandonando le suggestioni rivoluzionarie di Rauti per diventare una forza politica credibile e governativa
Ebbene, nonostante non sia mai stato pienamente realizzato (e sul punto non risultano esserci prese
di posizione da parte di Giorgia Meloni), lo “sfondamento a sinistra” di Rauti ha lasciato un’impronta nel dibattito politico italiano e continua a suscitare discussioni, soprattutto a destra.
Oggi, questa strategia assume nuove sfumature nel contesto della crisi della rappresentanza politica e della ricerca
di consenso tra le fasce popolari tradizionalmente legate alla sinistra.
Da un lato, il rischio di un’identità politica indefinita resta una criticità concreta, come dimostra il dibattito tra una linea identitaria e sovranista e una più “sociale” e trasversale
Dall’altro, l’esigenza di intercettare settori
dell’elettorato delusi dalla sinistra – dal mondo operaio alla piccola borghesia impoverita – rende attuale il tema su come declinare un messaggio politico che vada oltre la tradizionale divisione destra- sinistra senza perdere coerenza ideologica. In questo senso, il pensiero di Rauti continua a offrire spunti di riflessione, ma la sfida per la destra italiana è quella di dare una declinazione concreta e moderna a questa strategia, evitando che si riduca a una mera suggestione teorica o, peggio, a un
compromesso sterile.
Il vero nodo, dunque, sembra essere la capacità di coniugare radicamento identitario e risposta alle istanze sociali, in una fase in cui la crisi economica globale e la trasformazione del lavoro stanno ridefinendo il rapporto tra politica e società
Forse, ove si riuscisse a dare concretezza di analisi e coerenza di argomentazioni a questa sintesi, si potrebbe superare un’impasse che, malgrado il tempo trascorso, continua a far apparire insuperabili certi paradossi.
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